(20 agosto 2011) XVII Agglutination Metal Festival - 20 Agosto 2011 (Chiaromonte, Potenza)

Info

Provincia:PZ
Costo:15 €
In un torrido 20 agosto 2011 va di scena la diciassettesima edizione dell’Agglutination, il festival metal più famoso e longevo del sud Italia che, nonostante tali credenziali, quest’anno ha seriamente rischiato di scomparire.

Al di là della difficile congiuntura economica e di questa maledetta crisi che sembra non finire mai, quest’anno il taglio dei finanziamenti da parte della Regione Basilicata e di altri enti istituzionali ha causato più di un grattacapo allo storico organizzatore Gerardo Cafaro, nonostante i suoi continui appelli (anche a mezzo stampa e su internet) volti a non far morire un evento che si è costruito un buon nome nel corso del tempo.

Come forse qualcuno già saprà, tali enti hanno preferito sostenere economicamente le sagre locali e la costruzione di chiese ed enti ecclesiastici piuttosto che una manifestazione del genere, e così ci si è trovati a lungo spiazzati, fino ad arrivare a circa due mesi prima della data della manifestazione, con l’annuncio che l’Agglutination si sarebbe tenuto lo stesso, anche se in tono leggermente minore e col ritorno al paese natio, Chiaromonte (abbandonando quindi lo stadio di Sant’Arcangelo, sede delle edizioni svoltesi tra il 2007 e il 2010).

Senza scendere troppo in digressioni circa le scelte dei politici e quant’altro, è quantomeno assurdo pensare che un festival che ha ospitato bands del calibro di Overkill, Destruction, Dark Tranquillity, Dismember, Gamma Ray, Iron Savior, Virgin Steele, Cannibal Corpse, Marduk, Korpiklaani, Vader, UDO, più il meglio della scena metal italiana, possa rischiare di scomparire da un anno all’altro, ma alla fine la cosa che più interessa a tutti noi amanti di questo fantastico genere musicale è che ci ritroviamo ancora qui oggi, a parlare di una nuova edizione!

Come era anche lecito aspettarsi, le oltre 1000 presenze della precedente edizione oggi sono un miraggio, tant’è che possiamo dire subito che alla fine si registreranno circa 400 presenze, nonostante si sia passati dai 25 euro del prezzo del biglietto edizione 2010 ai 15 euro di quest’anno. Inutile dire che gli onori vanno solo ed esclusivamente ai presenti alla manifestazione, i quali anche quest’anno hanno dato fiducia a quest’evento, mentre mi chiedo tutti gli altri che si definiscono amanti di questa musica, assenti quest’anno, cosa avranno potuto fare in un sabato sera di agosto, magari avranno speso i loro 15 euro per ascoltare qualche cover band in un piccolo locale o peggio ancora li avranno sperperati in qualche discoteca.

Direi che mai come quest’anno si è capito chi davvero ha a cuore le sorti di questo festival, al di là dei nomi chiamati a suonare e della location (che senz’altro però è difficile da raggiungere, questo per correttezza va ribadito).

Con un leggero ritardo rispetto all’orario di inizio, attaccano per primi a suonare gli STIGE, band death metal tarantina, o come si definiscono gli Stige stessi, "DEATH BLOODY ROLL"! Ad un primo ascolto risalta subito il cantato gutturale e cavernoso di Marko al microfono, che tra una strofa e un’altra è protagonista di un continuo headbanging sul palco, così come i musicisti della band. I tre pezzi suonati tuttavia scorrono via che è un piacere, anche magari per chi non è avvezzo a tali sonorità, sulla falsariga di Devourment, Disgorge, Napalm Death, primi Carcass e tutto il marciume possibile ed immaginabile! Ovviamente sia per colpa del caldo che per il delicato ruolo di "opener" della manifestazione, sotto al palco si ritrovano giusto un centinaio di persone, ma la risposta da parte del pubblico presente è piuttosto positiva e gli applausi per i pugliesi al termine della loro prova non mancano.

