(18 agosto 2012) Summer Breeze 2012 - DAY 4

Info

Provincia:AN
Costo:85 euro
18 AGOSTO

UNLEASHED

Archviato anche il terzo giorno del Summer Breeze, è tempo di raccogliere le ultime energie per il rush finale. La giornata conclusiva del festival inizia sotto al Pain Stage, dove è in programma l'esibizione dei vichinghi Unleashed. La formazione di Johnny Hedlund è un'istituzione in campo death metal svedese, e anche le ultime fatiche in studio testimoniano che nonostante il passare degli anni il gruppo è rimasto fedele alla linea e contemporaneamente ha mantenuto alto il livello dei propri album in studio. La temperatura è opprimente quando la band fa il proprio ingresso sul palco, guidata da un Johnny palesemente paonazzo in volto..se sia "merito" dell'alcol o del solleone non lo sapremo mai, di sicuro questo non inficia minimamente la resa del bassista/cantante e dell'intera macchina da guerra Unleashed: il leader infatti è autore di una prestazione vocale ineccepibile e oltre a questo interagisce molto con il pubblico, incitandolo più e più volte e riscuotendo consensi piuttosto timidi. D'altronde l'afa rende difficile qualsiasi movimento, e solamente grazie alle pompe d'acqua che la security riversa saggiamente sui presenti è possibile trovare un po' di refrigerio. Il Pain Stage è piuttosto affollato, ed il gruppo propone una setlist in grado di coprire buona parte della discografia targata Unleashed: "The Longships Are Coming", "Wir Kapitulieren Niemals", "Hammer Battalion", "Black Horizon" e "Unleashed", senza tralasciare l'ultimo "Odalheim" rappresentato da "Fimbulwinter", si sono succeduti con estrema naturalezza e hanno lasciato visibilmente soddisfatti band e pubblico, che ha supportato se non altro battendo le mani e alzando le corna al cielo il gruppo sul palco. Gli Unleashed vanno quindi di diritto ad infoltire la schiera di ottime esibizioni che il Summer Breeze ha finora offerto. Ma la giornata non è ancora finita...



SEPULTURA


Nel tragitto di ritorno verso il Party Stage decido di fare una sosta per vedere in azione i Sepultura sul Main Stage. Personalmente la band ha esaurito quel che musicalmente aveva da dire nel lontano 1996, ed il fatto che i fratelli Cavalera non siano più in formazione da un po' di tempo a questa parte mi ha sempre spinto a considerare questa incarnazione del gruppo come una bruttacopia dei Sepultura "originali". I dischi in studio post "Roots" mi sono tuttora indigesti, ma si sa che il metal è un genere che trova nelle esibizioni dal vivo la propria ragion d'essere, quindi ho voluto veder come Derrick Green e soci se la cavassero sul palco. Devo ammettere che ci ho impiegato un bel po' a riconoscere l'iniziale "Beneath The Remains", brano dell'epoca d'oro targata Sepultura, e il motivo è presto detto: la prova del gruppo mi è sembrata approssimativa ( o forse l'audio della zone dove ero io era calibrato male..) e grossolana, tanto da rendere irriconoscibile un vero e proprio classico. Green, al di là delle indubbie capacità vocali, non mi è sembrato un frontman carismatico e non è riuscito a tenere in pugno il numeroso seguito di metallari che oggi stazionano davanti al Main Stage. Dopo due brani che non conosco, molto probabilmente pescati dalla recente discografia, decido che se volgio ascoltare i Sepultura è meglio mettere nello stereo i CD di "Arise", "Beneath The Remains", "Chaos A.D." o "Schizophrenia". Occhio non vede, cuore non duole..

