I
Nosound ci avevano abituati a collaborazioni importanti con artisti del calibro di
Vincent Cavanagh (
Anathema) e
Tim Bowness. Questa volta, invece, per la produzione di
"Allow Yourself" il quintetto nostrano ha deciso di fare tutto da solo. Il risultato è un full-length composto da tracce brevi, "crude" come non mai ed essenziali negli arrangiamenti - e molto lontane dal sound delle origini.
Si parte con l'ipnotica
"Ego Drip", a cavallo tra alternative e post-rock, prima dell'elettronica e minimale
"Shelter", un po' No-Man e un po' Bass Communion.
"Don't You Dare" è, a suo modo, più concitata e spigolosa, e fa il paio con
"My Drug", pregna del disagio a cui ci ha abituato lo
Steven Wilson solista.
"Miracle" miscela le timbriche di Joy Division e New Order con sonorità più intime ed eteree, in antitesi con la successiva
"This Night", episodio opprimente con il pianoforte protagonista. Per
"At Peace" scomoderei i
Marillion di
Steve Hogarth, mentre
"Growing In Me" suona disperata alla maniera di
Roger Waters. Se
"Saviour" potrebbe sembrare la luce in fondo al tunnel, sono
"Weights" e
"Defy" a toglierci ogni speranza, la prima con una suggestiva coda elettrica, la seconda con azzeccati elementi ambient e un finale sospeso.
Il disco da non ascoltare quando si è tristi e sconsolati
(o forse sì?, ndr).
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