A seguire si esibiscono gli AURA, band progressive campana di Sapri (Salerno), che purtroppo viene penalizzata per la lunga durata dei suoi brani, al punto che invece di tre ne riusciranno a suonare solo due, per problemi di tempo. Il primo pezzo è "At opened eyes", splendido episodio di puro prog metal con una parte centrale davvero da brividi tra cambi di tempo, melodie azzecatissime e riffoni metallici degni dei Dream Theater dei vecchi tempi andati. A seguire poi "The glorious day", pezzo più orientato sulle sonorità dei gruppi progressive anni ’70 stile Genesis, Rush e simili. Molto pulito il sound della band ed efficace il cantato melodico e ben impostato del batterista-cantante Giovanni Trotta, così come va rimarcato l’egregio lavoro svolto in piena sincronia da basso e chitarra (anche se il suono della chitarra risulta alquanto ridimensionato e posto in secondo piano rispetto al resto) e la tastiera di Francesco Di Verniere, che però per larghi tratti come detto tende a coprire il suono della chitarra. In ogni caso una band molto valida, da seguire con attenzione per il futuro. Nota di colore: il bassista per tutta l’esibizione suona a piedi nudi sul palco!

La terza band a calcare il palco dell’Agglutination è quella vincitrice del contest per i complessi emergenti, ossia i TYRANNIZER ORDER, da Massafra (Taranto). Il loro black metal è letteralmente cattivo e brutale, in pieno stile Marduk, Dark Funeral e dintorni, dunque nessuno spazio alla melodia o ad aperture più ariose, se non per qualche breve stop and go, dove comunque a dominare la scena è la coppia di chitarre, con basso e batteria a seguire il resto della band come un vero rullo compressore, creando un muro sonoro volutamente caotico e confusionario (forse anche troppo a dire il vero, facendo perdere non poco in quanto a potenza ed impatto, ma tant’è). E’ ovvio che questo genere o si ama o si odia, per cui l’audience si divide tra chi sembra apprezzare e li osserva con interesse nelle prime file della platea e chi invece segue in maniera molto più distaccata questo gruppo. La voce di A.K.C. Wolflust in pratica è quella di un indemoniato, anche se a mio avviso ogni tanto eccede troppo in ghigni e risate malefiche, che però di malefico a conti fatti hanno poco.. In ogni caso si dà un gran da fare sul palco, ed ha una buona presenza scenica. Spesso inoltre annuncia i brani in scaletta con dei lunghi discorsi, in particolare all’inizio della performance, con la consueta "Proclamation 666", e prima della conclusiva e violentissima "Steel Caps".

Come nella miglior tradizione dell’Agglutination, si alternano sulle assi da palcoscenico anche formazioni totalmente diverse tra loro, e così dopo il ferale black dei Tyrannizer Order, è la volta dei PTSD (Post Traumatic Stress Disorder), formazione alternative-metal con reminiscenze progressive, proveniente da Grottammare (Ascoli Piceno), che in questi mesi tra l’altro sta registrando il nuovo album con Marco Minnemann alla batteria. La loro esibizione è molto energica e consiste di tre pezzi di buon Post-Metal, e segnalo in particolare la seconda "Reason Today" e ancora di più la successiva "Suicide Attitude", davvero entusiasmante e molto apprezzata anche dal pubblico, divenuto nel frattempo più folto. Purtroppo anche loro vengono penalizzati dallo scarso tempo a disposizione, per la delusione di parte dei presenti, che alla fine invocano ancora un altro brano.

