Eccoci dunque qui ad aver l'ingrato compito di recensire il nuovo disco della girl band finlandese
Indica. Dopo
A Way Away, un lavoro già di per sé più pop che rock (non avviciniamoci nemmeno al termine metal), il quintetto si azzarda (ma l'azzardo è più della Nuclear Blast che delle povere ragazze) a far uscire questo album che farà sicuramente felici gli amanti del pop-rock (molto pop a dir la verità). Citando il
Graz dalla
recensione del precedente di A Way Away:
Il concetto "metal"... è quantomeno distante. Dopo questa premessa, necessaria al metallaro per evitare inutili perdite di tempo nella lettura di questa recensione, si passa dunque al disco in sé...
Nell'oramai lontano 2009 Tuomas Holopainen dei
Nightwish scelse le Indica come band di supporto al tour di promozione di
Dark Passion Play, portando il gruppo di donzelle ad esser conosciuto nel continente europeo, riscuotendo un discreto successo e firmando con Nuclear Blast (almeno sappiamo a chi dare la colpa di tutto). L'anno successivo le ragazze pubblicano il già citato
A Way Away, il quale non era altro che una compilation dei loro maggiori successi finlandesi ripubblicati in lingua inglese. Arriva ora
Shine, primo album di inediti per il mercato europeo. Avviato il disco con
Mountain Made of Stone ci si trova dinnanzi a quello che sarà il canovaccio dell'intero CD; le canzoni hanno una struttura ben definita, inerpicata su un simil rock (pop?) melodico condito da un'orchestrazione abbastanza valida. Questo primo pezzo è tuttavia accettabile all'orecchio, anche se molto distante da quello che la maggior parte del pubblico di questa sede è abituato ad ascoltare. La canzone successiva
Uncovered ha un'aria malinconica, ma siamo assolutamente in quel campo electro-pop che porta il metallaro medio a strapparsi i timpani o ad infilarsi un saldatore nelle orecchie pur di non recepire più alcun suono. Un po' più movimentata è
A Definite Maybe, forse ancor più fastidiosa della precedente per lo stile troppo ammiccante, con un testo veramente insopportabile.
Goodbye to Berlin completa lo shock proponendo una di quelle canzoni che sarebbero attribuibili alle
pop teen singers americane (Avril Lavigne?). A questo punto il metallaro avrebbe già estratto il disco e lo avrebbe usato come sottobicchiere per il calice di birra... ma il recensore deve farsi forza e continuare!
Run Run, la quinta canzone (ancora alla quinta? eh sì...), riprende lo stile tipico delle Indica; pezzo cadenzato e malinconico che, dopo gli obbrobri precedenti si fa pure apprezzare come miorilassante. Con
Here and Now riprende lo strazio dove persino il cantato risulta insostenibile. Per
Missing è inutile star qui a sprecar parole, tanto non si cambia musica, purtroppo.
Hush Now Baby è una delle tracce passabili di
Shine, potrebbe essere un intermezzo in un disco metal, la struttura è comunque buona, forse ci si avvicina ai migliori episodi dello scorso disco. C'è da dire che anche con
Behind the Walls le
Indica continuano con lo stile che le aveva aiutate in
A Way Away (si sente pure la chitarra in questo pezzo!). Purtroppo
A Kid in the Playground torna a dar fastidio.
War Child spegne l'album ed è pure una delle canzoni migliori (o forse perché è l'ultima si fa gradire), lo stile malinconico ritorna e sfuma verso il silenzio.
Se
Shine fosse commercializzato come
disco pop non ci sono dubbi che troverebbe grande apprezzamento nella critica, ma, essendo qui in campo metal il comportamento da tenere è incerto. A qualcuno potrà sicuramente piacere, magari agli amanti delle sonorità più morbide, in questo caso, tuttavia, è caduto nelle mani sbagliate. Il voto è dato unicamente dalla buona produzione e da quei due o tre episodi che salvano dalla stroncatura completa. Urge
ultra brutal guttural...