Gustafsson, ex singer dei seminali
Nifelheim, assieme a
Devastator, ex drummer della band svedese negli anni di
"Servants of Darkness" (2000), da vita al suo nuovo progetto, gli
Hellbutcher; di cui esce oggi, 2024, a distanza di circa due anni dal rilascio del primo demo, l'omonimo debut album sotto l'egida della
Metal Blade Records.
"Hellbutcher" presenta un thrash metal fortemente ibridato con il black, ancorato alla sacra triade teutonica costituita da
Kreator,
Sodom e
Destruction; non discostandosi più di tanto da quanto già fatto con i Nifelheim. L'influenza maggioritaria probabilmente proviene dai
Kreator di
"Endless Pain" (1985) e
"Pleasure to Kill" (1986). Tuttavia non si disdegnano richiami alla prima ondata del black e allo speed/thrash, come per esempio avviene in
"Death's Rider", che con il suo basso in evidenza e un certo tipo di attitudine, va a collocarsi a cavallo tra
Motorhead e
Venom; il tutto declinato sotto il segno sporco e grezzo del black più intransigente di natura nord europea.
Il full-length si ascolta con molto piacere ed è piuttosto semplice nella sua strutturazione, presentando brani che si muovono prevalentemente su coordinate veloci e dalla presa immediata; c'è moltissima rabbia e un'attitudine intransigente che fa della furia sonora il suo stendardo. Tuttavia si ha anche qualche composizione più complessa, dove talvolta pure la melodia riesce ad aprirsi varchi nella struttura tellurica eretta dagli svedesi; si prenda per esempio
"The Sword of Wrath", in cui persino
Gustafsson è in grado di confezionare liriche catchy al punto giusto. Oppure
"Hordes of the Horned God", dove vi è un buon intreccio tra up-tempo e mid-tempo abbinati a un refrain che è quanto di più '80's si possa desiderare.
Tendenzialmente il songwriting è di ottimo livello, fatta eccezione forse per la troppo banale
“Possessed by Devil”, indubbiamente debitrice alla band di
Schmier.
“Hellbutcher” non inventa niente e sarebbe inutile affermare che sia troppo derivativo; ditemi al giorno d'oggi quale è il prodotto thrash metal che non lo sia. Quel che conta ormai, per chi si approccia al genere, è che nel riproporre determinati stilemi prenda possesso del gioco la propria personalità, senza scadere in palesi scopiazzature; e i
Gustafsson&co ci riescono molto bene.
Il platter conta solo otto fottutissime legnate – sostenute da una produzione totalmente devota alla vecchia guardia – per un running time di poco più di trenta minuti.
Se vi piace il thrash vecchio stampo, e le versioni più estreme proposte da
Nifelheim,
Aura Noir, i nostrani
Necrodeath, ecc.ecc., non credo che questo disco possa deludervi.
Recensione a cura di
DiX88
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