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Info

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Anno di uscita:1970
Durata:42 min.
Etichetta:Warner

Tracklist

  1. BLACK SABBATH
  2. THE WIZARD
  3. BEHIND THE WALL OF SLEEP
  4. N.I.B.
  5. EVIL WOMAN
  6. SLEEPING VILLAGE
  7. WARNING

Line up

  • Ozzy Osbourne: vocals
  • Tony Iommi: guitars
  • Geezer Butler: bass
  • Bill Ward: drums

Voto medio utenti

Ricordo ancora cosa successe quella notte d’autunno di ormai tantissimi anni fa… io, all’epoca dodicenne, riuscii a rimanere a casa da solo e non seguire i miei in una noiosissima cena… proprio quel pomeriggio mi erano finalmente arrivati i vinili di “Black Sabbath” e “Paranoid”, il must della produzione del quartetto di Birmingham, quindi la voglia di ascoltarli era notevole… finalmente solo, accendo lo stereo, tiro fuori il vinile del primo disco e lo poggio sul piatto… appoggio la puntina ed alzo il volume… iniziano a fuoriuscire dei suoni, più precisamente il rumore della pioggia che cade, seguito subito dopo da quello di campane a morte… nel frattempo osservo la cupissima copertina, la studio nei minimi particolari e mi soffermo sulla pallida strega dal lungo mantello nero, sul corvo nero, sulla fatiscente casa in mattoni in riva al lago, sugli alberi spogli… tutto è perfettamente oscuro, non ultima la croce capovolta (e siamo nel 1970!!!) stampata all’interno della copertina (si, all’epoca c’erano ancora i bellissimi album gatefold…) nella quale spicca una sorta di poema: “l’incubo dell’oscurità si forma pienamente, la lunga notte nera comincia, ancora immobile una giovane donna vestita di nero aspetta, senza vedere lei si crede non vista, e sorride debolmente verso la campana dai lenti rintocchi, mentre la pioggia continua a cadere”. Come vedete tutto coincide… il poema termina con la pioggia, il disco inizia proprio con quest’ultima…
Questa sorta di pace oscura viene interrotta dalla chitarra di Tony Iommi che esplode nel riff della titletrack, uno dei pezzi più cupi e neri che la storia del rock possa ricordare… il riff è ossessivo quanto semplice, tre sole note che riescono però a rendere angosciante l’ascolto e a valorizzare lo splendido testo cantato dal madman Ozzy Osbourne… Qui ci troviamo di fronte a un pezzo di storia del rock, da qui in poi nulla sarà più come prima… Era Venerdì 13 Febbraio quando “Black Sabbath” uscì nei negozi, e nessuno si aspettava che un ex gruppo blues-rock, gli Earth, potesse aver dato vita a tutto questo. La chitarra cupa di Iommi, il basso corposo e profondo di Butler, il drumming possente e veloce di Ward e la voce sguaiata di Ozzy hanno dato le basi per quello che negli anni ’80 sarà l’heavy metal. Quante band sono state influenzate dai brani dei Black Sabbath? Impossibile dirlo, l’unica certezza è che dalle loro quattro menti malate è nato un genere, e scusate se è poco… Quelli erano gli anni della nascita dell’hard rock, ed erano anche gli anni in cui si iniziava a trovare il coraggio di parlare di occulto e temi di questo tipo. Beh, con il loro primo album i Black Sabbath fecero entrambe le cose, creando di fatto un genere, l’hard rock, e un filone, quello del cosiddetto occult rock. Certo la loro era solo una provocazione, un modo per rompere le regole, però i primi anni della loro carriera sono stati marchiati a fuoco proprio da queste tematiche e non pochi sono stati i problemi incontro ai quali sono andati. Ma torniamo all’album, che per la cronaca è stato registrato in un solo giorno, anzi in una lunga session di 12 ore, una sorta di jam session live… dicevamo del riff di “Black Sabbath” sul quale Ozzy tesse le sue trame vocali… il cerimoniale va avanti per qualche minuto, prima che Iommi irrompa con un riff memorabile, più veloce e intricato, che pone fine, con un assolo in crescendo, a quello che da più di trenta anni è uno dei loro brani simbolo.
