Una rasoiata.
Un pugno nello stomaco.
Un martellamento senza tregua.
Una falce dalla lama affilata, pronta a mietere vittime.
Con queste poche, ma esplicite immagini, potrebbe essere sintetizzato
Blasted, terzo lavoro in studio dei thrasher romani
Reapter.
Si tratta di un buon disco; diretto, potente e velenoso al tempo stesso in cui, poco o nulla viene concesso alla melodia o alle atmosfere, che si palesano solo in rarissime circostanze, come avviene parzialmente in
Eve, o in alcuni refrains di altri brani, vedasi
10 Days, o la conclusiva
Wall Of Death.
La struttura delle tracce risulta volutamente snella, ridotta all’osso e ripulita da eventuali partiture troppo elaborate, come invece era avvenuto nei precedenti dischi della band.
Blasted è infatti un lavoro incentrato interamente sull’impatto immediato e violento, e per realizzare tale scopo i nostri ricorrono a poderosi groove di panteriana memoria, come nel caso di
Riot e
The Way Out, oppure alle immancabili influenze death, risaltate dalla voce aggressiva e cavernosa (ad un soffio dal growl vero e proprio) di
Claudio Arduini. Tali richiami estremi si fondono in maniera del tutto naturale con il tradizionale speed-thrash, tipico marchio di fabbrica dei
Reapter, esaltato nelle iniziali
No Backwards Step,
Cold War o ancora in
Timeless, mentre il resto viene fatto con maestria dalle chitarre di
Max Pellicciotta e
Daniele Bulzoni che, con i loro potenti riffs, danno ulteriore spessore ad un lavoro di per sé già massiccio.
La scelta della band di puntare tutto sull’immediatezza funziona.
Blasted è un continuo incitamento all’headbanging senza sosta, scorre in maniera fluida e assolutamente piacevole, rilasciando gradualmente una scarica di adrenalina, che si deposita dapprima nelle orecchie e successivamente nell’anima dell’ascoltatore il quale, dopo 30 minuti di costanti frustate, scandite dalle 8 tracce che compongono l’album, si sente finalmente rigenerato e pronto per affrontare la quotidiana lotta riservatagli dalla propria esistenza.
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