Con il sole ormai quasi al tramonto, salgono sul palco i lombardi NODE, grazie ai quali i fans si riscaldano per davvero, iniziando (finalmente, aggiungerei!) a far intravedere i primi segnali di pogo già a partire dall’iniziale "The white is burning", con il cantante Jack che chiama a raccolta tutti i presenti, forse un po’ troppo distratti dagli ottimi panini con la salsiccia locale, dalle bibite, dagli stands pieni di cd, dvd, gadgets e quant’altro. La band in ogni caso è in ottima forma, nonostante la defezione all’ultimo momento a causa di un incidente di Andrea "Attila" Caniato alla chitarra, con Gary D’Eramo alla chitarra superstite che così deve farsi carico di tutte le partiture, appoggiato dall’ottimo lavoro svolto dal basso di Gabriel Pignata e dalla batteria di Pietro Battanta, e sforna un pezzo più potente dell’altro, scatenando un continuo headbanging che a tratti sfoga in un pogo furioso, che miete le prime vittime nelle primissime file! A metà esibizione i Node eseguono una famosa cover, ossia "Rebel Yell" di Billy Idol, contenuta nel loro ultimo album "In The End Everything is a Gag", suonata ovviamente alla loro maniera, con il ritornello cantato anche dai presenti. Da segnalare il feeling subito creatosi col pubblico dell’Agglutination, che recepisce ogni richiamo da parte della band e che esulta in un boato di approvazione agli insulti verso la Lega Nord scagliati da parte di Jack e Gary D’Eramo prima di "Shotgun Blast". Finale affidato a due autentiche bombe al cianuro, ossia “As God Kills” (title-track del loro penultimo album), durante la quale tra i fans si scatena un wall of death niente male, e "Das Kapital", canzone breve ma molto veloce e intensa, che dà il nome a quello che tuttora per me è il loro disco migliore, pubblicato nel 2004. Termina qui la prestazione dei Node che salutano tutti con un goliardico "W LA FIGA!". Per chi scrive (e da quello che ho sentito dire dopo il concerto, non solo per il sottoscritto) sono stati i migliori quest’oggi, assieme agli headliner Bulldozer. Dunque complimenti a scena aperta e applausi meritatissimi per questi ragazzi.

As God Kills + Das Kapital




Setlist:
The White Is Burning
New Order
Shotgun Blast Propaganda
Rebel Yell
Watcher Of A New Generation
As God Kills
Das Kapital



Salutati i Node, il telone nero con la scritta "Bombers Bergen" ci preannuncia per l’appunto i BOMBERS, la cover band norvegese degli storici Motorhead, guidata da Abbath, leader degli Immortal, con un look che più motorheadiano non si può, in pratica sembra un clone di Lemmy, e non solo per l’aspetto e l’abbigliamento ma anche per il timbro di voce che è praticamente identico all’originale come possiamo notare subito fin dall’iniziale "Bomber", per passare in rassegna poi tutto il meglio (o quasi) della storica formazione britannica, da "Iron Fist" a "Orgasmatron", da "No Class" a "Overkill", senza trascurare il più recente e stupendo album "Inferno" dal quale viene pescata la trascinante "In the name of tragedy". Conclusione affidata, come tutti si aspettavano, all’immancabile "Ace of spades" che scatena il pogo di un pubblico che, a dispetto delle mie attese, segue in maniera più tranquilla del previsto la prova di questi norvegesi. Abbath si muove con grande scioltezza sul palco con le sue tipiche movenze che per qualche istante ci danno quasi l’illusione di vederlo in azione con i suoi Immortal e intrattiene spesso i fans con il suo inglese che, a dire il vero, in certi tratti risulta di difficile comprensione. Dal canto loro il chitarrista Tore (ex-Old Funeral) e Pez alla batteria non sbagliano un colpo e affiancano in maniera eccelsa la voce di Abbath-Lemmy. Si è discusso a lungo, anche sui forum internet, della scelta di questa cover band, ma io direi che a conti fatti, dovendo comunque attirare un minimo di persone a questo festival, nel caso di specie portando un nome storico della scena metal quale Abbath gli organizzatori hanno comunque azzecato la mossa, soprattutto in considerazione del fatto che gli stessi Bombers hanno soltanto richiesto il rimborso spese e che bene o male le canzoni dei Motorhead piacciono alla maggior parte dei rockettari-metallari.

