La storia dei Beautiful Sin comincia nel 2002, grazie al contributo in fase di produzione dato da Uli Kusch (Masterplan, ex-Helloween) per il demo di una giovane band belga capeggiata dalla vocalist Magali Luyten. Nel giro di un paio d’anni la formazione finisce in pezzi e così al batterista torna in mente quella ragazza dalla voce così potente e carismatica, decide perciò di mettere in piedi un progetto in grado di valorizzare tali qualità. Reclutati lungo la via la coppia Jon Viggo Lofstad (chitarra), Steiner Krokmo (basso) presi in prestito dal gruppo norvegese Pagan’s Mind e completato il combo con l’innesto di Axel Mackenrott (tastiere, Masterplan) ecco nascere i Beauitful Sin. Ora….stendiamo un velo pietoso sulla copertina pietosa che fa a pugni con logo e stile musicale e concentriamoci sulla musica, tecnica, potente, melodica ma maledettamente scontata. Il problema è alla fonte: stiamo assistendo a un proliferare di gruppi con vocalist femminile che, in qualche maniera, finiscono per assomigliarsi. Ascoltare pertanto pezzi di per sé ottimi come ‘Lost’, ‘The Spark Of Ignition’, ‘Metalwaves’, ‘This is Not The Original Dream’ conditi con vocalizzi alla Tarja, pieni zeppi di magniloquenti chorus su un tappeto ritmico pomposo è ineccepibile da un punto di vista formale, noioso da un punto di vista pratico. I Beautiful Sin possiedono un’ ottima interprete, eccellenti strumentisti (e Kusch lo dimostra anche in questa circostanza), un buon gioco di chitarra e tanta tanta strada ancora da percorrere per dettare legge nel panorama musicale odierno.
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