Era il 1990 quando mi capitò di leggere sull’ormai defunto H/M una recensione di un gruppo svedese alla quale non diedi eccessivo peso e della quale la cosa che mi colpì di più fu la stupenda copertina, anche se la minuscola foto sulla rivista di sicuro non le rendeva giustizia. Come tante altre recensioni andò a stiparsi in un angolino della mia mente, fino a quando qualche tempo dopo, di notte, mentre ascoltavo in radio Stereodrome (ebbene si, anche sulla Rai passavano il metal, anche se ovviamente confinato in orari assurdi in piena notte…) ad un certo punto viene annunciato un brano degli
Entombed, appunto.
Immediatamente da quel famoso angolino della mia mente salta fuori il ricordo di quella recensione letta tempo prima, e associando quello che avevo letto a quello che stavo ascoltando ho avuto un colpo. MICIDIALI! Non riuscivo a trovare altre parole per descriverli all’epoca. Assolutamente conquistato da quanto avevo avuto modo di ascoltare, il giorno dopo mi metto subito all’opera per cercare l’LP in questione. Una volta avuto tra le mani, la prima cosa che mi ha colpito è stata di nuovo la copertina, ad opera di Dan Seagrave, stesso autore di quella di “Altar of madness” dei Morbid Angel, altro capolavoro assoluto di questo grande artista. Se si osserva il dipinto in questione si ha un senso di putrido, è come se emanasse odore di muffa, di marcio. Mentre la studiavo nei minimi particolari, ho tirato fuori l’LP, l’ho appoggiato sul piatto, ho poggiato la puntina e un urlo agghiacciante mi ha trasportato lungo il sentiero raffigurato sulla cover. Il viaggio ha avuto inizio…
Chitarre bassissime, riff malati, voce cavernosa: death metal allo stato puro, ma un nuovo tipo di death metal, cugino stretto di quello americano proposto dai vari Morbid Angel, Deicide e compagnia bella, ma con una sua identità ben precisa. Swedish death, ma quello vero, non quello scialbo e melodico che oggi viene identificato con questo termine. Quello reso grande da band come Dismember, Unleashed, Grave e, appunto, Entombed, death metal di stampo europeo, fratello di sangue dei tedeschi Morgoth, dei francesi Massacra e perché no, degli italiani Excidium. “Left hand path” individua nuovi canoni per questo genere e saranno tantissimi i gruppi che successivamente si ispireranno proprio alla band svedese.
I brani sono di una pesantezza inaudita, veloci ma ragionati (la batteria non utilizza quasi mai i blast beat a favore di ben più coinvolgenti ‘tupa-tupa’), monolitici ma al tempo stesso pieni di cambi di tempo e rallentamenti pachidermici, il cantato è sì cupo e profondo, ma comunque con una sua personalità, e ogni tanto fa capolino una tastiera, ma solo per rendere il tutto ancora più lugubre e maligno. La Earache (che all’epoca era la regina incontrastata di tutto ciò che era death metal e grind core) aveva visto bene a mettere sotto contratto questa band dopo aver ascoltato il demo “But life goes on”, realizzato nel 1989 subito dopo aver cambiato formazione e nome da Nihilist (storica band della prima fase della scena death svedese con tre demo all’attivo e membri di Entombed, Unleashed e Morbid tra le proprie fila) ad Entombed, appunto.
Highlights del disco sicuramente “Drowned”, “The truth beyond” e “Abnormally deceased”, oltre ovviamente alla title track, che verso la fine, con un maestoso rallentamento guidato dalla tastiera, arriva ai limiti del doom più tetro e oscuro, anche se in realtà tutti i brani si mantengono allo stesso (alto) livello, senza cali di sorta.
Il secondo lavoro della band, “Clandestine”, prosegue più o meno sulla falsariga di questo LP, ma già cominciano ad essere inseriti alcuni elementi ‘innovativi’ che poi porteranno, purtroppo, la band ad abbandonare il death metal marcio per dedicarsi ad una sorta di death’n’roll. Chi conosce gli svedesi solo per i lavori più recenti non può evitare di cercare il loro esordio, caposaldo di un genere che ultimamente purtroppo non sta vivendo giorni felici, dato che i gruppi sono sempre più convinti che le vie da percorrere siano solo due e cioè quella oltranzista del brutal o quella più abbordabile del cosiddetto death melodico. Mi chiedo invece come mai nessuno più abbia il coraggio di suonare del rabbioso e malato death metal, senza contaminazioni, così come gli Entombed ci insegnarono ben 20 anni fa…