La Aftermath non sbaglia un colpo che sia uno.
Onestamente è un bel po' di tempo che ogni volta appena vedo sulla scrivania della redazione un pacchetto della label norvegese di Trondheim mi tuffo a pesce nello scartare freneticamente il tutto, lasciando da parte con sufficienza materiale di etichette ben più storiche e prestigiose.
Anche in questa occasione la nostra fiducia è stata nettamente ripagata, grazie al debut album degli svedesi In Mourning, che dopo una lunga ma efficace gavetta fatta di parecchi demo, giungono al sospirato debut album intitolato "Shrouded Divine", che dimostra una maturità compositiva stupefacente, segno che molte etichette farebbero meglio ad aspettare un po' prima di mettere sotto contratto i primi sfigati con la chitarra in mano di turno con la vita media di un lampo.
Essendo in casa Aftermath, la musica non può che essere di stampo depressivo, così come ogni release di questa etichetta, e per la precisione stavolta si tratta di un death progressivo il giusto e piuttosto variegato, a volte maggiormente intricato, altre decisamente più melodico e diretto, mai smielato od eccessivamente ruffiano come capita a volte in tentativi del genere.
"Amnesia", la seconda traccia del lotto, in effetti picchia giù sodo, puntando più sulla violenza che sull'atmosfera, ma l'iniziale "Shrouded Divine", con il suo riffs candlemassiano ci restituisce degli In Mourning straordinariamente doom, per poi ripartire a tutta velocità con degli ottimi inserti melodico-progressivi che impreziosiscono in maniera eccelsa il tutto, facendo volare via in un attimo gli oltre 7 minuti di durata, e come presentazione direi che non potremmo desiderare di meglio.
Il meglio arriva invece con "In the Failing Hour", un gioiello di nero death doom, ed è vera disperazione quella che emerge dalle note strazianti e dalle urla lancinanti di Tobias Netzell, praticamente perfetto sia nelle classiche urla estreme, dal growling più profondo allo scream di influenza black, che negli strepitosi interventi con le clean vocals, sebbene molto limitati rispetto alla media del genere: in ogni caso una potenziale "hit" in uno stile che davvero difficilmente propone capitoli così in evidenza rispetto al resto del disco.
"By Others Considered" ci introduce nel proseguio del cd, generalmente molto tirato e veramente radicato nel death metal, eccezion fatta per l'eccezionale doppietta "The Black Lodge" e "Past October Skies", sicuramente i migliori brani dell'album, in cui il death viene miscelato a perfezione con elementi melodico/atmosferico/depressivi, richiamando alla mente quel capolavoro a nome "Ashes Against the Grain" degli statunitensi Agalloch e le parti più angoscianti dell'immortale "Brave Murder Day" dei Katatonia che furono, con assoli epici e lancinanti a suggellare tutta l'intensa drammaticità del brano, veramente fantastico.
Dopo i The Fall of Every Season, la Aftermath ci regala un'altra perla fantastica che ci sentiamo di raccomandare a tutti gli amanti della sofferenza fatta musica.