Provenienti da Phelan, California, i deathster
Ruin (da non confondersi con la miriade di band con nome simile) nascono nel 1991 ad opera del chitarrista
Mihail Jason Satan per poi scomparire rapidamente dopo la pubblicazione del demo
“Sickening ruin”. Un ventennio abbondante dopo, la band viene riformata con una line-up completamente rinnovata e si dà da fare per recuperare il tempo passato pubblicando diversi ep e giungendo infine all’esordio con
“Drown in blood” nel 2017 per
Memento Mori.
Dopo nemmeno un anno e l’ennesima rivoluzione interna, abbiamo fra le mani il successore
“Human annihilation”, 10 tracce per trentatré minuti scarsi di death old school in cui sono presenti numerosi sample la cui utilità è quella di ricreare una certa atmosfera horror.
La musica dei
Ruin è assimilabile ad un mix fra
Autopsy/Coffins, con l’innesto deciso di rallentamenti che scendono nel doom e complessivamente registrata in maniera molto grezza e sgraziata.
Niente di nuovo sotto il pallido sole autunnale - anzi ultimamente le band che si rifanno allo stile creato da
Chris Reifert sono spuntate come funghi – quindi la nostra attenzione si deve concentrare sul come queste idee sono state realizzate.
Pur contenendo spunti interessanti (v.
“Death meditation trance”, “Secred guts”, “The embrace of demons”, “Shadows”) “Human annihilation” si inserisce nella mole di molte uscite simili, buone ma a cui manca ancora qualcosa per eccellere e fare il seguente salto di qualità.
Un disco destinato esclusivamente a coloro che sono sempre affamati di novità in ambito death metal.
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