Quinto
album in studio e un ulteriore passo in avanti nel percorso musicale che allontana sempre di più gli
Avatarium dai confini del “doom con voce femminile” che ne ha caratterizzato il pur fascinoso esordio.
Il gruppo di
Jennie-Ann Smith e
Marcus Jidell è oggi un’entità artistica poliedrica e matura, in cui convivono suggestioni
dark,
gothic,
folk,
prog e
heavy rock e di fronte al quale, al di là di fatue definizioni stilistiche, si percepisce un’immagine piuttosto nitida di completezza espressiva, pregna di profondi rimandi emotivi, in un misto di tensione, inquietudine e struggimento.
Scoprire che “
Death, where is your sting” (titolo dai riferimenti biblici), nato nel periodo dell’emergenza sanitaria dovuta al COVID, è il frutto di un’attenta riflessione sulla caducità dell’esistenza umana, spiega il palpabile senso di angoscia trasmesso dal suo ascolto, ma allo stesso tempo illumina l’astante sulle capacità innate della
band scandinava nell’essere intensa senza apparire opprimente o pleonastica, sfruttando in maniera straordinaria il gusto per le melodie e le fenomenali doti interpretative di una cantante che merita di diritto un’autorevole collocazione nel
gotha della fonazione modulata.
Il disco offre otto frammenti sonori abbastanza diversi tra loro eppure capaci di attivare un senso di potente comunione neuronale, ottenuta attraverso tessiture armoniche creative e tuttavia mai troppo “complicate”, proprio come accade nell’atto di apertura “
A love like ours”, un piccolo e avvolgente miracolo di equilibrismo sonoro tra tenebra, sinfonia e lirismo.
Il
riff di scuola Sabbath-
iana di “
Stockholm” è solo uno degli elementi costitutivi di un brano che intreccia psichedelia, misticismo e leggiadria in una forma davvero evocativa, al pari di una
title-track pilotata da un
refrain “radiofonico” e da un clima da malinconica ballata
neo-seventies che lo rendono uno dei pezzi maggiormente immediati del programma.
La litania onirica e inquieta “
Psalm for the living” esalta le formidabili virtù di trasformismo vocale della
Smith e quando arriva la possente “
God is silent” ci si rende chiaramente conto di quanto gli
Avatarium non possano essere scambiati per “uno dei tanti” gruppi che affollano la scena, nemmeno quando frequentano sonorità più affini alla tradizione del
doom-metal.
Il crescendo emozionale concesso alle pulsanti languidezze di “
Mother can you hear me now” è semplicemente da brividi e se “
Nocturne” incalza i sensi a colpi di fraseggi chitarristici coriacei e liquidi, lo strumentale conclusivo “
Trascendent” dissolve ogni eventuale dubbio residuo sulle qualità visionarie della musica di una formazione in grado di trattare le diverse sfumature della “materia oscura” senza incappare in calligrafici
revival-ismi.
“
Death, where is your sting” è un brillante esempio di evoluzione perpetrata nella continuità, che non deluderà chi non teme di veder superato con sagacia e ispirazione il rigido schematismo dei generi.
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