Disturbante: è questa l'impressione a caldo che dà l'ascolto di "Son of Sulphur". Secondo lavoro, pubblicato per l'ormai storica Earache Records, degli svedesi Crowpath, dopo l'interessante esordio "Red on Chrome", registrato presso i Berno Studios di Malmö (The Haunted, Insision etc.), prodotto Andy Andersson e masterizzato da Scott Hull (Pig Destroyer). Disturbante, dicevamo…ed in effetti "Son of Sulphur" non è un disco "easy listening", né appartiene a quella larghissima fetta di lavori sì "estremi", ma che comunque conservano un certo gusto "melodico" (inteso in senso "lato", ovviamente). Non è dato il benchè minimo spazio all'armonia, i brani sono ostici, presentano una struttura spezzettata, un andamento schizofrenico, i momenti meno tirati, quasi doom, non allievano affatto l'ascoltatore, anzi contribuscono ad immergerlo in un'atmosfera ancora più malata e malsana, in perfetta sintonia con il tenore dei testi. Duro e crudo, quindi. Post-grindcore maturo, dall'elevato tasso tecnico, in particolar modo per quel che riguardo la sezione ritmica (ed in tal senso un plauso va fatto al drummer Erik Hall), alternato sapientemente a sonorità sabbathiane che donano ai brani, come già ricordato, un'aura oscura ed inquietante. A bordate grindcore quali l'opener "Candies and Kerosene", "Pigeonsmasher", "Seed of Arson" e "Scab Coated Attraction", autentiche schegge impazzite, fanno da contraltare deliri doom come l'agghiacciante "The Lycanthrope" e l'articolata e "chirurgica" traccia conclusiva "End in Water". Non un disco per tutti quindi, ma decisamente consigliato ai palati "forti".
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