Mi capita raramente di non sapere cosa scrivere di un album che ascolto. Questa volta tocca al nuovo lavoro di
Federico Romano, alias
June 1974, artista nostrano di cui non ho trovato nemmeno una fotografia che però vanta una produzione discografica a dir poco sterminata
(per non parlare delle copertine dei suoi lavori che consiglio a tutti i nostri lettori di sesso maschile, ndr).
In un certo senso l'artista è sincero, perché "ammette" che il metal non è propriamente il suo "pane quotidiano", e per questo si è circondato di gente del calibro di
Tommy Talamanca (
Sadist),
Paul Masvidal (
Cynic) e
Jørgen Munkeby (
Shining) per dare forma al suo progetto strumentale.
A cosa va incontro chi ascolta
"Nemesi"? Difficile a dirsi: si passa dal prog italianeggiante a tratti alternativo di
"Sognando Klimt" alle sonorità heavy (e talvolta eccessive) di
"Inoubliable" o
"Narciso", dalla kraftwerkiana (anche se con le chitarre)
"Home" alla pseudo-industrial
"Panorama". Stupisce poi sentire
Munkeby in una veste quasi romantica su una base death/cinematografica (
"Nothing Man"), così come
"Death Note" ha più di un punto in comune con la musica degli indimenticati
Goblin. E poi avanti con i contrasti: orchestra e blast-beat (
"Arcadia"), thrash metal e cori celestiali (
"Creed"), timbriche d'ispirazione Vangelis (la conclusiva
"Beloved", che sembra uscita da
"Chariots Of Fire").
Alla fine di tutto mi viene da pensare solo una cosa: boh. Tralasciando i momenti di noia - che innegabilmente ci sono, e non sono pochi - non penso di avere capito fino in fondo questo full-length, e per questo - devo essere sincero pure io - non riesco ad andare oltre la sufficienza.
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