Non sono molte le voci in grado di emozionarmi alla prima sillaba pronunciata, e tra queste annovero sicuramente quella di
Billy Corgan. Sarà che gli
Smashing Pumpkins sono stati una fetta importante della mia adolescenza, sarà che il timbro unico dell’americano non è mai cambiato di una virgola in oltre trent’anni di onorata (?) carriera, fatto sta che ancora oggi quell’ugola è capace di sciogliermi letteralmente.
E anche per questo faccio fatica a essere del tutto imparziale quando parlo di un suo album.
Nel nuovo
“Cyr” non ci sono gli
Smashing Pumpkins irruenti degli esordi (
“Gish”, “Siamese Dream”), quelli più ambiziosi di
“Mellon Collie And The Infinite Sadness” (un minuto di silenzio, ndr) o di
“Oceania”, o quelli più nostalgici di
“Zeitgeist” o del precedente e controverso
“Shiny And Oh So Bright”.
Qui, oltre a un po’ di cantautorato “di mestiere”, c’è tantissima (troppa?) elettronica di matrice 80s, figlia in parte di
“Adore” - e di quel capolavoro di singolo che risponde al nome di
“Eye”, da cui tutta questa fase di
Corgan ha avuto inizio - e in parte della sua discografia solista (
“TheFutureEmbrace”), a discapito del rock più canonico, di cui si può trovare qualche traccia giusto nel singolo
“Wyttch”.
La
fanbase di
Billy Corgan, oggi più che mai, è divisa tra chi lo accusa di non essere più “quello di una volta” e chi lo critica per non essere stato in grado di reinventarsi con il passare degli anni. Io mi limito a sostenere che
William Patrick Corgan (questo il suo vero nome) sia ancora in grado di stupire senza bisogno di strafare, e molte delle canzoni di
“Cyr” ne sono la dimostrazione.
Se avete amato questa band come il sottoscritto, l’ascolto è vivamente consigliato a prescindere.