Chi l’avrebbe mai detto?
Quando orami nessuno ci sperava più i
Tyr tirano fuori dal cilindro un nuovo album a distanza di ben sei anni dall’ultima fatica
“Valkyrja” col quale la band Faroese rispolvera il suo Folk Viking Metal in un nuovo capitolo, il cui titolo
“Hel” suona decisamente emblematico.
Come detto è passato parecchio tempo dall’ultima relase, intanto la band capitanata da
Heri Joensen dopo aver raggiunto l’apice della sua carriera ha dovuto affrontare un momento difficile causa lo split di
Terji Skibenæs.
Fare meglio dei precedenti lavori era oggettivamente molto difficile, ecco perché
“Hel" alla luce dei fatti, risulta essere una gradita sorpresa, si può dire che l’ottavo album dei
Tyr è un concentrato del meglio che la band ha realizzato in questi anni.
Nonostante manchi una vera
Hit come in passato poteva essere
“Eric the Red”,
“Hail to the Hammer” per
“Land” o
“Hold the Heathen Hammer High” per il glorioso
“By the Light of the Northern Star”, l'album offre comunque diversi spunti di discussione, a cominciare dalla nuova line-up che come detto ha visto
Terji Skibenæs lasciare la band dopo diciassette anni e un enorme contributo musicale.
Al suo posto è subentrato nella line up
Attila Vörös chitarrista ungherese che ha militato tra le fila dei
Nevermore e dei
Satyricon e che porta nella band una ventata di aria fresca, grazie al suo background decisamente diverso da quello dei
Tyr.
Analizzando l'album salta subito all'orecchio la massiccia presenza di riff in ogni canzone, anche se in alcuni casi possono risultare fuori contesto all'interno della singola canzone, mentre in altri casi più esasperati troviamo addirittura riff di diverso spessore all'interno della stessa canzone, del resto cambi repentini di tempo e di melodie sono da sempre il marchio di fabbrica dei
Tyr.
Il campo di battaglia è già pronto, la sontuosa
“Gates Of Hel” alza il sipario dell’album insediandosi con estrema facilità nella testa dell’ascoltatore rapito dal ritmo impetuoso, e da una doppia cassa “martellante”.
Le successive
“All Heroes Fall” e
“Ragnars Kvæði” rappresentano la continuità dalla open-track, la doppia cassa torna a dettar legge durante “
Garmr” episodio nel quale è possibile apprezzare anche un ottimo refrain, mentre la successiva
“Sunset Shore” racchiude in sé un riff “Vikingo” nel quale è percepibile tutto il folclore della loro terra, che la band Faroense riesce con estrema maestria a riprodurre in musica.
“Downhill Drunk” è forse l’episodio meno convincente dell’intero lotto pur potendone apprezzare un solo guitar di ottima fattura.
A seguire troviamo
“Empire Of The North”, probabilmente uno dei brani migliori presenti su
“Hel”, mentre
“King Of Time” coi suoi cori epici rappresenta l’emblema di questa ennesima battaglia.
Così come
“Against The Gods” e
“Songs Of War” ennesimi episodi caratterizzati dal solito
clichè dei
Tyr.
Ma è
“Alvur Kongur” la perla di questo album, una canzone che ha tutto ciò che serve per poter essere definita essenziale, la solita doppia cassa è un vero rullo compressore, il riff impetuoso, ma allo stesso tempo elegante, ben si colloca all’interno di una struttura musicale che
trasuda epicità da ogni singola nota.
In
"Hel" troviamo tutto ciò che ha reso celebre la band delle Isole Fær Øer, riff epici, refrain entusiasmanti, solo guitar, decisivi, e aggiungiamo anche l’ennesimo art-work di ottima fattura che come ogni altro lavoro dei
Tyr, potrebbe tranquillamente essere incorniciato.
Come detto non siamo sui livelli dei celebri
“Land” o
“By the Light of the Northern Star”, senza girarci tanto intorno,
“Hel” è un album "difficile" del resto questi sono i
Tyr, il loro sound è riconoscibile sin dai primi accordi e chi li segue in maniera più attenta sa certamente cosa intendo dire.
L'album è forse il più ostico della loro discografia, probabilmente il più maturo, intenso e introspettivo, magari non il più bello e sicuramente il meno immediato, ma non per questo meno interessante.