Terzo album, primo per
Small Stone, dei virginiani
Seven Planets. Formazione strumentale, attiva da oltre un decennio, che ha già realizzato due lavori autoprodotti: "Flight of the ostrich" (2008) e "Seven planets" (2012). La scarsa produttività è dovuta principalmente ai notevoli problemi personali vissuti dai componenti della band negli ultimi anni, che hanno messo a rischio anche il proseguimento della loro avventura musicale. Adesso, comunque, tutto sembra risolto per il meglio e quindi esce questo "
Explorer".
Psichedelia rock strumentale ad elevatissimo tasso lisergico e cosmico. Un sound liquido, dilatato, trippy, psicoattivo, guidato dalle due chitarre di
Leonard Hanks e
James Way che generano continue spirali ed ellissi ipnotiche. Uno stile che trasporta l'ascoltatore in una dimensione onirica e stupefacente, dove tempo e spazio si fondono in un flusso magnetico e narcotizzante. Rimane presente la dimensione fisica e terrena del rock, solido e concreto, ma questa viene sovrapposta ad una visione spaziale, avvolgente, scenografica, che in qualche passaggio può ricordare certe cose di Brant Bjork o del The Bakerton Group (lo spin-off strumentale dei Clutch). Altri punti di connessione si possono trovare con Colour Haze o Monkey3, per la struttura free-form dei brani che sembrano congiungere microcosmo e macrocosmo in un lungo viaggio verso il cielo.
Un paio di tracce sono più nervose e dirette ("
Vanguard", "
The buzzard"), con leggeri echi di southern-heavy-rock, ma nel complesso il disco adotta toni più morbidi ed immersivi, con un'atmosfera lievemente nostalgica che forse risente delle vicissitudini problematiche dei protagonisti.
Se amate il rock strumentale, ad altissima componente psichedelica, i
Seven Planets sono una scelta vivamente consigliata.
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