Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:40 min.
Etichetta:Psychedoomelic
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. BRIDE
  2. RISING STAR
  3. LOVE
  4. WORLD WITHOUT END
  5. EARTHLESS
  6. WILL YOU
  7. BLEED
  8. ETERNAL SUMMER
  9. BEHOLD
  10. BORN INTO ETERNITY

Line up

  • Richard Bennett: vocals, guitar
  • Kenneth O'Bara: bass
  • Frank Sikes: drums

Voto medio utenti

L'etichetta austro-ungherese Psychedoomelic continua a scandagliare l'underground doom/stoner internazionale alla ricerca di formazioni interessanti da proporre agli appassionati. Questa volta è stato estratto il nome degli statunitensi Starchild, sconosciuti qui da noi ma che vantano già all'attivo un album di debutto per la 12th Records ed uno split-cd con i Rebreather su Twin Earth.
Dopo pochi minuti del loro secondo disco nasce spontaneo il paragone tra i georgiani ed una formazione veterana del settore doom-rock: i canadesi Sheavy.
Le somiglianze tra i due gruppi sono davvero molto accentuate e, tenendo conto che già gli Sheavy stessi sono praticamente una clonazione dei Black Sabbath, qui si rischia di parlare di un derivato del derivato. Però non si può negare che le canzoni degli Starchild siano piacevoli. Brani quadrati e rocciosi dal groove spiraleggiante a metà strada tra i Sabs della maturità e le migliori cose di Osbourne solista, pieni di vibrazioni amare e di buon feeling oscuro, molto ben rifiniti per dare a ciascuno la propria identità riconoscibile.
Ottimo panorama di riffs spigolosi ed assoli mirati, incedere mai affrettato ma neppure eccessivamente lumachesco, qualche episodio puramente doomy ("Bride, Behold") ed altri più ariosi e leggermente "spaced-out" ("Eternal summer, Born into eternity").
Ancora da segnalare una corposa dark-ballad immersa in un'atmosfera scolpita nello sconforto ("Earthless"), alcune soluzioni maggiormente sostenute e stoneggianti ("Rising star, Bleed"), ed infine il risalto concesso alla fase vocale di Richard Bennett che inevitabilmente ci riporta all'epoca del giovane Ozzy, incrementando il rivestimento settantiano del disco.
Nella sostanza questo è tutto ciò che propone il trio statunitense, il quale si è posto come obbiettivo un preciso modello musicale riproponendolo senza modificarne i contenuti, giocando solamente la carta del songwriting di qualità e buon gusto ed ottenendo sotto questo punto di vista un risultato a mio avviso positivo.
Devo però ripetere le considerazioni finali fatte a suo tempo per gli Sheavy: se amate lavori come "Sabotage" o "Bark at the moon", con gli Starchild potrete rivivere le medesime emozioni in versione aggiornata. Se così non è, oppure fate parte della schiera che pretende innovazioni da ogni uscita discografica esistente, allora questo è un gruppo che non ha nulla da offrirvi.

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