Gli
Abysmal Grief non lo sanno, ma il mio amore per loro dura ormai da tempo immemore.
Seppur non corrisposto nel senso più proprio del termine, negli anni non mi sono mai sentito tradito dalla compagine genovese, capace di rinsaldare i miei sentimenti ad ogni uscita discografica.
Oggi, dopo numerosi ascolti del nuovo
album, posso affermare che l’accecante scintilla emotiva percepita ai tempi di “
Misfortune” o "
Feretri” è mutata nella rassicurante certezza di chi sa cosa aspettarsi.
Come nella maggior parte dei rapporti affettivi, dunque, la travolgente passione dei primi tempi sta cedendo in modo progressivo il passo ad un affetto più maturo e consapevole.
Onde evitare equivoci: “
Funeral Cult of Personality” è un disco della Madonna.
Anzi no, espressione poco calzante, meglio riformulare: “
Funeral Cult of Personality” è un
gran disco.
Al tempo stesso, la sua sostanziale sovrapponibilità al precedente, splendido “
Blasphema Secta” -non che “
Strange Rites of Evil”, dal canto suo, si discostasse poi granché- lo rende sì inattaccabile e oltremodo convincente, ma forse un pelo meno emozionante.
Discutiamo, si badi, delle quisquilie di un recensore pedante; a spazzar via ogni dubbio circa la bontà del nuovo
full length basti questo assaggio:
Il
dark / doom / occult metal dei Nostri, come avrete sentito, rimane unico, riconoscibile dopo pochissimi istanti, meravigliosamente lugubre, ancestrale e senza tempo.
Crisantemi, incenso, terra bagnata, putrefazione… il potere evocativo di composizioni come “
This Graveyard is Mine” o la strumentale “
Reign of Silence” è tale da materializzare addirittura sentori olfattivi nell’ascoltatore.
Parimenti, le melodie arcane ed i
riff scolpiti nella pietra di “
Funeral Cult” o della conclusiva “
The Grim Arbiter” sapranno materializzare immaginari fatti di camposanti abbandonati, sepolcri violati, decrepite sacrestie avvolte nell’ombra… insomma, esattamente quello che mi aveva fatto innamorare.
“
Funeral Cult of Personality”, dunque, non cambia le carte in tavola, gioca sul sicuro, può venir rubricato come un “
more of the same”, ma riesce comunque a mantenere intatta l’immensa fascinazione per uno dei nomi di culto della scena nostrana.
Bentornati.
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