Da non confondersi con i quasi omonimi Witchammer, epic band scozzese attiva negli '80, questi Hammerwitch arrivavano da Dallas, nel Texas.
Passati come una meteora nell'oscuro panorama dell'epic più puro ottantiano, gli Hammerwitch diedero alla luce solo un EP, per l'appunto questo "Return to Salem", e il demo "Legacy of Pain" nel 1991. Inutile dire che l'EP in questione è merce assai rara, pubblicato solo sull'amato formato vinile e ad oramai appannaggio di pochi fortunati collezionisti, viste anche le cifre folli che sfiora.
In anni in cui l'epic metal più puro sembra essere tornato in auge nell'undeground, provocando la riesumazione tempisticamente azzeccata di polverosi dischi che alle volte era meglio lasciare nel dimenticatoio, questo "Return to Salem" risulta essere una delle gemme davvero valide che meritano di essere ricordate.
Sì, perchè gli Hammerwitch stracciavano clamorosamente band che sono oggi osannate e venerate, quali i Medieval Steel o i primi Jag Panzer, grazie ad un songwriting veramente superbo, alle loro atmosfere, alla loro varietà e all'indiscutibile capacità strumentale.
Hammerwitch, vale a dire il Martello delle Streghe, il Malleus Maleficarum. Il libro scritto da due inquisitori domenicani che dava il via, con l'avallo del Papa Innocente VIII, alla deliberata caccia alle streghe.
Quale nome più azzeccato per una band del genere? In "Return to Salem" i tre, capitanati dalla voce squisita di Frankie Dee che non potrà non ricordarvi il migliore David De Feis, aprono le danze con "Burned at the Stake", trascinante e dannatamente evocativa grazie all'incipit dal tono maestoso quanto tragico.
Tanto nei pezzi più teatrali quali la opener o "Return to Salem", quanto nei brani più classici come l'anthemica "Live for Metal", gli Hammerwitch mantengono un pathos più unico che raro, inanellando sei piccoli capolavori uno dopo l'altro. Tra armonizzazioni dai toni cupi e ripartenze ruvide, i tre riescono a costruire un lavoro estremamente vario, che non vede cali di tono.
Ma soprattutto, quello che porta gli Hammerwitch un gradino sopra a tanti altri, come i pur ottimi Witchkiller o i già citati Medieval Steel, è la complessità del songwriting, tutt'altro che banale e scolastico, sia nel riffing delle chitarre che nelle linee melodiche della voce.
Trovare un punto debole in questo "Return to Salem" è estremamente difficile. Aveva tutti i numeri per raggiungere traguardi decisamente ambiziosi e non ho dubbi nel metterlo artisticamente alla pari con i lavori migliori dei Virgin Steele.
Purtroppo, come ben sappiamo, non necessariamente il valore artistico va di pari passo con il successo, per quanto modesto sia quello che il gener può consentire, e così gli Hammerwitch proseguirono solo qualche anno, con problemi di line-up e l'uscita di Frankie Dee.
Ci riprovarono all'inizio dei '90 con il demo, ma il genere versava in una crisi tremenda, spazzato dalle nuove tendenze e da sonorità prima inimmaginabili che relegavano in un angolo le forme più classiche e (già allora) retrò di heavy metal.
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