INCANTATION



Gettata nel dimenticatoio la brutta prova dei Sepultura, continuo imperterrito la mia marcia verso il Party Stage dove è in programma l'esibizione dei blasfemissimi Incantation, e fin da subito è piuttosto evidente che il gruppo non potrà godere di un pubblico numeroso sotto al palco: non sono in molti infatti i presenti sotto il palco in attesa della band americana, ed è un vero peccato perchè come si potrà vedere tra poco il gruppo si renderà autore di un concerto furioso e maligno. Da segnalare l'assenza dietro la batteria di Alex Bouks, sostituito per l'occasione da Roger J. Beaujard dei Mortician. Dopo un soundcheck un po' problematico, gli Incantation iniziano la loro esibizione, riversando sul pubblico una colata inarrestabile di death metal cupo, maligno, blasfemo e brutale: la band, guidata dal carismatico John McEntee, si è imposta negli anni grazie al suo death metal sulfureo, contraddistinto da accordature bassissime e da canzoni che alternano sfuriate death metal a rallentamenti da lasciare senza fiato, tra armonici lancinanti, stacchi funerei e sulfurei e il growl cavernoso di McEntee che pare evocare Satana in persona. Un vero e proprio marchio di fabbrica che ha ispirato decine di formazioni e che oggi si è rivelato letale anche dal vivo, tra accelerazioni ignoranti e rallentamenti cupissimi da far cadere la testa a suon di headbanging. Non poteva certo mancare il cavallo di battaglia "The Ibex Moon", ma c'è persino il tempo per tributare i Mortician del drummer Beaujard con un brano dei macellai americani. Il pubblico presente si è dimostrato un po' troppo freddo e, tranne che nelle primissime file, non si è fatto coinvolgere più di tanto dal concerto degli Incantation, che dal canto loro non hanno fatto troppe storie e hanno letteralmente spaccato tutto. Spiace solo che la scarsa affluenza e la poca partecipazione non abbiano reso giustizia a un concerto così convincente sotto ogni aspetto.

CATTLE DECAPITATION




Un po' di pausa all'ombra, una birretta ed il Party Stage è ancora una volta pronto ad accogliere una nuova esibizione: questa volta tocca ai californiani Cattle Decapitation, che avevo già avuto modo di vedere dal vivo di spalla ai Suffocation questo inverno. La band guidata dal pazzoide Travis Ryan è fresca del nuovo "Monolith Of Inhumanity", ed infatti l'apertura è affidata a "The Carbon Stampede" che mette sin da subito le carte in tavola: il death/grind schizzato dei Cattle Decapitation è affilatissimo e la band, precisa come una macchina a partire dall'inumano drummer David McGraw, mette in campo tutta la sua energia ed esperienza. Certamente la parte del leone la fa Ryan, che regala una sequenza di espressioni da malato mentale, con tanto di sputi in aria, giochi di saliva, scapperamenti e altre schifezze simili, ma anche il chitarrista Josh Elmore non sta fermo un secondo e martoria la sua chitarra. Nonostante la sua natura poco immediata, la musica della band sembra fare presa sul pubblico che si fa sentire caloroso per tutti i 40 minuti di esibizione, durante i quali i Cattle Decapitation danno ampio spazio all'ultima fatica in studio con pezzi come "A Living, Breathing Piece of Defecating Meat", "Lifestalker", "Kingdom Of Tyrants", "Your Disposal", "Forced Gender Reassignment" e "Projectile Ovulation". Pur non essendo un fan del gruppo, è impossibile rimanere inerme di fronte all'energia che i californiani sanno sprigionare sulle assi del palco ed il fatto che sotto al Party Stage il pubblico sia abbastanza numeroso ne è una ulteriore conferma. Bestiali.

Setlist:


The Carbon Stampede
A Living, Breathing Piece of Defecating Meat
???
Forced Gender Reassignment
Your Disposal
Do Not Resuscitate
Lifestalker
Regret & the Grave
Projectile Ovulation
Kingdom Of Tyrants

