Persi per strada i pezzi più pregiati (prima i Magellan, poi gli Shadow Gallery), abbandonati i troppi "all stars projects" ed i tribute cd (stupendo "Working man" sui Rush, inutile il seguito con "Subdivision"), la Magna Carta cerca di riguadagnare posizioni e credibilità sui rivali europei della Inside Out mettendo sotto contratto gli ungheresi Age of Nemesis (il nome è stato allungato da poco in quanto esistono già troppe bands dal nome Nemesis), al loro secondo lavoro cantato in inglese dopo "Eden" (2002), che interrompeva una serie di 3 dischi in lingua madre ed il debutto interamente strumentale (presto rimasterizzati dalla nuova label). "I think there's a big place for Age of Nemesis" dichiara il boss Pete Morticelli, forse ignaro del fatto che il prog metal almeno in Europa ha fatto passi da gigante dai tempi di "Awake", "Images and words", "When dream and day unite" e "Parallels", dischi ai quali purtroppo la band rimane troppo legata senza sforzarsi di cercare alcuna soluzione personale, proponendo la solita formula tecnica-concettuale che abbonda di cambi di tempo e recupera il suono di tastiere tipico dei Dream Theater del periodo con Kevin Moore. I primi 6 brani fanno parte di un concept descritto minuziosamente in tutti i particolari all'interno dello splendido booklet (una coppia si divide, il marito porta con se il figlio e quando la madre lo ritrova scopre che il marito è morto ed il figlio è in uno stato di apatia, quindi cerca di curarlo con l'ipnosi regressiva e da qui le nasce il sospetto che forse è stato lui ad uccidere il padre, in quanto è una vittima di un complotto governativo che lo ha trasformato in un'arma di grande potenza, uno Psychogeist destinato all'autodistruzione. Riuscirà la madre a riportarlo nella giusta via?), seguono altri 5 pezzi tra cui due strumentali: l'ipertecnica "Goddess nemesis" e la delicata "Awakening minds" condotta da pianoforte,sottili tastiere e chitarra acustica, mentre i ritmi simil egiziani caratterizzano "Eyes of the world". Non discuto il tasso tecnico (alcuni membri sono anche impegnati nel progetto parallelo interamente strumentale "Goddess of Nemesis", a cui hanno collaborato anche Keiko Kumigai delle Ars Nova e Chris Brook dei Ring of Fire) e sul grande lavoro compiuto nei testi, quanto sul fatto che musicalmente la band è rimasta ferma al periodo in cui il troppo abbondare (Altura, Mayadome, Dali's Dilemma, Ice Age, Ivanhoe e molti altri) portò alla saturazione, dalla quale fortunatamente si uscì per tentare forme più personali (Symphony X, Pain of Salvation).
Come bonus track è presente il videoclip di "Fate's door".
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