Ci sono stati due motivi che mi hanno spinto ad approcciarmi a questo "
Freedom Of Speech", innanzitutto era l'occasione per ritrovare all'opera l'ex Blind Guardian
Thomen Stauch, inoltre da gran appassionato delle vicende di Patrick Jane e Teresa Lisbon, ero curioso di scoprire se ci fossero dei legami tra i
Mentalist e l'omonima avvincente Serie TV.
Diciamo che già dalla prima occhiata alla copertina (a cura di
Andreas Marschall) ho subito cassato questa opzione, potendo così concentrarmi sulla musica, che si è rivelata come un buon blend di Melodic Power e di Heavy Metal ottantiano.
Ecco che, dopo meno di minuto di attesa: giusto il tempo che l'intro "
Metasphere" possa scorrere via, irrompe il Power Metal di "
Freedom of the Press" e la prime cose che si notano sono un guitarwork e un pulsare spiccatamente maideniani (nel caso direi era "Somewhere in Time"). Un retrogusto quello della Vergine di Ferro che rimane sottotraccia (soprattutto grazie all'approccio della coppia
Stringer/Moog) anche nella successiva "
Life".
Solo due brani, ma già i grado di farci apprezzare le qualità dei mental... ehm, dei musicisti convolti. Infatti, se questo era scontato per un batterista tanto esperto quanto di valore quale
Thomen Stauch, fa piacere scoprire una coppia di chitarristi affiatata e convincente come quella formata da
Peter Moog e
Kai Stringer (sono stati proprio loro a fondare la band nel 2018), che, al pari del bassista
Florian Hertel, sono alle prime esperienze importanti in campo musicale. Un discorso a parte merita il cantante
Rob Lundgren, non solo perchè è l'unico musicista non proveniente dalla Germania, ma anche perchè oltre a svariate (ma minori) prove discografiche alle spalle, questo vocalist svedese ha fatto girare il suo nome su YouTube, attraverso svariati video dove coverizza non solo classici Hard & Heavy ma anche brani di tutt'altra estrazione come, ad esempio "Beat It" o "The Sound of Silence".
L'andi un po' alla "Nothing Else Matters" che tratteggia "
Whispering Winds" tende a scemare dopo qualche passaggio, ma resta lì, latente, nel sottofondo di un episodio lento e malinconico, ma non particolarmente avvincente. Dopo il Power più canonico di "
Digital Mind" (che può far pensare ai Serious Black), qualche emozione in più i
Mentalist ce lo offrono con "
Belief", con la partecipazione di
Daniel Heiman (ex cantante dei Lost Horizon) e dove li scopriamo inglobare al loro sound un tocco più melodico e hardeggiante, soprattutto nel refrain, per quanto il guitarwork continui a tradire la sua propensione al "manifesto maidenista". Visto che si è accennato a un guest, va segnalata anche la presenza di
Oliver Palotai dei Kamelot che suona le tastiere su tutte le canzoni, salvo la già citata "
Whispering Winds".
Con la veemente "
Your Throne" si torna al miglior Power Metal d'annata, ma poi è il momento del lento di ordinanza, certo
Lundgren interpreta "
Isolation" più che bene, ma la canzone di per se che non riesce a fare la differenza da cento - anzi mille e più - episodi simili. Le cose vanno meglio con l'accoppiata "
The Deal" e "
Devil's Game", dove i ritmi si fanno più vari e sostenuti, incalzati dal drumming, sempre in bell'evidenza, di
Stauch che nel finale lascia le redini alle sue bacchette. Il testimone passa all'altrettanto spedita "
Price of Time", bell'episodio di Melodic Power di stampo nordico, peraltro uno dei brani più interessanti e coraggiosi del disco, grazie alle diverse variazioni sul tema, sia ritmiche sia vocali. Niente male nemmeno "
Run Benjamin", visto che incappiamo in un altro brano arioso e catchy senza però essere lezioso. Potrebbe essere finita qui, invece i
Mentalist provano ad ipnotizzarci con una versione orchestrale di "
Whispering Winds", che in realtà ben poco aggiunge al contesto generale.
"
Freedom Of Speech" è un discreto esordio, con spunti più o meno interessanti.
Resta, soprattutto, da capire quale sarà il futuro dei
Mentalist.
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