Fuori Di Anno, dentro Dickinson.
La differenza è evidente e non starò certo qui a discutere se sia stato meglio o peggio il prima e il dopo, anche perché a conti fatti ci troviamo di fronte a due band completamente diverse. Abbandonato il punk’n’roll evoluto degli esordi, infatti, con questo disco i
Maiden mettono la firma definitiva sul foglietto intitolato “
Padri Fondatori dell’Heavy Metal”, con un album che non a caso è considerato uno dei capolavori inarrivabili del secolo scorso.
Si parte con
Invaders, subito spazzati via da un sound di grande impatto e da una voce altissima, potente, che da quel momento in poi sarà il marchio di fabbrica delle produzioni Maiden per molti anni. Non contento, Bruce conquista il mondo metal con la magia delle melodie di
Children Of The Damned, prima che
The Prisoner arrivi come una rasoiata ad abbattere i muri di casa.
Recuperato qualche mattone, ecco che
22 Acacia Avenue ci riporta a casa di Charlotte il puttanone, in quello che è forse il primo grande esempio di suite alla Maiden, in cui riff, melodia, ritornelli e storie si incrociano e trascinano splendidamente.
Impostato il nuovo sound, è il momento dei capolavori: la title-track,
Run To The Hills e Hallowed Be Thy Name, inni metallici senza tempo, intervallati dalla saltellante
Gangland, che ricorda ancora gli esordi della Vergine di Ferro e da
Total Eclipse, che ci mostra una faccia dei Maiden approfondita ampiamente negli anni successivi.
Capolavoro assoluto, dunque. Tre tiri e tre centri per Harris e soci. La strada verso il mito è ancora all’inizio, ma questo disco rappresenta sicuramente il punto di svolta della carriera dei Maiden e del metal tutto.