A una decina buona di anni di distanza i
Theocracy, nella persona del vocalist e mastermind Matt Smith, decidono di ri-pubblicare l'omonimo album d'esordio "
Theocracy", piccolo gioiello reso ormai introvabile dal passare del tempo.
E così, sotto la nuova etichetta Ulterium Records, il disco viene remixato (ma non ri-registrato) e vengono aggiunte le parti di batteria, che nell'originale erano realizzate tramite una drum machine, mentre il resto rimane tutto ad opera del sopracitato Smith.
Non c'è quindi molto da dire a riguardo se non che l'esordio dei Theocracy è un album bellissimo, che fin da subito fece capire che gli americani avrebbero sfondato nel mondo del power/prog, anche se forse non come ci si poteva aspettare. Classe cristallina, una voce strepitosa e idee fresche e innovative, appoggiate da testi di matrice cristiana, a volte pacchianotti ma senza dubbio una novità rispetto agli stilemi classici del genere, fatti di cavalieri, draghi, introspezioni personali e seghe mentali.
Si va così da "
Ichthus" a "
Sinner", passando per l'antemica "
New Jerusalem", che negli anni a venire sarebbe diventata assieme a "
Mountain" il cavallo di battaglia delle performance live degli americani e apripista stilistico verso veri gioielli dei Theocracy quali "Betlehem" o "I Am".
C'è da dire che rispetto agli album successivi si sente ancora il sapore del disco "amatoriale", nonostante il remixaggio, cosa che non riesce a donare ai componimenti del disco quell'aurea di sacralità che invece permea "Mirror of Souls" e "As the World Bleeds".
Ma sono davvero piccoli dettagli che non offuscano certo il ricordo di un album bellissimo, esordio in pompa magna di una band che non ha ancora raccolto risultati adeguati al proprio valore.
Quoth the Raven, Nevermore..
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