SHINING

Nell'attesa di gustarmi lo show degli Asphyx, decido di dare un'occhiata anche agli Shining, di cui ho sempre sentito parlare molto bene ma che ahimè non ho mai approfondito. Mi erano giunti i racconti delle prodezze del singer Niklas Kvarforth, un uomo che definire problematico è dire poco, ed ero curioso di vedere quanto ci fosse di vero in quelle voci. Giunto a concerto ormai avviato, non rimango particolarmente colpito dalla proposta del gruppo, un depressive black metal aperto a varie influenze: certo è difficile dare un giudizio basandosi su una performance live, ma per quel che ho sentito oggi gli Shining non mi hanno lasciato poi molto. Il fulcro della band è senza dubbio Niklas, che a petto nudo si "diverte" a molestare i suoi compagni di band mentre suonano, toccando loro gli attributi e cose del genere. Il tempo scorre e la band probabilmente non se ne rende conto, tant'è che il loro concerto terminerà con 15 minuti di ritardo e con il singer che abbandona il palco ben prima che la band finisca l'ultimo pezzo. Mi ha fatto parecchio ridere l'atteggiamento ostentatamente misantropico di Kvarforth, che annunciando la conclusiva "Förtvivlan, min arvedel " ha detto qualcosa tipo "beh se adesso vi aspettate che io vi ringrazi di essere venuti qui a sentirci o cose del genere, vi sbagliate. Io vi odio tutti, andate a fare in culo". Evidentemente era necessario rimarcare la sua "attitudine" altrimenti la sua figura ne sarebbe uscita svilita. Ad ogni modo la prestazione del gruppo è stata professionale ma come detto non mi ha colpito particolarmente. Forse dovrò dare una chance agli Shining ascoltandoli prima su disco.

Setlist:

Låt oss ta allt från varandra
Vilseledda barnasjälars hemvist
Yttligare ett steg närmare total jävla utfrysning
Människa o'avskyvärda människa
Ohm (Sommar med Siv)
(Seigmen cover)
Submit to Self-Destruction
Förtvivlan, min arvedel

ASPHYX



Preoccupato che il ritardo accumulato dgli Shining non venga sottratto agli olandesi Asphyx, attendo fiducioso l'ingresso di Martin Van Drunen e soci sul Party Stage. Dopo il soundcheck di rito per mano della band stessa, l'intro "The Quest of Absurdity" preannuncia l'ingresso degli olandesi sul palco, che come era prevedibile attaccano subito con un pezzo da 90 a nome "Vermin": l'ugola scartavetrata di Van Drunen è qualcosa di indescrivibile, e conferma che se Babyface ha segnato in maniera così profonda la storia del death metal un motivo ci sarà. Ma non è solo lui l'anima della band: Paul Baayens si esibisce in headbanging senza tregua e in pose plastiche da showman consumato, mentre anche il bassista Alwin Zuur, anche se più composto, non si risparmia in presenza scenica. Gli Asphyx sono ormai un baluardo del death metal vecchia scuola, ed anche la setlist rispecchia appieno la loro attitudine: questa sera il gruppo propone una carrellata dei suoi brani più noti, come "Vermin", "M.S. Bismarck", "Scorbutics", "Wasteland Of Terror" o "Into The Timewastes", tutte rese con una carica distruttiva incredibile, segno che la band il death metal ce l'ha nel sangue e ancora ci crede. C'è spazio anche per due brani killer dalla recente discografia firmata Asphyx, ovvero "Deathhammer" e "Death The Brutal Way", incastrate perfettamente all'interno della scaletta. La gente che segue lo spettacolo è veramente tanta, e acclama a gran voce sia la band sia Van Drunen, ormai una vera e propria icona del genere per cui i fan nutrono un affetto viscerale. C'è tempo per la immancabile e conclusiva "The Rack", brano che racchiude tutte le caratteristiche dell'Asphyx-sound, prima che il gruppo si congedi dal suo pubblico: la sensazione è che gli olandesi abbiano messo in piedi una performance fatta di passione, sudore, potenza e attitudine. Tutto quello che ci si aspetta da uno show death metal. Grandissimi.

