Sono ormai pochi gli artisti in grado di tenermi ancorato agli auricolari fino all’ultimo secondo di una qualsiasi loro uscita, e tra questi non posso non citare i
Dear Hunter.
Conclusa (?) la saga degli
“Acts” e inaugurata la stagione “space funk” con l’EP
“The Indigo Child”, ecco il primo full-length del nuovo corso di
Casey Crescenzo e soci, il qui presente
“Antimai”, che dovrebbe introdurci nel mondo dell'ultimo ciclo ideato dal cantante.
Ci si impiega davvero poco ad ambientarsi, perché le sonorità esotiche unite alle impareggiabili melodie di Crescenzo e agli arrangiamenti lussureggianti conquistano molto velocemente (
“Poverty”).
“Industry” è ancora più acida, mentre la successiva
“LoTown” mette a sistema elettronica e chitarre ruggenti dal sapore indie/alternative.
Se la lunga e sfaccettata
“Middle Class” rievoca i sopraccitati
“Acts”,
“Patrol” si inserisce a metà strada tra Prince e una colonna sonora di Danny Elfman, con un ritornello da cantare a squarciagola.
“Luxury” è sinistra, cinematografica, orecchiabile, a tratti lisergica e comica nel finale, e prelude al brillante pop progressivo di
“Nature”, prima della conclusiva
“Tower”, che rimanda a dei Jamiroquai coloratissimi, con i fiati - sempre molto presenti - protagonisti un’ultima volta.
Wow.
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