“
In Dark Purity” vede l’esordio di
Jason Avery, sostituto di
Corpsegrinder, passato ai
Cannibal Corpse, e bisogna ammettere che la sua prova non lo fa certo rimpiangere, anzi.
Jason Avery è un’ugola veramente animalesca e profonda che ben si adatta a quello che è il disco più brutale e diretto della prima parte di carriera dei
Monstrosity, per intenderci quella che chiude gli anni ’90.
Il sound è meno strutturato e cervellotico rispetto a “
Millennium”, ha forme più concrete e immediate, che fanno dell’impatto e della brutalità il loro trademark, anche se ciò non si traduce in un disco da assalto all’arma bianca
tout court. D’altronde basta ascoltare pezzi come “
Suffering To The Conquered” o la bellissima “
The Angels Venom” per capire ciò che voglio dire.
La varietà è sempre un pregio in un disco brutale e se questa non può essere raggiunta col songwriting o con soluzioni tecniche va quantomeno implementata a livello di mood. Sul punto ascoltate il finale di “
Dust To Dust”, che è quasi insostenibile per intensità e violenza sonora.
Musicalmente sono ancora presenti reminiscenze thrash degli inizi degli anni’90, come in “
Perpetual War”, che anticipano il tributo finale, con la cover di “
Angel Of Death” degli
Slayer, tutto ciò in controtendenza rispetto al momento storico, un 1999 nel quale il death metal d’ordinanza è tecnico, brutale e iperprodotto.
Tra i difetti del disco, oltre al fatto di essere tecnicamente inferiore ai primi due dischi, con meno personalità, c’è il fatto che è forse un po’ troppo lungo, 10 minuti abbondanti oltre la durata media dei dischi di inizio anni ’90. Ad allungare il brodo, se così si può dire, un intro orchestrale, “
The Hunt”, e un outro in salsa doomish, “
The Pillars Of Drear”, oltre ovviamente la cover degli
Slayer.
“
In Dark Purity” è a tutti gli effetti un buonissimo disco, ma i capolavori dei
Monstrosity vengono cronologicamente prima di questo.