Musica sinistra e allo stesso tempo straordinariamente accessibile, che si muove agilmente tra (industrial) metal, gothic, dark e contagiose soluzioni elettroniche, questo è quello che troverete in “Rehabilitation”, prima release ufficiale per i finnici Sin:Decay.
Come dite? Niente di nuovo? Ebbene sì, è vero, abbiamo a che fare con un altro gruppo che alla fine ricorda in maniera assortita quanto già espresso da Rammstein, Moonspell, ultimi Paradise Lost, The Kovenant, Deathstars, e perché no, pure Marilyn Manson e Nine Inch Nails, ma diciamo anche che lo fa mantenendo un livello qualitativo piuttosto alto, senza distinguersi per particolare originalità ed evidenziando altresì un pizzico d’eccessiva ripetitività nelle strutture, eppure avendo il merito di saper conquistare i sensi degli appassionati del settore in virtù di una cospicua competenza specifica e di un certo gusto nelle citazioni dei già elencati “maestri d’espressione”.
Avviene, così, che le atmosfere inquietanti, morbose e assai infettive di “We are all slaves”, “Deathlike addiction”, “Cold dead skin” e “Give it away” entrino quasi involontariamente “in circolo” in maniera repentina, nonostante il “cervello” sappia perfettamente che si tratta di un tipo di “sostanza” assolutamente non inedita e che non spiacciano nemmeno le cadenze più fisiche e Rammstein-iane di “Celestial revulsion” o quelle maggiormente “sperimentali” e Reznor-esque di “C7618K76”, il tutto orchestrato dal “gran cerimoniere” Xind, dotato di una voce che sembra aver “carpito” a Ribeiro, Manson, Lex Icon e Lindemann il segreto di quella malvagia decadenza che tanto affascina.
Se Vi piacciono queste cose, provate ad ascoltarli e, forse, com’è successo a me, Vi troverete a considerare i Sin:Decay poco di più che dei capaci (e scaltri) “replicanti”, proprio mentre, quasi senza accorgervene, sarete “costretti” a premere per l’ennesima volta il tasto play del lettore Cd.
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