Partiamo con un concetto fondamentale, da tenere ben a mente durante tutto l'arco della recensione: Jorn Lande è uno dei miei cantanti preferiti di sempre, di quelli che stanno comodi comodi nella Top3. Voce strepitosa, interprete grandioso e frontman dall'elevato tasso di personalità e carisma.
Detto questo, da "Worldchanger" escluso in avanti non ha azzeccato un disco solista che sia uno, fatta forse eccezione per "The Gathering" del 2007.
Intendiamoci, non è che i dischi facciano schifo eh, lungi da me, ma gli album dello
Jorn solista e della sua band (inutile fare nomi, cambiano praticamente ogni volta) sono tutti pressoché identici, con tutta una serie di canzoni che si susseguono pedissequamente senza lasciar traccia di sè, se non in 1 o 2 occasioni al massimo per puntata.
"
Traveller", decimo studio album del combo guidato dal frontman norvegese, non fa eccezione: salvo giusto "
Window Maker" (caruccio il gioco di parole) e l'oscura "
Carry the Black", che con le sue atmosfere ectoplasmiche riesce quantomeno a farsi ricordare per qualche minuto dopo l'ascolto, oltre che la semi-conclusiva "
Monsoon", che in quanto cover dei Tokyo Hotel si rivela decisamente estemporanea rispetto al piattume che caratterizza il resto del disco. Ok, la parte sulla cover dei Tokyo Hotel non è vera, il resto si.
E parlando di resto, quello dell'album è tutto un trenino di canzoni schematiche e prevedibili, nel solito hard rock/AOR ormai caro al buon Jorn, che ha ormai dimenticato da tempo il prog degli Ark o il power dei primi Masterplan, preferendo arenarsi su lidi ormai stantii e ritriti.
Potrei dire la solita frase di circostanza "un album per soli appassionati", ma siccome io sono il primo di essi vi dico che è un album che finisce con l'annoiare persino noi. Da ascoltare una volta e niente più, giusto per apprezzare al solito la voce eccelsa di
Jorn, ma sicuramente non vale il prezzo dell'acquisto.
Quoth the Raven, Nevermore..
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