Già attivi da una decina di anni, i greci
Doomocracy giungono al traguardo del terzo album, generalmente considerato comela prova definitiva del talento di una band, per capire se tutto ciò che è stato visto e sentito fino a quel momento non è stato dettato dalla fortuna, ma da abilità compositiva e un'innata predisposizione. Tocca ad
'Unorthodox' dover confermare questi dubbi, disco che succede di ben cinque anni il precedente
'Visions & Creatures Of Imagination'.
La band prosegue senza sorprese sul binario di quel doom/heavy metal tanto caro ai Candlemass, e chi ha seguito con attenzione i passi del gruppo si ricorderà della cover di 'Demon's Gate' su una compilation di tributo ai cinque svedesi uscita nel 2016. Non sembrerebbe quindi esserci spazio per sorprese e picchi di originalità, e invece i
Doomocracy son stati stavolta capace di sorprendere.
[Foto fornita nel Comunicato Stampa]
Se è vero che l'aura di band della carature dei Candlemass, ma anche Saint Vitus emerge in pezzi come
'The Spiritualist', sopratutto nei riff, o anche
'Death: A State Of Mind', ci sono altri momenti dove sapientemente il quintetto crea dei momenti dove questa sensazione di deja-vu non emerge per nulla, prendiamo
'Our Will Be Done', dove la batteria gioca un ruolo fondamentale assieme a cori gregoriani posti durante il ritornello che enfatizzano ancor di più l'atmosfera quasi apocalittica e al contempo arrendevole del disco. La voce di
Michael Stavrakakis è un altro punto a favore, perchè nonostante si mantenga su toni medio-alti, non risulta mai fastidiosa o eccessiva, essendo dotata anche di molte sfumature vocali che ben si sposano su canzoni come la tribaleggiante
'Eternally Lost'. Non si sente neanche la durata complessiva, dato che nei suoi quasi 48 minuti di durata ci sono delle intro che ben spezzano il ritmo, dando tempo di riprendere fiato.
E' stato fatto quindi il grande passo? Possiamo dire in generale di non trovarci davanti ad un capolavoro, data l'influenza ancora presente sebbene non in maniera massiccia dei grandi del passato, ma i
Doomocracy son sicuramente riusciti sia nel produrre un full length degno di ascolto, e sia nel non aver perso quell'ispirazione che tanto aveva colpito nei precedenti lavori. E già questa di per sè, è una grande vittoria.
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