Overkill:



Setlist:
Bomber
Iron Fist
Metropolis
I’m So Bad (Baby I Don’t Care)
The Hammer
Deaf Forever
No Class
Orgasmatron
In the name of tragedy
Overkill
Ace Of Spades



Siamo al penultimo gruppo della serata, i MAJESTY, power-epic band proveniente dalla Germania, attiva già da oltre un decennio ormai, che prima si faceva chiamare "Metalforce". Per toglierci subito il dente marcio, va detto che si tratta praticamente dei cloni dei Manowar, stesse pose, stessi testi infarciti all’inverosimile di warrior, blood, fire, steel, fight e argomenti del genere, lo stesso vocalist T. Maghary sembra un novello Eric Adams, come timbro di voce e come aspetto fisico, anche se le doti vocali del più famoso Eric ovviamente sono di un altro pianeta. Detto ciò, per questa volta devo fare una critica al pubblico dell’Agglutination, perché vedere centinaia di persone disinteressarsi completamente di questa che era comunque la penultima band della giornata e stare sdraiati a terra o cazzeggiare allegramente con gli amici è stata una scena oltre che imbarazzante, francamente indegna da vedere, soprattutto quando ci si lamenta in continuazione che qui è difficile portare artisti di un certo calibro ed organizzare eventi metal.

Per non parlare poi dei cori "Bulldozer! Bulldozer!" cantati da alcuni di questi soggetti verso la fine dell’esibizione dei Majesty, o ancora come non menzionare qualche altro deficiente che alla domanda del cantante “do you want more?” quando stavano per salire sul palco per il bis di rito, ha risposto con dei secchi “nooo!”. Tutto questo sempre per evidenziare che le tante belle parole che si sentono e si leggono anche online di fratellanza metal, di persone che si ritengono "open-minded" e che ascoltano "di tutto", perché secondo loro (a parole) il metal è bello perché è vario, sono soltanto chiacchiere, in quanto la realtà dei fatti spesso è quella che purtroppo si vede questa sera a Chiaromonte. Dal canto loro, i Majesty non sembrano importarsene più di tanto di questa situazione, e nonostante le scarse 100 persone presenti sotto al palco durante l’iniziale "Metal Law" ce la mettono davvero tutta e sfornano una prestazione eccellente sotto tutti i punti di vista. Maghary entra subito in contatto con gli aficionados presenti, i quali dal canto loro rispondono prontamente alle richieste della band di cantare e battere le mani, fino al punto di innescare addirittura un discreto pogo sulle note della potente e velocissima "Heavy Metal Battlecries". Lo show scorre via piacevolmente, con i tedeschi che ci regalano anche il nuovissimo brano "Own The Crown", uno degli inediti che compariranno sulla raccolta che porta lo stesso nome di questo brano, un doppio cd con il meglio dei Majesty in uscita il 2 settembre. Dopo la battagliera "Freedom Warriors", la band conclude la sua esibizione con la stupenda e massiccia "Hellforces", per poi concedere il bis con l’epica "Keep It True", che suggella alla perfezione un’ora di metal stereotipato alla massima potenza, ma suonato con grinta e passione, che meritava ben altro apprezzamento da parte di una fetta del pubblico presente. Va detto comunque che durante gli ultimi brani c’è molta più gente rispetto all’inizio della loro performance sotto il palco e, come detto in precedenza, eccezion fatta per alcuni commenti idioti, i Majesty hanno senz’altro sortito una buona impressione questa sera al pubblico dell’Agglutination.

Hellforces:



Setlist:
Metal Law
Hail To Majesty
Fields Of War
Reign In Glory
Own The Crown
Into The Stadiums
Heavy Metal Battlecries
Freedom Warriors
Hellforces
Keep It True