Setlist:


The Quest of Absurdity
Vermin
Scorbutics
Into the Timewastes
M.S. Bismarck
Death the Brutal Way
Der Landser
Deathhammer
Wasteland of Terror
Forgotten War
The Rack

AMON AMARTH



La notte cala ed il Summer Breeze è alle sua battute conclusive, e giunge così il momento degli headliner: attesissimi da schiere di fans adoranti, fanno il loro ingresso sul Main Stage gli Amon Amarth guidati dal barbuto Johan Hegg. Il loro death metal battagliero non mi è mai andato molto a genio, eppure negli anni gli svedesi si sono costruiti un seguito veramente sterminato e la calca di gente che rende impossibile passare davanti al palco è qui a dimostrarlo. Coadiuvati da una scenografia imponente con tanto di fuoco e fiamme, gli svedesi hanno messo in piedi uno show epico e battagliero a suon di death metal, proponendo alcuni dei loro cavalli di battaglia: "Destroyer of the Universe", "The Fate of Norns", "Victorious March", "Guardians of Asgaard" e "For Victory or Death" sono i momenti salienti di un concerto certamente intenso e partecipato, in cui c'è spazio anche per i saluti da parte della band a un membro della crew che lascia il circo Amon Amarth. Il gruppo ha offerto una buona prova strumentale, trascinato dall'ugola di Hegg che ha tenuto in pugno le migliaia di persone che affollano il Main Stage per seguire l'esibizione dei vichinghi, che per quel che mi riguarda mi è però venuta a noia abbastanza presto, confermando che gli Amon Amarth non sono band per me. Nonostante i gusti personali, è innegabile che la formazione abbia messo in piedi uno show convincente e solido, in cui l'esperienza maturata dalla band è prepotentemente venuta a galla. Di certo i fan questa sera non sono rimasti delusi.

Setlist:

War of the Gods
Runes to My Memory
Destroyer of the Universe
Death in Fire
Live for the Kill
Cry of the Black Birds
The Fate of Norns
The Pursuit of Vikings
Under the Northern Star
For Victory or Death
Victorious March
Twilight of the Thunder God
Guardians of Asgaard

KATATONIA



Dopo la brutalità degli Amon Amarth, gli headliner del Pain Stage ci offrono una proposta diametralmente opposta: sono infatti gli svedesi Katatonia che chiudono le esibizioni sui palchi principali (come già detto, il Party Stage andrà avanti fino alle 4 del mattino), con la loro musica intima e malinconica. L'uscita del nuovo "Dead End Kings" è imminente, ma il gruppo guidato dall'ugola decadente di Jonas Renkse gioca sul sicuro proponendo una setlist imperniata sui più recenti successi degli svedesi: nonostante qualche iniziale problema tecnico con le basi (ogni pezzo termina con una specie di gracchio, che rovina certamente l'atmosfera), la band si propone compatta ed affiatata, soprattutto il batterista Daniel Liljekvist è un vero metronomo umano, con la coppia di chitarre Nystrom/Eriksson intenta non solo a suonare ma a mostrare anche la sua presenza scenica. La scaletta come detto propone i più grandi successi dei Katatonia degli ultimi anni, come "Forsaker", "My Twin", "Evidence" (cantata a squarciagola dai numerosissimi metallari presenti), "Soil's Song", "Teargas" o "July", ma non disdegna un estratto dal nuovo disco, ovvero l'inedita (per molti) "Buildings", che però non sembra aver convinto molto i presenti, apparsi non troppo entusiasti della nuova canzone. Ma basta che i Katatonia tirino fuori dal cilindro due classiconi che subito la battuta d'arresto pare dimenticata. Come sempre ottima la prestazione vocale di Renske, ormai tratto distintivo dei Katatonia che anche in sede live danno ampio spazio a parti pre-registrate e basi, cosa che un po' mi ha fatto storcere il naso ma che in fin dei conti è inevitabile, vista la natura stratificata e complessa che la produzione dei Katatonia ha raggiunto.
Il concerto si chiude sulle note di "Leaders", prima che i fuochi d'artificiio mettano la parola FINE a questo Summer Breeze. Un concerto intenso e toccante quello che i Katatonia hanno offerto stasera, degna chiusura di una 4 giorni di metal di altà qualità.

