Una discografia superba priva di passi falsi e di compromessi, un disco assimilabile a ciò che fu l'immenso "
Kveldssanger" per gli
Ulver (parliamo di "
The Hallowing of Heirdom"), un rispetto assoluto da parte di addetti ai lavori, appassionati e colleghi e - ultima in ordine di importanza - la mia umilissima devozione: parliamo ovviamente dei britannici
Winterfylleth.
Se avete visto il video sulle preferenze dei redattori di
Metal.it per il 2024 (e se non lo avete fatto rimediate
QUI), sapete che "
The Imperious Horizon" - ottavo lavoro sulla lunga distanza - è al primo posto della mia classifica, superando un disco clamoroso come l'ultimo
Paysage d'Hiver.
I 75 minuti di "
The Imperious Horizon" spazzano via tutti i rivali, confermando che il trono del black atmosferico è ancora saldamente nelle mani di
Chris Naughton e compagni, ed è un manifesto dell'orgoglio e della fierezza che i
Winterfylleth nutrono per la loro terra.
Le anime degli artisti, temprate dal gelo, dai venti carichi di salsedine che spazzano le scogliere e le brughiere, creano atmosfere di rarefatta, inquietante, potente, melodiosa bellezza, cesellando sonorità luttuose, epiche ed aggressive in grado di tenere in pugno ogni ascoltatore.
Linee di chitarra sontuose e sorprendenti, strati di synth e tastiere, esplosioni furiose, cori, interludi acustici ("
Earthen Sorrows") rendono omaggio a quella che - come sempre - è la vera protagonista della musica degli inglesi: la Natura.
Sebbene la qualità media sia altissima vi sono (sembra impossibile) due tracce che anche fossero le uniche del disco, sarebbero valse il titolo di miglior disco dell'anno: sto parlando di "
Upon This Shore" ed "
In Silent Grace".
La prima mantiene vivo l'interesse per gli oltre 7 minuti grazie al riffing feroce e melodioso, ai cori di supporto ed alla profondità compositiva; "
In Silent Grace" rompe gli schemi dei
Winterfylleth per ciò che riguarda il suono e lo stile e vede la partecipazione di
Alan "Nemtheanga" Averill dei
Primordial caratterizzare con la propria voce cruda ed appassionata un brano lento, cupo, solenne e malinconico ammaliante sin dal primo ascolto.
Personalissima e riuscitissima anche la cover di "
The Majesty of the Night Sky"degli
Emperor, sicuramente la migliore che io abbia mai sentito.
I
Winterfylleth non escono dagli schemi del genere - che loro stessi hanno contribuito a definire - ma confezionano un disco sontuoso, le cui sfumature solenni e magniloquenti superano agilmente qualsiasi altro lavoro di genere.
"
The Imperious Horizon" è ai vertici della loro discografia e un cristallo gelido da collezionare.
Lunga vita ai Re!
Winterfylleth - "
In Silent Grace"
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