Lo so bene.
Sono tempi di ristampe, rivalutazioni, grandi “ritorni”, tutte celebrazioni di un modo “tradizionale” d’intendere la musica
hard n’ heavy che già da un po’ stanno suggestionando e appassionando anche le generazioni più giovani.
Ed ecco che, in tale contesto, il nuovo disco di un gruppo “storico” come i
Synthesis potrebbe rischiare di finire “confuso” nelle frenetiche convulsioni del panorama discografico attuale.
E sarebbe un vero peccato.
Non perché sia particolarmente “innovativo” o “rivoluzionario”, ovviamente, ma perché suona “classico” senza forzature e soprattutto perché l’ispirazione contenuta in questi solchi è tale da allontanare ogni velleità fastidiosamente e pigramente “nostalgica”, apparendo come il frutto di una naturale combinazione tra competenza, vocazione ed ardore.
In fondo, si tratta delle medesime sensazioni provate durante l’ascolto del precedente “A wider space”, e tuttavia in “A new romantic age” il senso di preziosa alchimia tra le varie componenti appare addirittura accentuato, per un coinvolgimento emotivo intenso e profondo.
Il tutto, tentando una traduzione maggiormente pragmatica della questione, si risolve, in ultima analisi, in una manciata di “belle canzoni”, che piacciono fin dal primo contatto e svelano un’attitudine davvero “senza tempo”, avvolta da un’aura d’immortalità stilistica che si può “studiare”, in parecchi casi “imparare” anche piuttosto bene e che raramente, però, si riesce a “comprendere” fino in fondo.
Disinvoltura e apparente “semplicità” contraddistinguono linee melodiche sempre avvincenti, aperte dal
riff granitico del breve strumentale “The return” (una sorta di “dichiarazione d’intenti” …) e sigillate con l’incantevole ceralacca della toccante “Sendin' out the love”, veramente splendida per sensibilità e tensione interpretativa.
In mezzo, tanta altra “roba” appassionante, dalla carica evocativa di “Never forget you”, “You dont' need me” e “One step closer” (brano cantato a due voci da Bob Casini e da Max Evangelisti, marchiato a “fuoco” da un imperioso crescendo emotivo), passando per un
anthem dai contenuti immarcescibili come “Young and free”, per le ammalianti soluzioni armoniche da contagio istantaneo di "Tears in my eyes” e "Kriminal world” e approdando alla minacciosa e straniante “The racing”, non senza concedersi, con “Tarantarock”, una gradevole e fugace digressione nei terreni dell’
etno-metal autoctono, a metà strada tra
esperimento sonoro e
divertissement.
Insomma, ci sono diversi modi con cui affrontare l’annoso concetto di “già suonato” … quella dei Synthesis, grazie a gusto, cultura, coscienza compositiva e inestinguibile passione, è ancora oggi, a ben trentacinque anni dalla fondazione, la maniera
giusta per soddisfare chi ama, a dispetto di
trend e complicati sottogeneri, il
rock pesante e melodico.
Se vi riconoscete nella descrizione, non fatevi mancare “A new romantic age”.