La copertina di un disco può dire già molto sul suo contenuto. Esistono richiami sottintesi, simbologie, analogie, che spingono l'osservatore attento a prepararsi ad un certo specifico tipo di proposta musicale. Quando ho visto la splendida illustrazione dell'album dei
Calyces (opera di
Maria Stergiou, sorella del chitarrista e fondatore del gruppo) con le sue figure armoniche, i colori accesi, l'inquietante donna col viso sostituito da fiori sgargianti e la scenografia naturalistica ma al tempo stesso sottilmente sinistra, ho subito pensato a qualcosa nella direzione dei Baroness, dei Black Tusk, dei Mastodon, degli Elder. E fin dal primo brano di questo "
Impulse to soar" ho avuto la conferma che è esattamente così.
Il gruppo di Atene si è formato da poco ed è al debutto, ma i suoi componenti sono veterani della scena underground ellenica:
Manthos Stergiou è stato protagonista per un decennio con la cult-prog-band Tardive Dyskinesia (quattro album pubblicati), mentre l'altro chitarrista
Giannis Golfis e la sezione ritmica composta da
Stelios Tragos (basso) e
Alexis Stavropoulos (batteria) hanno militato a lungo in buone compagini locali come Insect Radio e Revenge of the Giant Face.
Le molteplici influenze maturate dal quartetto confluiscono in un sound complesso, variegato, profondo e maturo. La struttura fondante è heavy-progressiva, con i suoi costanti cambi di tempo ed atmosfera, con la sua eleganza sinuosa e le ricercate articolazioni strumentali, ma troviamo anche l'imponenza del torvo groove Mastodon-iano e la brillante immediatezza melodica dei Baroness. Il "wall-of-sound" è notevole fin dall'iniziale "
False awakening", con le sue chitarre dissonanti ed il fluido crescendo ritmico post-metal, però gli agganci con le band citate (ed aggiungiamoci sicuramente Intronaut, Gojira e Tool) risultano fin troppo evidenti. Approccio vocale, sospensioni meditative, inserimento di strumenti alternativi, tensione dark-heavy mischiata a melodie immediate ed accessibili, esplosioni metalliche virulente, fanno ormai parte della consuetudine di questo filone. Un pezzo come "
Ego dries up the ocean", pur nella sua indubitabile validità compositiva ed esecutiva, si porta dietro una sensazione derivativa che non può sfuggire all'orecchio avvezzo a tale genere.
Però non si può negare agli ateniesi dei picchi di creatività, come una "
Parasites" sospesa tra aggressività incalzante, atmosfere prog e riflessività post-metal, oppure la lunga e drammatica "
Unfair labor" con la sua brillante altalena di rarefazioni e potenza heavy, dove tra gli schemi strumentali complessi spunta anche un sax floydiano ad opera di
Jorgen Munkeby degli Shining. Un brano vario e stimolante, con soluzioni sonore di ottimo livello.
In sostanza abbiamo un lavoro formalmente buono, un prog-groove-metal di buona fattura, con momenti interessanti sia a livello tecnico che melodico ed atmosferico. Però piuttosto derivativo, perchè riprende le influenze delle bands citate in maniera abbastanza calligrafica. Il potenziale dei
Calyces è chiaro, manca ancora una ventata di maggiore originalità.
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