Nel 2016 nasce una nuova band qui in Italia, precisamente a Milano, i
Netherblade. Il quintetto non salta fuori dal nulla, in quanto il chitarrista
Simone Aiello e il batterista
Danilo Sunna, inizialmente accompagnati anche dal bassista
Luca Frisenna, sostituito poi da
Fabio Vanotti, provengono dai Blindeath, con un full length all’attivo pubblicato nel 2014. Completata la band con
Andrea Ledda alla voce e
Davide Zacco alla seconda chitarra, i nostri si mettono subito al lavoro. Pubblicano un paio di singoli ed un EP, prima di approdare alla
Dark Hammer Legion che licenzia l’album di debutto “
Reborn”, un titolo emblematico che vuole sottolineare proprio la rinascita artistica del duo
Aiello/
Sunna.
Le coordinate stilistiche seguite dalla band si assestano su un thrash metal non particolarmente violento, decisamente più ragionato che irruento, che prende spunto dalla scena americana, Exodus e Death Angel su tutti, strizzando l’occhio, di tanto in tanto, a quella europea, ultimi Onslaught in particolare. I brani risultano ben strutturati e ragionati, parti più mosh si alternano ad altre più tirate, e questo dualismo mette ben in evidenza il lavoro svolto dai singoli, in particolare da
Frisenna, che non si limita ad accompagnare, ma costruisce variazioni degne di nota, e da
Sunna dietro le pelli, abbastanza vario e fantasioso da rendere i brani variegati e accattivanti.
I dieci brani scorrono via piacevolmente, senza particolari sussulti, senza qualche melodia particolare o qualche riff micidiale che possa stampartisi in testa, ma anche senza noia o parti più deboli. A rendere il tutto più ricco e interessante saltano fuori spesso aperture melodiche e anche qualche spunto avulso al thrash più puro, con passaggi più classic, a dimostrazione che le intenzioni della band non sono solo di pestare alla cieca, ma di costruire brani il più ricchi possibile.
Se proprio devo segnalare un punto debole, lo individuerei nel singer
Andrea Ledda, che cerca in ogni modo di emulare i grani del passato,
Steve “Zetro” Souza e
Sy Keeler in particolare, ma senza riuscirci. La sua prova, infatti, è abbastanza sbiadita, non lascia il segno, e riesce a convincere un po’ di più solo sulle parti più veloci, decisamente meno nei mid tempo. Non è del tutto da cestinare, ma non riesce a spiccare rispetto all’esecuzione dei compagni di merenda,
Frisenna in particolare, come già detto.
In conclusione, “
Reborn” è un buon trampolino di lancio per una band che sicuramente ancora non ha raggiunto la piena maturità artistica, vista anche la giovane età dei componenti, ma che dimostra di sapere cosa sta facendo e come maneggiare la materia thrash metal. I margini di miglioramento ci sono tutti, anche se la cosa principale da fare sarebbe quella di trovare un singer all’altezza della situazione.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?