Copertina 8

Info

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Anno di uscita:1991
Durata:76 min.
Etichetta:Geffen Records

Tracklist

  1. CIVIL WAR
  2. 14 YEARS
  3. YESTERDAYS
  4. KNOCKIN’ ON HEAVEN'S DOOR (BOB DYLAN COVER)
  5. GET IN THE RING
  6. SHOTGUN BLUES
  7. BREAKDOWN
  8. PRETTY TIED UP
  9. LOCOMOTIVE
  10. SO FINE
  11. ESTRANGED
  12. YOU COULD BE MINE
  13. DON’T CRY (ALTERNATE LYRICS)
  14. MY WORLD

Line up

  • Axl Rose: vocals
  • Slash: guitar
  • Izzy Stradlin: guitar
  • Duff McKagan: bass
  • Matt Sorum: drums
  • Dizzy Reed: keyboards

Voto medio utenti

Chi ha vissuto gli anni 80 sulla propria pelle, respirandone odori e sensazioni, sa benissimo che c'è stato un "prima ed un dopo" rispetto ad "Appetite For Destruction". Fino a quel momento, la via maestra per il successo nel mondo hard rock/metal era costituita da un percorso quasi obbligato: un suono urgente gestito da un look accattivante, il tutto possibilmente condito da un'abbondante infiltrazione melodica, passepartout indispensabile per qualsiasi tipo di ambizione su larga scala commerciale. I Guns'n'Roses hanno sovvertito le regole del gioco, ergendo l'offensiva musicale a "stile di vita" e subendo inizialmente l'ostracismo da parte dei mass media, a loro volta poco propensi nell'esaltare storiacce di "sesso droga & rock'n'roll" come modus operandi nel mondo patinato degli Eighties.
Visto a posteriori, "Appetite For Destruction" può essere considerato anche il viatico per la rivoluzione di Seattle che, di lì a poco, avrebbe raso al suolo intere generazioni di gruppi dal mascara facile e dal coretto ruffiano. Non tanto a livello stilistico, quanto nell'ispirazione "neorealista", esattamente opposta rispetto all'universo hair metal.

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Non si pensi però a tappeti rossi stesi al passaggio di Axl Rose e soci, perché il 33 giri raggiunge il primo posto della classifica di Billboard circa un anno dopo la sua uscita, esattamente quando "Sweet Child Of Mine" viene pubblicato come singolo/videoclip, frequenziando prepotentemente le sue eteree note presso la quasi totalità delle radio/televisioni USA. L'esplosione tardiva dell'album (35 milioni di copie vendute), ed un consenso spropositato rispetto alle previsioni, spingono temporalmente in avanti l'uscita del suo successore. Sarebbe meglio dire dei "suoi successori", visto che la band opta per ben due doppi album, composti rispettivamente da 16 e 14 tracce. Inizialmente la Geffen si dichiara contraria ad una simile operazione, definendola "un suicidio commerciale", ma ormai sono i Guns'n'Roses ad avere il coltello dalla parte del manico, così il colosso discografico deve fare buon viso a cattivo gioco. "Ricordo perfettamente", per citare il motto di un celebre critico rock italiano, la febbrile attesa che caratterizzò "Use Your Illusion", tra anticipazioni live ed un mainstream che iniziava a venerare la band alla stregua dei nuovi Aerosmith. Axl e Slash diventano improvvisamente i nuovi "gemelli tossici", usurpando il poco invidiabile scettro ai miracolati Steven Tyler e Joe Perry. Ed a proposito di eccessi, viene accompagnato alla porta il batterista Steven Adler, talmente "fuori di testa" da mettere in imbarazzo persino gli altri quattro della band. Al suo posto viene ingaggiato Matt Sorum, proveniente dai The Cult del celebrato "Sonic Temple", e contemporaneamente entra in formazione anche il tastierista/pianista Dizzy Reed. Confermato il produttore Mike Clink, "Use Your Illusion" parla un linguaggio meno crudo rispetto all'epocale predecessore, e d'altra parte certe scelte erano già state sviscerate dall'esecuzione in sede live di alcuni dei 30 brani che vanno a comporne l'eterogeneo mosaico.

