Quasi dieci anni di assenza dal disco precedente sono un lasso di tempo praticamente insostenibile per qualsiasi band attenta al music business ed alle logiche commerciali e social.
Ma loro se ne fregano, loro sono i
Sacred Steel, loro hanno il fuoco ed il metallo liquido che gli scorre nelle vene.
Per chi vi parla, o meglio vi scrive, la band di Ludwigsburg non ha mai pubblicato un disco brutto durante la sua carriera: certo, qualcosa di meno brillante ed ispirato (tipo "
Bloodlust" e "
Slaughter Prophecy", carini ma non eccelsi) ma anche i dischi più violenti come il succitato "Slaughter" e "
Carnage Victory" sono sempre entrati nelle mie corde, per non parlare dell'epicità di "
Hammer Of Destruction", seppur prodotto in modo che non sarebbe riuscito nemmeno ad una partecipazione tra
Yngwie Malmsteen e
Steve Harris, fino all'ultimo "
Heavy Metal Sacrifice" del 2016, senza dubbio tra i migliori della loro discografia ed edito dalla nostrana
Cruz del Sur Music.
Tante le novità invece per il nuovo "
Ritual Supremacy": intanto non c'è più lo storico
Jens Sonnenberg alla chitarra, presente sin dai primi demo della band, sostituito da
Jörn Langenfeld dei
Subconscious, così come ha alzato bandiera bianca dopo quattro album
Kai Schindelar, sostituito alla quattro corde da
Antonio Ieva, storico bassista dei
Brainstorm; oltre alla semi rivoluzione in lineup c'è anche un nuovo cambio di etichetta, col passaggio alla greca
Roar / Rock of Angels, e soprattutto c'è una nuova direzione stilistica, che volutamente lascia fuori sia gli eccessi estremi sia quelli epic doom che sovente apparivano nei loro ultimi dischi, concentrandosi su un heavy di matrice classica, in pieno stile...Sacred Steel.
Eppure anche in "Ritual Supremacy" c'è spazio per brani mid-tempos, marziali, anthemici, come la splendida "
The Watcher Infernal", più melodica specie nelle linee vocali, più morbida come approccio, così come è più morbido l'utilizzo della voce sempre particolare e caratterizzanti di
Gerrit "Gatto" Mutz, autentico trascinatore e croce/delizia dei Sacred Steel, ovviamente solo delizia per chi come noi li segue dal lontano e splendido "
Reborn in Steel" del 1997.
Stupisce il refrain melodico, quasi progressivo, in apertura della bella "
Entombed Within the Iron Walls of Dis", davvero un sound assai inusuale per i Sacred Steel, autori dell'ennesimo buon disco, stavolta più accessibile per tutti coloro che li trovavano troppo spigolosi, troppo duri, troppo true. Rimangono signori del metal ma se in passato avevate avuto problemi con loro, forse "Ritual Supremacy" è il disco che potrebbe convincervi di più nella loro trentennale carriera.
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