Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:47 min.
Etichetta:Escape
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. ARMED AND READY
  2. FEELS LIKE A GOOD THING
  3. LOOKIN’ OUT NOWHERE
  4. TALES OF A MYSTERY
  5. VICTIM OF ILLUSION
  6. READY TO ROCK
  7. LOOKING FOR LOVE
  8. ON AND ON
  9. I’M GONNA MAKE YOU MINE
  10. RED SKY
  11. WALK THE STAGE
  12. PRESENT AND THE PAST

Line up

  • Gary John Barden: vocals
  • Michael Voss: guitars, bass
  • Marco Minnemann: drums, percussions
  • Dirk Hoewische: hammond organ

Voto medio utenti

Gary John Barden sta vivendo una sorta di seconda “giovinezza musicale”: dopo i fasti con il Michael Shenker Group e la sua fugace collaborazione con i Praying Mantis (“The power of ten” del ’95 e il live “Captured alive” del ’96), l’ottimo singer britannico era un po’ sparito dalle scene; poi il ritorno nel 2001 con il progetto Silver, con il quale ha inciso tre pregevoli dischi (il debutto autointitolato, “Dream machines” del 2002 e “Intruder” del 2003) ed un quarto in arrivo (“Addiction” schedulato per ottobre di quest’anno), la ristampa dell’esordio degli Statetrooper che consente la recente pubblicazione del secondo “The calling” e ora con quest’antologia, assolutamente non convenzionale, intitolata “Past and present”.
Non inganni, infatti, la track-list del dischetto in questione, la quale illustra titoli molto noti della carriera musicale del nostro Gary ai tempi del MSG: in realtà si tratta di versioni del tutto “anomale” di quei grandi “classici” di hard rock, riproposti con l’aiuto di valenti musicisti, tra cui spiccano i nomi di Michael Voss (Casanova, Demon Drive, Bonfire) e Marco Minnemann (Paul Gilbert, ex H-Blockx) entrambi facenti parte della line-up dei già menzionati Silver.
Ecco che, non appena aver inserito il cd e letto “Armed and ready” sulla cover del disco, invece del consueto riff assassino, dalle casse dello stereo, fluisce, su di un tappeto acustico, la voce semi-recitata di Gary e ha inizio un’interpretazione blues dagli accenni r’n’r, di uno dei più rilevanti hard-rock anthems che storia ricordi … l’esito finale, di primo acchito, è al limite dell’irriverente e se non fosse che l’esecuzione ci viene offerta dalla laringe di colui che ha contribuito (insieme al magistrale Herr Schenker) a renderla tale, beh … ci sarebbe di che interrompere immediatamente la prosecuzione dell’ascolto.
“Feels like a good thing”, si presta ad un arrangiamento tra il “funkeggiante” e il r’n’b’ e buona è la prova corale di “Lookin' out nowhere” in un’edizione rivestita di sonorità pop/rock, mentre sontuosa è la prestazione vocale nell’ispirata (e più rigorosa) “Tales of mistery”.
“Victim of illusion” è un’altra di quelle song che difficilmente si dimenticano o che si riesce ad immaginare diversa da quella che si è abituati a conoscere … in questo caso diventa una ritmata ballad semi-acustica che, a tratti, mi ha ricordato un po’ certi suoni del “new-acoustic movement” (Turin Brakes per esempio) … sacrilegio? No, nonostante l’inevitabile disorientamento, il risultato è assai piacevole.
Si arriva così a “Are you ready to rock”, che si trasforma per l’occasione in un episodio dalle forti connotazioni blues, con tanto di slide guitar e una sezione di fiati nella parte centrale abbastanza destabilizzante.
Dopo la bella “Looking for love” leggermente “alleggerita”, non si può evitare di menzionare la strabiliante “On and on”, che non perde un’oncia del suo immenso valore neanche in questa “incarnazione” che la fa diventare una favolosa traccia acustica, dagli interessanti contributi percussivi e contrassegnata dall’eccellente guitar work di Michael Voss, il quale non sarà Schenker, ma offre un saggio delle sue rilevanti doti tecniche e gusto musicale lungo tutto l’arco del disco, riuscendo, tutto sommato, a non sfigurare nei confronti di cotanto “mostro sacro” ed evitando contemporaneamente, vista anche la natura del disco, di tentare di emularne lo stile, svolgendo il proprio compito in modo abbastanza personale.
Superato l’inevitabile sconcerto iniziale e dopo aver “convinto” gli occhi, le orecchie e il cervello, abituati ad associare i titoli presenti a “quei” determinati suoni (ormai inseriti stabilmente nel codice genetico d’ogni rocker che si possa dichiarare tale), il risultato di questo “Past and present” non è assolutamente disprezzabile; le capacità interpretative di Mr. Barden sono comunque sempre notevoli e anzi si esprimono con una duttilità abbastanza inedita, per un cantante che senza fare “sfracelli” dal punto di vista dell’estensione (del resto il suo valore è spesso stato messo in discussione, anche nel suo glorioso passato; a me personalmente la sua voce, come già dichiarato in altre occasioni, è sempre piaciuta parecchio, evidenziando buone doti sia per tecnica, sia per peculiarità) si disimpegna sempre in maniera abbastanza convincente anche nei frangenti più “estemporanei”.
Del resto pubblicare l’ennesima raccolta con questo materiale eseguito in maniera conforme agli arrangiamenti e alle strutture originali avrebbe avuto ancora meno senso, finendo direttamente per essere valutata (in modo ancora più esplicito di quanto già si possa fare), come l’ennesimo esempio della spesso diffusa arte del “raschiare il fondo del barile”, tenendo conto, inoltre, degli innumerevoli esempi di “greatest hits” e amenità varie, che hanno invaso e ancora tuttora sono disponibili nel mercato discografico.
Il fatto poi che sia lo stesso vocalist originario ad offrirci queste inconsuete “rivisitazioni”, rende le quotazioni del disco più favorevoli, considerandole come un piacevole e interessante modo di reinterpretare delle tracce ormai "immortali" (e probabilmente già eseguite migliaia di volte), offrendone una diversa prospettiva.
Il valore delle composizioni è indiscutibile, i musicisti coinvolti sono d’ottimo valore, la patina blues/pop/rock che contraddistingue la nuova veste delle canzoni è, il più delle volte, abbastanza gradevole … di sicuro non consiglierei ai neofiti d’iniziare il processo d’approfondimento della materia partendo da questo disco … dopo aver recuperato quelle pietre miliari dell’hard di classe intitolate “Michael Schenker Group”, “MSG”, il mirabile “One night at Budokan “, il meno scoppiettante, ma sempre valido “Built to destroy “ (rimanendo nell’ambito MSG) o anche i dischi di Praying Mantis, Statetrooper o Silver, e aver goduto del migliore Barden, ad esibirsi sul suo terreno preferito, si può pensare di avvicinarsi anche a questo “Past and present”, che deve essere inevitabilmente valutato come un album adatto ai completisti del MSG più irriducibili (e “open minded”) e ai fans sfegatati di Gary John.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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