I
Virgin Steele dei bei tempi sono morti e sepolti. Con più di un chiodo nella bara. Chi continua a credere, o ad auto-convincersi del contrario mente sapendo di mentire a sè stesso. Da amante dei
VS che furono, per me è stato ancora più difficile accettare la fine di questa gloriosa band, o meglio del declino del suo mastermind
David Defeis che, anno dopo anno, ancora non riesce ad accorgersi del disfacimento presente non solo nel songwriting, ma anche nella semplice comunicazione, ignorando i problemi e andando avanti come se nulla fosse.
[Foto fornita nel Comunicato Stampa]
Sono del parere che fino a
'The House Of Atreus' fossimo davanti a un gruppo intoccabile, non oggettivamente perchè i gusti sono comunque legittimi, ma riconoscendo che le canzoni fossero ancora a un livello di alta caricatura è innegabile. Ciò che è accaduto da dopo
'Visions Of Eden', che aveva già fatto vedere qualche incrinatura, non è mai stato esplicitamente rilevato, ma molte congetture sono state fatte. Una grave infezione a livello delle corde vocali (testimoniata anche dagli ultimi live della band), un egocentrismo di
Defeis che è andato sempre più ad imporsi prepotentemente, l'uso preponderante di una drum machine, a discapito di un batterista con i controfiocchi come
Frank Gilchriest. E proprio quest'ultimo, anni fa, ha evidenziato come si sia proposto più volte anche per registrare le parti di batteria gratis, nel suo studio personale, ma il buon
David si sia costantemente rifiutato, preferendo una batteria elettronica.
Ora, probabilmente io sono uno delle poche persone che riesce ancora a difendere
'The Black Light Bacchanalia', con il suo sound molto intimo e apocalittico nei testi, mentre con
'Nocturnes Of Hellfire And Damnation' e sopratutto con l'orribile
'Seven Devils Moonshine' si è toccato il punto più basso finora, tra pezzi ri-registrati spacciati per inediti (
'Black Sun-Black Mass',
'Queen Of The Dead'), registrazioni al limite dell'abominevole, farsi spazio di pezzi arrangiati in cinque minuti scritti tanto per, e performance vocali disastrose.
[Foto fornita nel Comunicato Stampa]
Aggiungiamoci una parte social e di aggiornamento per i fan totalmente inesistente, promesse di live album fatte quindici anni fa almeno mai mantenute, e dei video presenti sul canale YouTube che sembrano editati da un bambino di quinta elementare. Le premesse davanti al nuovo
'The Passion Of Dionysus' potete quindi immaginare quanto fossero basse, e ciò che almeno mi confortava prima dell'ascolto era che una volta raggiunto il fondo, non si può far altro che risalire...beh, mi ero sbagliato.
Chiariamo, l'album in realtà non è neanche così peggio dei suoi precedenti, ma il livello purtroppo rimane orientativamente il medesimo, e quindi questa tanto sperata risalita non ha visto luce neanche stavolta. A livello di songwriting i
Virgin Steele ritornano un po' sulla scia di 'The Black Light Bacchanalia', con momenti più ragionati, meno di impatto (o barbaric, dipende il punto di vista), e che necessitano di più pazienza nell'ascolto, prendasi ad esempio l'iniziale
'The Gethsemane Effect', che ricorda per certi versi l'andamento di
'By The Hammer Of Zeus', o la parte centrale di
'The Ritual Of Descent', dalla durata di ben 12 minuti di cui almeno la metà è totalmente inutile, piena di
'woooh',
'aaarw', (odio fare il precisino, ma se qualcuno mi spiega l'utilità del pezzo da 7:42 a 8:38 mi fa un favore), e di parti rallentate dove è presente unicamente la voce di
Defeis a parlare, tra l'altro particolarità che si ripete un po' in tutto il disco , come in
'You'll Never See The Sun Again', che dalla sua ha almeno un buon ritornello, come anche il primo singolo scelto
'Spiritual Warfare' che, con tutti i suoi difetti, è una canzone che FINALMENTE funziona. Un buon riffing, un cantato su livelli accettabili, un chorus ad effetto.
[Foto fornita nel Comunicato Stampa]
Il problema insorge in questo continuo voler allungare la durata all'inverosimile, anche qui nella parte centrale, che spegne tutta l'energia e il pathos creatosi. Perchè ascoltando la Titletrack emergono davver dei forti dubbi sull'utilità di estendere a ben 8 minuti una buona ballad che poteva durarne massimo cinque, e dove finalmente David canta benissimo e con quel carisma che la sua voce ha sempre avuto. Chi ha dei ricordi di
Pursino come vero e proprio protagonista dei
Virgin Steele (difficile scordarsi una volta ascoltati riff di pezzi come
'I Will Come For You' o
'Great Sword Of Flame') dovrà fare i conti con la dura realtà, perchè il chitarrista statunitense ha pochi momenti in cui brillare, e uno di questi è ad esempio il breve assolo su
'Unio Mystica' che, tolta la sua breve parentesi, si attesta anch'esso su livelli mediocri, tra momenti interminabili al pianoforte, e (ancora) un
Defeis narratore, e non cantante.
'I Will Fear No Man For I Am A God' chiude in maniera leggermente migliore, nonostante il suono finto della batteria e gli sforzi vocali di
David, 7 minuti che scorrono abbastanza bene, e che sfociano in un ritornello ben fatto anche qui, facendo un po' il verso a
'Veni, Vidi, Vici' ma nulla per cui (purtroppo) strapparsi i capelli.
Quando si trattano nomi di questa importanza, una delle frasi che può essere posta in chiusura è una delle più semplici,
'come giudicare questo nuovo lavoro dei/degli *inserire band*'?' In questo caso la risposta è molto semplice, e al contempo dolorosa. I
Virgin Steele del 2023 sono una band che si tiene in vita per stenti, procurando più dolori che gioie, irriconoscibile se paragonata ai lavori di un tempo, e siamo arrivati ad un punto ormai dove questa non può essere considerata mera nostalgia, ma un'evidenza chiara come il sole. La questione da analizzare allora è una, dobbiamo essere contenti e soddisfatti del fatto che le canzoni di
'The Passion Of Dionysus' siano leggermente migliori di quelle presentate sulle pubblicazioni precedenti, pur attestandosi su una qualità assolutamente insufficiente, non solo di songwriting ma anche sonora? O va constatato come
Defeis stia portando la sua creatura verso una pochezza compositiva esagitata, guardando il tutto con un'ottica più critica e giusta? Ai posteri l'ardua sentenza.