Quarant’anni di carriera e una serie di eventi tutt’altro che fausti (prima di tutto la dipartita del membro storico del gruppo
Chris Overland, fratello di
Steve, e poi quella di
Bernie Marsden, amico e collaboratore della
band … a cui si aggiunge la scoperta del tumore, poi fortunatamente sconfitto, da parte del tastierista
Jem Davis) non hanno minato per nulla la vitalità e la forza espressiva degli
FM che anzi, anche per un senso di “responsabilità” nei confronti dei propri fedeli estimatori e di chi ha contribuito a forgiare il loro suono, sfornano un disco davvero appassionante, intriso di una carica emotiva intensa e pienamente ispirata, ben lontana da quel pavido “esercizio di stile” che rappresenta il rischio maggiore per formazioni così “esperte” e apprezzate.
Poter contare sull’ugola passionale, grondante di
pathos blues, di
Mr. Steve Overland è, come di consueto, un importante “valore aggiunto”, ma anche il resto del gruppo offre un’immagine assai smagliante di sé, facendo poi confluire il tutto in una raccolta di composizioni “tipicamente”
FM e non per questo svogliatamente rievocative.
In questo senso, “
Old habits die hard” appare dunque un titolo alquanto azzeccato, confermando la capacità della formazione britannica di mantenere intatto il proprio prezioso
trademark ammantandolo di brillantezza espressiva, proprio come accade nell’
opener “
Out of the blue”, un’autentica squisitezza sonica indirizzata a chi venera, oltre ai nostri, anche Toto e Foreigner.
“
Don’t need another heartache” vede energia e qualità melodica scorrere in modo copioso e simultaneo, alla maniera di certi Bad Company o dei Thunder, mentre a “
No easy way out” è affidato il compito di avvolgere l’astante in un rassicurante bozzolo “adulto”, dove la nostalgia per gli
eighties è tanto evidente quanto benefica.
Si continua con le pulsazioni pastose e vibranti di “
Lost”, nobilitate da un bel
refrain, e se la suadente “
Whatever it takes” piacerà pure ai
fans di
John Waite, con “
Black water” il quintetto svela al “mondo” come si concepisce e s’interpreta una ballata
bluesy di enorme classe e di straordinaria portata comunicativa.
La
poppettosa “
Cut me loose” e la spigliatezza
rootsy di “
California” piacciono senza riservare scosse particolari, cosa che invece fanno la vivace “
Leap of faith”, e ancor di più il tocco “attualizzato” concesso a “
Another day in my world” (un
radio-pop-rock in grado di cancellare tutti i Maroon 5
et similia dall’etere …) e la sontuosa “
Blue sky mind”, scritta da
Davis basandosi sulla sua esperienza con la malattia e la prova che la musica può contribuire a rendere più efficace ogni trattamento terapeutico.
Gli
FM fanno parte di quella schiera di musicisti “eletti” che non intendono “abdicare” perché hanno ancora un sacco di cose da dire e l’entusiasmo per dirle meravigliosamente, assecondando il loro inesauribile talento … cari
newcomers fatevene una ragione e continuate a considerarli un edificante modello di felicissima longevità artistica.
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