Altro progetto solista per
Doogie White, cantante scozzese noto ai più per l’ottimo “Stranger In Us All”, ultima uscita discografica dei Rainbow, ma anche per collaborazioni varie con Yngwie Malmsteen, Praying Mantis, Tank, e negli ultimi anni con Michael Schenker. Il vocalist ha unito le forze con
Emil Norberg (Persuader, Savage Circus) per formare i
Long Shadows Dawn, che trovano nell’hard rock/heavy metal più melodico e orecchiabile il loro punto di forza.
“Isle Of Wrath”, questo il titolo del debut album del progetto dei due musicisti, presenta in sé una summa generale della carriera di questi ultimi, spaziando dai riff in alcuni casi, e in altri meno, ispirati di chiara matrice Malmeestiana, a passaggi di tastiera che non possono non richiamare alla mente i Rainbow del periodo più accessibile e AOR. Se in alcuni tratti però il fattore coinvolgimento è ben consolidato, in altri è proprio la voce del buon
Doogie a non convincere troppo. Ma andiamo nello specifico.
Introdotto da una copertina che, per quanto sicuramente bella, potrebbe essere scambiata per quella di un videogioco qualsiasi, la prima metà del disco offre senza ombra di dubbio le prove migliori di
“Isle Of Wrath”, con la doppietta iniziale
“Deal With The Preacher” e
“Raging Silence”, dove i buoni riff di
Norberg riescono a costruire una buona base per la voce di White, che non deve sforzarsi troppo, regalando un’ottima performance.
“Master Of Illusions” e"We Don’t Shoot Our Wounded" mostrano già i vari punti deboli dal punto di vista vocale, seppur coadiuvate da un
Norberg in forma splendida, mentre con
“On Wings Of Silence” e la bella
“Hallelujah Brother” si hanno delle aperture melodiche nei ritornelli veramente eccezionali. Da applaudire anche la produzione del disco, che riesce nella missione di non far risultare il tutto troppo freddo e statico, e dove in canzoni come
“Never Wrote A Love Song”,
Doogie White dà una delle sue migliori performance nel disco, mentre con
“Steeltown” come detto poco sopra, sembra di tornare indietro nel tempo di quasi vent’anni, quando dischi come “Attack!!” del chitarrista svedese erano ancora, seppur con tutti i difetti, degni di nota, e dove
White dimostra di non aver dimenticato la lezione ma, anzi, di esser capace a riarrangiarla a suo favore, con intermezzi di tastiera che ben si sposano.
Tolti alcuni scivoloni vocali dati anche dall’età di
Doogie,
“Isle Of Wrath” è un disco che sicuramente farà contenti tutti gli amanti del metal più melodico, e che merita a nostro parere più di un ascolto per essere ben assimilato, grazie anche a un
Norberg in grande spolvero. Sarebbe un peccato non dargli almeno una chance.
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