Setlist:

Forsaker
Liberation
My Twin
The Longest Year
Nephilim
Soil's Song
Teargas
Omerta
Evidence
July
Buildings
Leaders

Conclusioni



Nella valutazione generale di un festival come il Summer Breeze sono tanti i fattori che entrano in gioco, e le band con le relative prestazioni sono solo una parte di esso: occorre quindi valutare anche i vari servizi e strutture che il festival offre ai suoi partecipanti, in termini di cibo, svago, merchandising e altro. In termini di affluenza il Summer Breeze non può certo essere paragonato al Wacken o all'Hellfest, il che lo rende mediamente più vivibile rispetto ai succitati festival: l'area campeggio quindi, seppure sterminata, consente di occupare uno spazio vitale più che accettabile, senza quindi essere compressi tra mille tende nella smodata ricerca della massimizzazione degli spazi. Anche a livello di movida notturna la minore portata del festival gioca a favore: certo, gli instancabili festaioli ci sono e sempre ci saranno (i tedeschi hanno questa passione per gli accampamenti iper attrezzati dove trascorrere in alcuni casi l'intero festival, con buona pace delle band che si esibiscono sui palchi), ma al Summer Breeze si segnalano per essere meno casinisti e molesti, il che per chi vuole dormire notti tranquille è senz'altro una grande cosa. L'unico appunto che viene da fare riguarda la dislocazione di docce, lavandini e zona colazione, decisamente lontani da molte zone del camping e nel caso della zona colazione troppo poco numerosa per servire tutti i campeggiatori. Pollice su per le docce, chiuse e con acqua calda che consentono di lavarsi senza troppi patemi, anche se la fila per accedervi è nella maggior parte delle volte interminabile, come anche il giudizio sui bagni chimici sparsi in giro per il campeggio che sono puliti più volte al giorno e riforniti di carta igienica costantemente. Molto severi i controlli della security sia prima di entrare in campeggio con la propria auto (per verificare solo la presenza di vetro poi..) sia prima di accedere all'area concerti, ma bisogna dire che il personale non si è mai dimostrato scortese e molto spesso efficiente e veloce. A livello culinario la varietà di pietanze offerte è elevatissima: pizza (pessima),pasta, baguettes, pollo arrosto con patatine fritte, hamburger, panini con wurstel, kebab, panini, cucina vegetariana, pane all'aglio, crepes, caramelle, cucina cinese e indiana..quando si tratta di mangiare c'è solo l'imbarazzo della scelta! I prezzi sono onesti e si aggirano sui 4-5 euro, con porzioni spesso abbondanti, anche se la cosa dipende da stand a stand. Anche sul versante bibite c'è tutto quel che si possa desiderare: molti gli stand della birra, stand della Red Bull, stand di grappe fino a veri e propri cocktail bar, dove i prodotti costano abbastanza (6-8 euro) ma sono preparati da veri professionisti e assaggiandoli si sente subito. Come sempre vengono utilizzati bicchieri di plastica con vari design inerenti al festival e con cauzione di 1 euro, pertanto restituendoli i soldi della cauzione vengono restituiti altrimenti è possibile tenere il vuoto come simpatico ricordo. Immancabili ovviamente anche i numerosi stand di merchandising, ufficiale e non: non sarà lo sterminato Metal Markt del Wacken, ma state pur certi che tra gli stand della Season Of Mist, Napalm Records, Nuclear Blast, Kolony Records e mille altri spenderete un bel po' di soldi in dischi e magliette. La resa sonora dei vari palchi si è dimostrata sempre all'altezza in questa edizione e non ha penalizzato nessuna band, nemmeno quelle che si sono esibite nelle parti più basse del bill, con una precisione negli orari assolutamente perfetta come da usanza teutonica.
In generale quindi posso affermare che anche a livello organizzativo il Summer Breeze si è rivelato ottimo e ha consentito un'esperienza piacevole ed appagante ai suoi frequentatori. Infine una nota sul prezzo: 85 euro per 4 giorni, campeggio compreso, sono un prezzo molto basso, specie se rapportato ai servizi offerti dal festival. Io per il 2013 un pensierino ce lo farei...


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