Torna la quiete iniziale, ma solo per un paio di secondi, perché immediatamente la puntina girando nei solchi arriva alle prime note di “The wizard”. Una tetra armonica apre il pezzo, incalzata subito da un altro memorabile riff di Iommi… ovviamente a farla da padrone è proprio ‘lo stregone’ Ozzy, con la sua particolarissima, stonata ma inimitabile voce. Ed è proprio lui a fare da gran cerimoniere e portarci per mano attraverso questo viaggio (senza ritorno) nell’oscuro. Notevole il lavoro di Bill Ward dietro i tamburi, da sempre ritenuto inferiore ai suoi colleghi/rivali Paice e Bonham, ma in possesso, secondo me, di uno stile personale e affatto scadente, anzi… Geezer Butler dal canto suo svolge la sua parte al meglio, con quel basso sempre così tondo e ‘presente’, anche se non è questo il brano dove, più che altrove, si possono apprezzare fino in fondo il suo stile e le sue trame ipnotizzanti…
Già nella successiva “Behind the wall of sleep” il baffuto bassista svisa in libertà, ma sempre trovandosi alla perfezione con i riff dell’altro baffuto Iommi… il brano parte con un 3/4 che lascia un po’ spiazzati, prima di tornare al classico 4/4 cadenzato tipico dei nostri. La parte centrale offre un bellissimo spunto, con Butler sfrenato e assolutamente a briglia sciolta (come nella maggior parte dei brani durante gli assoli di chitarra Geezer non si limita ad accompagnare, ma alterna alle ‘fondamentali’ dei fraseggi in piena libertà…) e Iommi ricamatore, prima del richiamo in 3/4, e prima che la batteria di Ward ci accompagni, letteralmente, ad “N.I.B.”, un must del disco introdotto splendidamente da Geezer e il suo basso, con tanto di wah-wah e distorsore… e, ricordo, siamo nel 1970!!! Assolutamente splendido l’intro, che presenta perfino giochi di volumi che rendono il tutto più fluttuante, prima che il bassista stesso inizi la song vera e propria, con un riffone distorto ripreso poi da Iommi e da tutti gli altri. Su “N.I.B.” se ne son dette di tutti i colori, e per additare la band di satanismo si è arrivati a dire addirittura che fosse l’acronimo di ‘nativity in black’. Molto più semplicemente nibby era il soprannome di Bill Ward, ma nessuno mai in realtà è riuscito a capire bene quale fosse il reale significato del titolo della song. Fatto sta che si tratta di un brano memorabile, con un alternanza riff/assoli come solo loro sapevano fare, e, come sempre, mentre Iommi dà libero sfogo al suo estro, Butler e Ward si scatenano, creando un tappeto sonoro non indifferente. Inutile ribadire quanto fondamentale sia la voce di Ozzy per la riuscita dei brani. Quando dagli anni ’80 in poi diversi cantanti, tra cui veri e propri mostri sacri come Dio o Gillan, hanno preso il suo posto, non si è mai ricreata la stessa alchimia degli anni ’70, e quando questi ultimi dal vivo riproponevano i brani del repertorio di Ozzy, pur avendo una voce nettamente superiore dal punto di vista tecnico, non sono mai riusciti ad eguagliarne la particolarità e la malignità, nonché l’assoluta follia.
A questo punto è la volta di “Evil woman” dei Crow, una cover quindi… in effetti questo qui è l’unico brano un po’ sottotono dell’intero disco, e il fatto che non sia stato scritto dai nostri spiega tutto. Fu scelto per essere pubblicato come singolo, ma non ha mai riscosso il successo che l’etichetta si aspettava (bisognerà aspettare l’uscita del singolo “Paranoid” per il successo della band…). Forse proprio perché al di sotto del resto delle songs contenute nell’album. Ma niente paura, il vero capolavoro del disco è in arrivo: “Sleeping village”. Prima di parlare del brano vorrei chiarire una cosa per i più giovani di voi che hanno fra le mani il cd invece del vinile. Non so per quale strano motivo le ultime due songs sono state tagliate male, e il brano lungo risulta essere “Warning”. Niente di più sbagliato… “Sleeping village” dura 10.43, mentre “Warning” 3.30. Detto questo… il pezzo in questione si apre con un tetro arpeggio acustico su cui Ozzy suona anche lo scacciapensieri, creando un’atmosfera decadente… come decadenti ma possenti al tempo stesso sono i riff che Iommi partorisce in quantità industriale… il resto del brano, infatti, è un susseguirsi di riff, cambi di tempo, assoli