Copertina 8,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2005
Durata:46 min.
Etichetta:Frontiers
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. LET ME GO
  2. GOD WALKS WITH US
  3. I STAND ALONE
  4. MEET ME AT MIDNIGHT
  5. HEY JOSEPHINE
  6. FAR AWAY
  7. PLEASE CHANGE YOUR MIND
  8. SLEEP ANGEL
  9. SPREAD YOUR WINGS
  10. IN THE END

Line up

  • John Wetton: vocals, bass
  • Geoffrey Downes: keyboards
  • John Mitchell: guitars
  • Steve Christey: drums
  • Annie Haslam: vocals
  • Mike Stobbie: keyboards
  • Ian McDonald: flute
  • Hugh McDowell: cello

Voto medio utenti

Qualche tempo fa, riascoltando il magistrale “Rock of faith”, ultimo album in studio di John Wetton, riflettevo (ebbene sì alcune volte mi capita!) sullo “stato di grazia” che contraddistingue alcuni artisti piuttosto rari, capaci di tramutare in oro praticamente ogni vicenda che li vede coinvolti, stimolati, inoltre, da quell’endemica e costante voracità creativa che li conduce a voler sperimentare continuamente nuove strade, senza fossilizzarsi in generi specifici, superando, al tempo stesso, lo “snobismo” che spinge spesso un musicista con un pedigree importante a non cimentarsi in stili considerati “commerciali”.
Wetton è sicuramente uno di questi “strani” personaggi e la sua carriera musicale può essere considerata un vero e proprio manifesto di quanto espresso in precedenza: il blues rock psichedelico e barocco dei Family, il progressive avventuroso e geometrico, ma anche fluido e melodico, dall’influenza incommensurabile dei King Crimson, il pop dei Roxy Music e dei dischi di Phil Manzanera e Bryan Ferry, l’hard-rock monumentale degli Uriah Heep, l’art rock degli UK, le collaborazioni con i Wishbone Ash e decine di partecipazioni varie (tra le quali mi piace ricordare il progetto Phenomena II Dream Runner, dove canta nel brano "Did it all for love"), oltre al cospicuo repertorio discografico solista, costituiscono le evidenze oggettive della sua innegabile e caleidoscopica grandezza.
Tra le tante esperienze assume un significato particolare per questa recensione la decisione del bassista e vocalist di Derby di accettare anche la sfida offerta dal cimentarsi con il versante maggiormente mainstream del prog-rock, affrontata, ancora una volta, con le sembianze del supergruppo: la band prende il nome di Asia e vede una formazione “stellare”, con il batterista Carl Palmer (E.L.P.), la chitarra di Steve Howe (Yes) e le tastiere di Geoffrey Downes, reduce dai fasti effimeri dei Buggles (ricordate “Video killed the radio star”?) e dalla fugace apparizione nell’album “Drama” degli stessi Yes (con l’altro ex-Buggles Trevor Horn, poi produttore di grido).
Downes può apparire come una sorta di “pesce fuor d’acqua” al cospetto di simili “icone”, ma smentisce questo ruolo in virtù di una notevole prestazione, sia in fase esecutiva che in sede di scrittura, contribuendo a fare in modo che il loro esordio omonimo del 1982 su Geffen, risulti un gioiello di fruibilità e classe applicata al tema progressivo nella sua forma radiofonica, dove la tecnica si pone al servizio della canzone, con l’hit “Heat of the moment” ad imperversare anche nelle classifiche normalmente bandite a queste matrici sonore.
La magia si ripeterà anche nel successivo “Alpha” per affievolirsi nell’album seguente, poi l’uscita di Wetton, modifiche di line-up, live albums e antologie varie a profusione, fino al ritorno dell’anno scorso, con il gruppo saldamente nelle mani di Downes e in quelle di John Payne.
Dopo la cooperazione nel già menzionato “Rock of faith”, il sodalizio tra Wetton e Downes si ripete con maggiore intensità in questo nuovo progetto dal monicker in coabitazione, che li vede un'altra volta circondati da raffinati e preparati “musici” come Annie Haslam dei Renaissance e Ian McDonald già in King Crimson e Foreigner, oltre a Steve Christey dei Jadis, John Mitchell di Arena e Kino e Hugh McDowell dell’Electric Light Orchestra, che avevano già impreziosito quell’emozionante lavoro.
L’inconfondibile voce di Wetton non delude nemmeno questa volta e gli inevitabili richiami al sound degli Asia (“Let me go”, con il basso pulsante e un finale un po’ alla Buggles, il coro e alcuni passaggi della straordinaria ”I stand alone”, ”Hey Josephine”, l’enfasi della strofa di ”Please change your mind”) s’intersecano ad atmosfere leggiadre e soffuse, che vedono spesso privilegiato un approccio di tipo ampolloso ed orchestrale, in brani come ”God walks with us” con il suo alone mistico, ”Meet me at midnight” e il raffinato drappeggio pregno di sentimento, la deliziosa ”Far away” con l’ornamento “estetizzante” offerto dal suono di corno francese, la love song ”Sleep angel” e la sua luminosa semplicità romantica, ”Spread your wings” contraddistinta da magistrali stratificazioni vocali e dallo splendido contributo di violoncello e la superlativa ”In the end”, intarsiata dal duetto da “brividi” d’adrenalina eseguito con la Haslam, che conclude nel modo migliore un percorso sonoro fatto di poesia e partecipazione emotiva.
La campagna promozionale definisce quest’album imperdibile … ebbene per una volta fidatevi della pubblicità: non esagera, non è ingannevole e trascurare un lavoro di questa portata vorrebbe dire davvero “perdersi” qualcosa d’importante.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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