Litosth è un progetto black metal che nasce in Brasile nel 2016, dall’unione delle forze del polistrumentista brasiliano
Maicon Ristow e del bassista
Wendel Siota, già presenti in varie formazioni underground dell’America Latina (
Patria,
Mysteriis,
Swords at Hymns,
Dark Celebration,
I Gather your Grief).
Dopo due album –
“Crossed Parallels of Self Refraction” del 2019 e
“Farther From the Sun” del 2022 – i
Litosth pubblicano il loro terzo full-length,
“Cesariana”, tramite la
Personal Records.
I due musicisti, con la loro nuova fatica, proseguono nel solco già tracciato sulle due releases precedenti; ovvero ci propongono un black metal melodico anni ’90 che talvolta assume connotati sinfonici, fortemente amalgamato con il melodic death del medesimo periodo, su cui si inseriscono alcuni elementi dark ambient di sottofondo miranti a creare atmosfere più suggestive.
Purtroppo però
“Cesariana” si rivela un disco debole e con poca incisività, seppur formalmente perfetto.
I brani si muovono prevalentemente su tempi cadenzati, senza comunque disdegnare alcune partiture veloci e i vari cambi di tempo del caso. Si tratta di otto pezzi piuttosto lunghi, con una media che si aggira intorno ai 6 minuti e con una certa attitudine progressive. La componente melodica è più preminente rispetto a
“Farther From the Sun”, e insieme alla produzione, contribuisce ad ammorbidire il sound dei sudamericani.
Il lavoro svolto in fase di produzione, di cui ho appena fatto menzione, confeziona un suono leggermente più patinato e moderno; scelta che a mio parere nel caso dei brasiliani si è rivelata fallimentare, poiché ha tolto grinta e attitudine alla band.
A livello tematico, per le informazioni che sono riuscito a reperire, sembra che
“Cesariana” sia, da un lato, una forma di celebrazione della “tragedia” e della “maledizione” rappresentata dal fatto di essere vivi anche contro la propria volontà. E al contempo una sorta di grido di rivolta contro l’establishment e contro le ricette magiche della felicità che ci vengono subdolamente propinate.
Avviandomi al termine della recensione concludo affermando che il terzo LP dei
Litosth è un prodotto ben suonato, se lo inquadriamo dal punto di vista professionale, e senza troppe sbavature…
I due blacksters i compiti a casa li hanno svolti, ma senza troppo impegno e con non molta ispirazione; salvo qualche momento più avvincente - generalmente dove il gruppo pesta con più forza sull’acceleratore -, come per esempio l’opener
“In Waves”, oppure l'accattivante, varia e pregna di pathos
"Whipping Bottles".
Recensione a cura di
DiX88
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