e chi più ne ha più ne metta. Altri gruppi dell’epoca con un brano del genere avrebbero scritto un disco intero… Alla fine dell’arpeggio esplode la chitarra elettrica, corposa e violenta come sempre… questo è in assoluto il brano che meglio rappresenta il suo stile plumbeo, cadenzato e pesante, ma è anche quello dove più di altri dà libero sfogo alla sue vena solista, ed è praticamente impossibile descrivere cosa riesca a partorire Iommi con il doppio assolo incrociato che esegue sull’accelerazione… assolutamente geniale… Ragazzi, qui siamo di fronte a nuove frontiere, qui è nato l’heavy metal, è stato creato il doom, e perfino molto thrash è debitore a quanto proposto dai nostri… e non sto scherzando… Altro cambio di tempo e di atmosfera, ed ecco che, introdotta dal basso di Butler, si apre un’altra porta del brano, davvero ricco, ricchissimo… Entra di nuovo la voce di Ozzy, Butler spadroneggia, Iommi ricama, Ward supporta… tutto combacia alla perfezione… e ancora assoli… assoli su assoli, Iommi è scatenato, e continuerà ad esserlo fino alla fine del disco, sia in questo brano che in “Warning”, che altro non è che, appunto, un assolo continuo, sul quale poi Ozzy riprende la strofa di “Sleeping village”. Più di dieci minuti di pezzo dicevamo, in cui i nostri si scatenano letteralmente, ed è un piacere ascoltarli in assoluta liberà improvvisare sui temi che di volta in volta si susseguono, tra accelerazioni e rallentamenti repentini, fino a quando Iommi si impossessa della scena e resta in assoluta solitudine con la sua sei corde, come se tutte le note lasciate libere in precedenza non lo avessero soddisfatto… ancora giochi di volumi e di left/right, cose che ai giorni d’oggi fanno ridere ma che per l’epoca erano significative, quando ancora molti dischi erano mono o quando nessun produttore avrebbe osato provare nuove soluzioni…
Nella versione americana (e successivamente nella ristampa su cd) è presente anche “Wicked world”, song incredibilmente esclusa, all’epoca, dalla versione europea del disco, a favore della scialba “Evil woman”. Prima della ristampa era possibile ascoltarla solo se si era in possesso di una versione import americana, quindi, o dal vivo, sia su “Live at last”, sia sui numerosi bootleg dell’epoca che è possibile trovare in giro. Sinceramente non ho mai capito il motivo della sua esclusione… io l’avrei inserita tranquillamente al posto della debole “Evil woman”, e vi assicuro che non avrebbe affatto sfigurato… Anche qui è Iommi a farla da padrone, sia grazie ai suoi assoli che grazie ad uno splendido arpeggio che spezza in due il brano, ma, come sempre, a colpire è il lavoro d’insieme che i nostri riescono a creare, come se fossero un’entità sola.
Beh, questi sono i Black Sabbath, capaci di eguagliarsi e forse addirittura superarsi negli album successivi, tutte pietre miliari del genere, da “Paranoid” a “Master of reality”, da “Vol. 4” a “Sabbath bloody Sabbath” a “Sabotage”. Una carriera lunghissima, caratterizzata da cambi di line up e da dischi non sempre all’altezza del loro nome, ma anche da capolavori assoluti oltre che da concerti memorabili. La loro influenza è innegabile, l’ho già accennato prima, l’importanza di Iommi come riffmaker anche… Se ascoltate metal e non li conoscete dovete solo spararvi, e se non avete questo disco nella vostra discografia… beh, penso che avete sbagliato tutto nella vita!
Recensione a cura di Roberto Alfieri
Benvenuti al vostro Funerale!

IL primo album della band è qualcos di magico & irripetibile,un'aura oscura & mistica lo circonda e l'uso del tritono sull'omonimo brano è qualcosa d'incredibilmente rivoluzionario all'epoca.Tuttavia non mancano nè melodia né atmosfere di taglio differente,anche se sempre piuttosto magico/esoteriche.L'album più spettrale della band ma anche il più genuino.L'alpha dell'Heavy Metal.

Fondamentale

Se questo immenso capolavoro non fosse stato pubblicato non avremmo mai avuto l' heavy metal.

E' il disco che tutti quanti dovrebbero amare

10/10!

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