I
Dispersion sono una band post black metal italiana di Treviso formatasi per volontà di
Dejan Pejcic e
Mattia Sottana nel dicembre 2013.
In seguito al duo si aggiunse anche il batterista
Nicola Fregona, che però dopo l’uscita del primo EP
“Pillars”, dell’album
“Syntropy”, e la conclusione di un ciclo di svariati live in giro per il nord Italia, decise di lasciare il progetto.
La band sceglierà di continuare comunque come duo, dando vita ad altre quattro uscite, di cui l’ultima è questa di cui mi accingo a raccontarvi oggi:
“Monochrome”, patrocinata dall’etichetta locale
Venetic Black Metal Front; la quale si trova impegnata da qualche anno nel promuovere la scena musicale e culturale autoctona… E questo per chi vi scrive è un ideale che va ben oltre la musica.
Il suono del gruppo è profondamente radicato nel black metal, tuttavia vi sono influenze molto forti di elementi post metal, avantgarde, atmosferici e ambient.
Non è facile da categorizzare la proposta dei
Dispersion, in quanto risulta particolarmente originale e piena di contaminazioni derivanti dalle più svariate correnti musicali.
Il disco si apre con l’ipnotismo di
“Feasting Fear”, dove possiamo scorgere fin da subito parte del terreno su cui si muoveranno i trevigiani… Ci si trova immersi in un’atmosfera stoner/sludge dai contorni ipnotici e psichedelici che richiama alla mente
“Through Silver in Blood” (1996) dei
Neurosis, e alcune atmosfere evocative mutuate da classici come
“Blues for the Red Sun” (1992) dei
Kyuss, raffreddate e annerite dallo spettro burzumiano di
“Filosofem” (1996).
Queste coordinate le ritroveremo sparse per tutto il platter, ben sostenute da sfuriate tipicamente nere, su cui si inserisce una cornice vagamente industrial e un sottofondo acido che rimarca l’affinità della band con alcune ramificazioni dell’hardcore, che tra le varie cose, si infiltrano anche nello scream di matrice black di Mattia.
“Monochrome” si configura come una sorta di concept nei meandri della solitudine, intesa prevalentemente come dimensione introspettiva; e i due musicisti lo fanno creando un ventaglio sonoro che sfiora tutte le corde in possesso della capacità di protendersi nella direzione delle molteplici sfumature umane.
Introspezione significa viaggio nei meandri del rimosso, immersione nel mare magnum dell’inconscio, le cui acque sono della stessa sostanza dei sogni… E che stando alle teorie oniriche di Freud, è immanente alla loro essenza una dimensione di insondabilità quasi analoga ad un ombelico che li congiunge con l’ignoto.
Una traversata musicale che voglia scandagliare simili abissi deve lambire la follia, la più melanconica e brumosa depressione quanto la più vermiglia furia omicida; così come la più rosea e suadente delicatezza…
I
Dispersion vi riescono facendo gravitare al nucleo del loro platter un innumerevole quantitativo di flussi, unificati sotto il segno omnicomprensivo dell’inquietudine che da anni si propaga con forza dalla fiamma oscura.
La delicatezza si insinua tra le allucinazioni del loro background psichedelico e la violenza iconoclasta tipica della tenebrosa arte nordica. Principalmente a partire da
“Regret of Sisyphus”, culminando nella seconda metà dell’LP con
“Bloodline”, questa assume connotati quasi jazzistici, contribuendo ulteriormente a costruire una sotto stratificazione mistica ancor più folle e inusitata di quella udibile in superficie; richiamando vagamente ad alcune soluzioni dei
Lantlôs dell’era
Neige…
Lasciatevi trasportare dai
Dispersion, dalle loro atmosfere distese, dagli accenni di tastiera, dai riverberi, dai drone riffs e i feedback acustici protratti delle loro chitarre, dilaniati più e più volte dalla violenza nichilistica del black più tradizionale.
Vi porteranno innanzi al “vostro” vero e unico diavolo.
Non adatto ai puristi della materia nera, né tantomeno a quel target audience che ha tentato, senza riuscirvi, con il suo appetito puerile, di rendere la poesia estrema un prodotto accessibile.
Recensione a cura di
DiX88