Intorno alle 23 è ora di ascoltare gli headliner della serata, una delle band metal italiane più importanti di sempre, nonchè una delle maggiori fonti di ispirazione per tante thrash metal bands ed anche extreme bands internazionali, i BULLDOZER da Milano. Anche se la formazione è parzialmente rinnovata rispetto a quella storica degli anni ’80, la carica è rimasta sempre la stessa, se non di più. Il sound è potente, corposo, massiccio, le due chitarre, il basso e la tastiera si amalgamano perfettamente tra loro, e sul palco inoltre non può mancare come nella migliore tradizione della band il pulpito insanguinato, dietro al quale un A.C. Wild in splendida forma, avvolto nel suo mantello simil-vampiresco, ha intrattenuto tutti con una presenza scenica d’altri tempi, e con le sue invettive contro politici, corruzione, social networks. Dopo una breve introduzione da parte della tastiera di G.C. (vestito con un saio da monaco!) apre le danze la title track del loro ultimo disco, quello della reunion nel 2009, "Unexpected Fate", trascinante pezzo di purissimo ed incontaminato thrash metal vecchia maniera, eseguito alla perfezione. Il resto è un susseguirsi di pezzi vecchi e nuovi,da "Bastards" (dedicata ai politici italiani odierni, definiti "disgraziati" da AC Wild!) a "Ilona the very best", dedicata come sempre alla mitica Ilona Staller ("Cicciolina", per quanti vivessero su un altro pianeta!), invocata a gran voce dal pubblico e da AC Wild, secondo il quale "quando c’era lei in Parlamento 20 anni fa era tutta un’altra cosa", proseguendo con "We are……italians" e "Micro VIP", quest’ultima dedicata "ai social networks che ci stanno rincoglionendo" come detto sempre dall’ottimo AC Wild dall’alto del suo scranno. Lo spettacolo va avanti tutto d’un fiato, senza il minimo cedimento da parte dei Bulldozer, con la coppia di chitarre formata da Andy Panigada e Ghiulz Borroni letteralmente infallibile e una sezione ritmica impressionante in quanto a potenza e precisione, con l’aggiunta di tastiere assolutamente non invadenti e che arricchiscono qua e là il sound della band. Altri pezzi forti della serata sono "The derby", con un’altra dedica al "calcio moderno corrotto" e la fulminea e pazzoide "Neurodeliri", title-track di quello che da molti viene considerato il loro capolavoro, datato 1988, che dal vivo risulta semplicemente devastante, finendo con l’eccezionale "Willfull death", con dedica speciale questa volta per Dario Carria, storico componente della band, purtroppo scomparso sul finire degli anni ’80. Si chiude qui il concerto di questa autentica macchina da guerra, con scroscianti applausi da parte del pubblico che incita più volte la band con cori di approvazione e che con Abbath che dopo aver assistito all’esibizione dei Bulldozer sotto alle transenne, sale sul palco a salutare i presenti assieme ai Bulldozer stessi, non prima di aver firmato autografi e fatto fotografie in mezzo al pubblico durante le esibizioni degli ultimi gruppi. Davvero un esempio per tanti true-evil-misanthropic-black metallers che invece spesso si comportano in tutt’altra maniera, così come sono un esempio da seguire questi Bulldozer, che dopo tanti anni di silenzio sono tornati da veri maestri del thrash metal, loro che hanno iniziato la propria carriera nella prima metà degli anni ’80, in contemporanea con i mostri sacri del genere, quali Metallica, Slayer, Kreator, Destruction.

Neurodeliri:



Setlist:
Unexpected fate
Use your brain
Heaven's jail
Ilona the very best
Bastards
The derby
Impotence
Neurodeliri
Minkions
We are......italian
Micro VIP
Whisky time
Willfull Death


Si conclude così questa 17esima edizione dell’Agglutination, sperando che non sia l’ultimo appuntamento con questo fantastico festival. Purtroppo è noto come da queste parti organizzare eventi che non siano sagre, serate da discoteca o di artisti pop e rap risulti sempre più difficile, tenendo anche conto del fatto che tanti cosiddetti ascoltatori ed amanti del metal magari preferiscono spendere 150 o 200 euro per andare a Milano, a Verona o a Udine a vedere i soliti triti e ritriti grandi nomi, quando magari vicino casa potevano continuare a sostenere un festival che quest’anno con soli 15 euro ha comunque dato grandi soddisfazioni a tutti gli appassionati di questa musica.

Lunga vita all’Agglutination!

Testo, foto e video a cura di Angelo D'Andrea

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Report a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 01 ott 2011 alle 16:09

grazie mille... adesso capite perchè dopo essermi fatto un mazzo tanto, ci tenevo che il Graz non si dimenticasse di pubblicarlo!!! speriamo che l'anno prossimo ci sia una nuova edizione!

Inserito il 01 ott 2011 alle 15:12

Grande Stein! Un bel report davvero! Peccato, cazzo, non esser potuto venire