Se non avete mai sentito questo album, inutile dirvi che è davvero ora di correre ai ripari, perché questo, a mio parere, è il disco che consegna i Led Zeppelin al mito, consacrando un modo di fare musica fino ad allora sconosciuto.
Basterebbe l’opener
Whole Lotta Love a giustificare i soldi spesi per l’acquisto: riff senza tempo, parte centrale splendidamente psichedelica e affondi finali che sembrano cannonate. Gli umori altalenanti di
What Is And What Should Never Be portano al rock scanzonato di
The Lemon Song, prima della delicata
Thank You, altra song da annoverare tra i grandi classici della band.
Se già fin qui le cose sembrano andare alla grande, quello che accade dopo è addirittura superiore:
Heartbreaker ci riporta all’anima più hard degli Zep, con Plant in grande spolvero e Page che si prende l’onere di condurre un solo memorabile nel break centrale. Subito dopo
Living Loving Maid arriva come uno sberlone a farci saltellare senza sosta, mentre
Ramble On è una ballata acustica piena di colori, che però mostra ancora una volta quanta fatica faccia il dirigibile a trattenere la voglia di picchiare duro. Con
Moby Dick arriva per Bonzo il momento di passare alla storia grazie ad un assolo che tutti dovrebbero aver imparato a memoria alla School Of Rock, incastonato in una splendida canzone strumentale. Si chiude con un omaggio alle radici blues, anima dello Zeppelin sound:
Bring It On Home è una di quelle song che non si dimenticano e che possono regalare una fedelissima fotografia di quello che questi quattro ragazzi erano in grado di fare.
Negli anni seguenti la band dirà ancora tante, tante cose, scrivendo nuove pagine memorabili della storia del rock. Ma questo album rappresenta la svolta: qui la band ha manifestato con estrema chiarezza l’intenzione di sconvolgere il mondo.
Discone eterno: se volete bene al rock e a voi stessi non potete non averlo.
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