Copertina 7

Info

Anno di uscita:2006
Durata:42 min.
Etichetta:Small Stone
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. PRIZEFIGHTER
  2. STAND'EM UP
  3. HORSE PAW
  4. BIG NAME
  5. A FLY ON THE FAULT UNE
  6. NAIL
  7. RABBIT
  8. SHOVEL
  9. TEETHING
  10. INDIAN HEAD

Line up

  • Matt Whitehead: vocals, guitar
  • Chris Sundstrom: bass, backing vocals
  • Kevin White: drums

Voto medio utenti

Avevo descritto in modo positivo il precedente lavoro dei Throttlerod ("Hell and high water", 2003) e dovrò ripetermi per questa loro nuova fatica, sempre pubblicata dalla Small Stone. Ma il buon risultato del presente album nasce da presupposti un po'diversi da quelli adottati in passato.
In primo luogo il gruppo della Virginia ha perso il secondo chitarrista ed è diventato un power-trio, cosa che ha comunque inciso relativamente visto che non sembra affatto diminuito il tonnellaggio della musica. Più significativo invece il fatto che i Throttlerod inizialmente mostravano affinità stilistiche e culturali con la loro area di provenienza, chiaramente sudista. Non che abbiano mai suonato alla maniera della Allman Band, ma tracce consistenti di feeling southern erano emerse nella produzione degli esordi.
Ora questa componente si è fortemente affievolita, lasciando il posto ad una corrente molto più astiosa e metallica.
"Nail" ci offre un suono massiccio, aspro, cattivo, pieno di spigoli taglienti che si legano meglio a soffocanti scenari metropolitani che non agli sconfinati e solitari territori del sud. Il trio oggi presenta il medesimo tiro aggressivo delle bands ultra-muscolari come Puny Human (infatti il loro vocalist Starace è ospite in "Rabbit"), Artimus Pyledriver, Milligram o Roadsaw, ed anche ciò non sorprende visto che con le ultime due condivide il medesimo produttore, Andrew Schneider.
Brani abrasivi con potenti linee heavy a stento contenute da buone melodie rock, sfiorate dall'eco del movimento di Seattle, un passo compatto e minaccioso che in certe cadenze ricorda anche piccole realtà europee come El Caco o Sunride.
Gli americani però si tengono ancora lontani da un'impostazione troppo metal-industriale grazie alla spessa matrice rock del loro groove, anche se talvolta i brani trasmettono le vibrazioni feroci di predatori pronti a dilaniare le vittime, ad esempio la virulenta "Stand'em up" o la title-track, secchi assalti diretti appena smorzati dalla presenza di belle melodie amare. Nel segno della continuità troviamo un paio di quelle cadenze pigre e malsane che piacerebbero ai Down, vedi "Horse paw" e "Rabbit" che si trascinano lentamente tra distorsioni allucinate e fumi alcoolici, mentre una rigidità più moderna caratterizza gli strappi sferzanti e le ritmiche quadrate di "Big name", della blindata "Shovel" o di alcuni tratti della massacrante cavalcata chitarristica "Indian head".
Non dubito che i Throttlerod continueranno a pescare il proprio pubblico di nicchia nell'area stoner/neo-southern, ma la loro attitudine si sta evolvendo verso un mordente heavy che in futuro potrebbe fare breccia al di fuori del solito giro. Anche una piccola formazione come questa, che si pensava statica all'interno di un preciso filone, dimostra che se esiste la volontà è sempre possibile staccarsi dai parametri abituali ed introdurre qualcosa di nuovo nel proprio stile, operazione che i Throttlerod hanno saputo portare a termine molto bene.

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