Devo dire la verità, mi aspettavo molto ma molto peggio da questa nuova uscita dei
Megadeth, forse a causa dei non troppo convincenti brani che erano stati rilasciati per l’ascolto, forse a causa dell’effetto domino causato dall’ascolto di
Lulu e dalla storica
videorecensione del Graz, per cui già mi vedevo chino sul bidé a contro-recensire… Ed invece, al tredicesimo disco in studio, lo zio Dave riesce almeno a salvare la faccia, buttando giù un dischetto tutt’altro che imprescindibile, ma allo stesso tempo non proprio da buttar via.
Aiutato da una bella produzione moderna, e da una sezione ritmica che suona dannatamente bene (grande prova di
Shawn Drover dietro le pelli, e un suono pieno e potente del basso di
Ellefson, che lo scrivente considera uno dei migliori bassisti in giro quanto a “palle”), Mustaine e soci infilano tredici brani di onesto heavy metal ‘
alla Megadeth’, di cui però una buona metà sono pezzi evitabilissimi, se non proprio brutti. Niente di indecente, intendiamoci, ma dopo la buona tripletta d’apertura (“
Sudden Death”, “
Public Enemy n°1”, “
Whose life”) l’album si accomoda su mid tempo dalle linee vocali strasentite, a cui le bordate chitarristiche del sempre bravo (ma a volte un po’ troppo prolisso)
Chris Broderick stanno così e così, creando una sensazione di stantio e di poco ispirato. Dentro “
Th1rt3een”, per fortuna, ci sono però momenti in cui Dave e soci rispolverano la loro storia, e riescono a far quadrare il cerchio, come nella cattiva “
Wrecker” o nell’omonimo brano in chiusura, in cui il rosso più famoso del metal racconta in pratica la storia della sua vita, le sue cadute e le ripartite.
Con i Megadeth vale il discorso che abbiamo già fatto mille volte con tutti i grandi gruppi, quelli che hanno una storia alle spalle che pesa come un macigno: scordatevi i fasti del passato, il tempo trascorre e la creatività di un uomo è spesso influenzata da mille cose. Scrivere metal con le contropalle, secondo il sottoscritto, riesce decisamente più facile a vent’anni, quando l’entusiasmo e la freschezza ribelle di un giovane metallaro artisticamente dotato riescono a venir fuori naturalmente, senza troppi condizionamenti dall’esterno. A 50, invece, la maturità, le tante esperienze accumulate, e l’essere entrato in un meccanismo commerciale rodato e ben oliato, ti portano sicuramente ad avere un approccio verso la scrittura molto diverso, in cui, anche non volendo, il fattore ‘calcolo’ entra prepotentemente nell’alchimia compositiva. Spero di essermi spiegato: secondo me, quando scriveva “
Peace Sells…” o “
Rust in Peace”, a Dave Mustaine importava ben poco del bilanciamento dei brani, del pezzo radio-friendly, delle scadenze da rispettare; oggi, più di vent’anni dopo, i Megadeth sono una delle più famose heavy metal bands sulla piazza, e ci va ancora grassa che non abbiano rinnegato la musica degli esordi, o che addirittura non si siano sciolti. “
Th1rt3en” è un onesto disco fatto da una band che ama la sua musica; non sarà il capolavoro della vita, ma, da metallari disillusi e smaliziati, ce lo faremo più che bastare.