Ok … nel
rock è ormai diventato molto difficile trovare qualcosa di soverchiamente originale e se, in particolare, parliamo di quello “adulto”, fatalmente circoscritto da confini stilistici piuttosto rigorosi e ortodossi, svincolarsi da modelli musicali tanto straordinari quanto facilmente identificabili, è quasi impossibile.
Ribadito tale inoppugnabile assioma, ritengo che in mezzo ai tanti abili frequentatori del genere, ci sia ancora chi è in grado di rivitalizzare in maniera decisiva una formula sonora così codificata, appellandosi a una peculiarità che si chiama “freschezza compositiva”.
Ebbene, i
Work Of Art sono tra i pochi
chic-rockers contemporanei a possedere questa prerogativa rara, capace di rendere il loro
songwriting oltremodo “penetrante”, sebbene alimentato da dosi importanti di Toto, Journey, Kansas, Survivor e Giant, omaggiati senza fastidiosa e pavida deferenza.
Il resto lo fanno una preziosa classe esecutiva e un gusto innato per le melodie sofisticate e dinamiche, diffusamente irrorate di tastiere e impreziosite da un suggestivo tocco
pomp, per un “quadro” complessivo che esalta le caratteristiche fondamentali di una corrente artistica “classica” senza per questo affidarsi alla sterile riproduzione di opere celebri.
“
Exhibits” è la quarta evidente dimostrazione di una strepitosa capacità di assimilazione dei sacri dogmi dell’
AOR, restituiti all’ascoltatore appassionato attraverso un impetuoso flusso di forza espressiva, a rappresentare quella “scintilla” mancante a molti dei competenti colleghi degli svedesi.
Non rimane dunque che bearsi di come in “
Misguided love” i
Work Of Art sappiano appropriarsi del favoloso
feeling dei Bad English e in “
Be the believer” mescolino con disinvoltura Toto e Journey, arrivando poi a sublimare tutto il loro talento in un brano irresistibile come “
Another night”, prossimo all’inarrivabile
pathos dei migliori Survivor.
La prestigiosa presenza di
Vince DiCola (celebre soprattutto per il lavoro nelle
soundtrack di “
Staying alive”, “
Rocky IV”, …) aggiunge Styx e Yes alle suggestioni ispirative di “
This isn’t love”, mentre “
Gotta get out”, la vibrante “
Come home” e la sontuosa “
If I could fly” sono semplicemente tre scintillanti frammenti di rock “radiofonico” a ventiquattro carati.
Il
mood ruffiano e solare di “
Destined to survive” istiga serenità e ottimismo (e non è poco di questi tempi …), il ritmo f
unk-eggiante, pulsante e felpato di “
Scars to prove it” trasmette vitalità ed energia e il
riff e il ritornello catalizzante di “
What you want from me” conquistano i sensi fin dal primo contatto.
Il clima notturno e soffuso di “
Let me dream” completa, evocando in dissolvenza la nobile effige dei Foreigner, un’esibizione da autentici fuoriclasse del settore, all’altezza dei loro statuari maestri e ormai diventati un’assoluta garanzia nell’ambito della ristretta eccellenza del
rock melodico internazionale.
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