La tosta "You Could Be Mine" ad esempio, scelta come primo singolo soprattutto perché contenuta nella colonna sonora del "blockbuster" Terminator 2 con Arnold Schwarzenegger. Oppure la straordinaria "Civil War", sinfonia epic-rock di matrice western, introdotta da una melodia "Morriconiana" ed interpretata con evidente trasporto da Axl Rose. Slash maneggia la sua guitar con una maestria da insospettabile Dio sudista, confermando l'ampio spettro di manovra dei "Gunners" rispetto alla folta concorrenza dell'epoca.
E poi diciamola tutta: nemmeno una ballad dal sublime incedere orchestrale quale "November Rain" sarebbe stata concepibile tra le selvagge praterie di "Appetite For Destruction". Il brano è l'apoteosi del rosso cantante, che si siede anche al piano come i più grandi cantastorie del rock, e viene accompagnato da un videoclip che avrebbe poi letteralmente furoreggiato tra i milioni di fans del gruppo (e non solo). Due le cover sparse nella "giungla" dell'Illusione, ma si tratta di versioni "pesanti", perché "Live And Let Die" di Paul McCartney viene opportunamente indurita senza celare l'alone di mistero da soundtrack di 007 (appunto Vivi E Lascia Morire con Roger Moore), mentre la loro "Knockin' In Heaven's Door" originariamente firmata Bob Dylan, dopo la cura energizzante di "Use Your Illusion" diventa ancora più famosa dell'originale. Curioso il fatto che il gruppo scelga soltanto tracce "cinematografiche" come rivisitazioni, visto che "Heaven" faceva parte del film Pat Garrett & Billy The Kid del 1973. Singolare anche il fatto che la versione dei Guns sia a propria volta utilizzata a scopi "hollywoodiani", e compaia nella colonna sonora di Days Of Thunder (con Tom Cruise), circa un anno prima dell'uscita di "Illusion". Evidentemente è il segno che la band, da reietta e "sconsacrata" per il linguaggio scurrile di "Appetite For Destruction", diventa il simbolo regale del nuovo rock'n'roll giovane e rampante.

Non mancano provocazioni di "perverso" glam come quelle di "The Garden", in cui troviamo pure la beffarda voce di Alice Cooper, tornato sulla cresta dell'onda grazie ai riscontri calorosi riservati prima a "Trash" poi a "Hey Stoopid". I pezzi a firma Izzy Stradlin, considerato (a torto) dalla maggioranza come "secondo" di Slash, sono tra i più memorabili, vedi l'hard rock 70's di "Dust'n'Bones", lo sleaze di "Bad Apples" oppure l'irruente "Double Talkin' Jive". Ma il gruppo funziona bene anche quando le asperità si trasformano in dolcezza con la splendida "Don't Cry", un brano che, fin dalle sue melodiose intenzioni acustiche, non nasconde l'ambizione di ripetere i fasti di "Patience" (contenuta nell'EP "Lies"). I nove minuti di "Estranged" sono poi talmente avvincenti da passare in un batter d'occhio, ed Axl s'inventa una linea vocale tanto memorabile quanto inconfondibilmente Guns.

Spesso criticato nel corso dei decenni, anche a causa di scelte improntate all'egocentrismo più sfrenato, bisogna infatti riconoscere a Rose l'introduzione di una timbrica pressoché unica, in grado di caratterizzare da sola il "brand" del gruppo. Molto importante, nell'economia generale dei due album, il pianoforte battente di Dizzy Reed, una sorta di "terzo elemento" della sezione ritmica, che irrora di energia pezzi dall'indubbio impatto quali "14 Years" e "Pretty Tied Up". Certo, non mancano alcuni riempitivi, ma non credo che valga il discorso generalista del "sarebbe bastato un album solo": la peculiarità dell'operazione "Use Your Illusion" è infatti inscindibile dalla spiccata eterogeneità della proposta e, dopo quattro anni di assenza dal mercato (non considerando l'interludio del succitato "Lies"), la band vuole cimentarsi in una sfida che ben pochi hanno potuto affrontare nella storia del rock.

D'altra parte, la fase ascensionale dei Guns'n'Roses tra il 1987 ed il 1992 è decisamente breve, eppure letteralmente inarrestabile. Le pagine scritte dal gruppo non bruciano come code di meteora, anzi si parla di canzoni talmente belle da entrare nella loro quinta decade senza il minimo segno di invecchiamento. Tanto che la recente reunion si è rivelata uno degli "affari" più remunerativi del business recente. Al di là della scarsa forma vocale dell'attuale Axl, qualcosa vorrà pur dire: o no?

Recensione a cura di Alessandro Ariatti

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 03 dic 2009 alle 18:11

un seguito altrettanto fantastico

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