Copertina 6,5

Info

Genere:Gothic / Dark
Anno di uscita:2020
Durata:non disponibile
Etichetta:Prophecy Productions

Tracklist

  1. SULPHUR & STARLIGHT
  2. WOLF MOON
  3. GOD PARTICLE
  4. SUMMERLAND
  5. A GLASS FOREST
  6. THE WELL’S RUN DRY
  7. ODE TO THE FUTURE
  8. BE YOUR SINS
  9. DUST AND SHADOW

Line up

  • Ryanne van Dorst: vocals, guitar
  • Micha Haring: drums
  • JB Van Der Wal: bass
  • Reinier Vermeulen: guitar
  • Nick Polak: guitar

Voto medio utenti

Per il sottoscritto, adoratore sia del debutHere Now, There Then” che delle scorribande vintage dei The Devil’s Blood (in qualche modo precedente incarnazione dei Dool), “Summerland” rappresentava uno degli appuntamenti discografici più attesi del 2020.
Tuttavia, senza girarci troppo attorno, il risultato finale ha finito per frustrare le mie aspettative, tanto che il termine “delusione” compendia in modo piuttosto accurato la mia umile opinione.

Ma andiamo per gradi: chi conosce la compagine olandese saprà che si discute di una creatura sonora talentuosa, preparata, abilissima nel mescolare le influenze più disparate ed i differenti background musicali dei singoli musicisti in un amalgama coerente e stimolante al tempo stesso.
Tali capacità, come ovvio, non sono evaporate in occasione del secondo full; semmai, sono state sacrificate sull’altare dell’orecchiabilità.

L’impressione è che in “Summerland” le inflessioni indie e post rock abbiano finito per prevalere -ed in modo piuttosto netto- su quelle wave, occult e gothic.
Da ciò derivano nove composizioni senz’altro gradevoli, ben composte ed eseguite, che tuttavia ho trovato sin troppo di maniera, educate, azzarderei algide.
Non aiuta affatto la produzione a firma Martin Ehrencrona (già con Tribulation e In Solitude), tanto pulita quanto esangue, semplicemente inadeguata a conferire la giusta profondità a brani già leggerini per natura.

I brani, si diceva: la doppietta iniziale “Sulphur & Starlight” e “Wolf Moon” denuncia placide suggestioni alternative pop e si arena in occasione dei chorus, carucci ma in alcun modo memorabili.
God Particle” e “The Well’s Run Dry” recuperano parte delle sonorità darkeggianti che graziavano l’esordio, ma le edulcorano con una impostazione vocale tutt’altro che graffiante e con suoni, ancora una volta, eccessivamente cristallini.
La title track e la conclusiva “Dust & Shadow” (forse la mia prediletta) sfoggiano atmosfere liquide e sospese, con un incedere rallentato di matrice (quasi) doom; peccato per la dilatazione eccessiva delle partiture, che avrebbero goduto di maggior efficacia laddove spalmate su minutaggi inferiori.

L’attendista “A Glass Forest” si salva in corner grazie al buon break chitarristico, mentre ho trovato “Ode to the Future” davvero troppo easy listening, tanto da ricordare talune hit radiofoniche simil-country pop dei nineties -i nomi snocciolateli voi, io mi vergogno-.
Be Your Sins”, da ultimo, tenta il colpo di coda, con un riff galoppante a cavallo tra Ghost, Muse e gli Heart di “Barracuda” (ve li ricordate, vero?); ma è troppo poco e troppo tardi.

Con mestiere (e calcolo?) i Dool riescono comunque a portare a casa la pagnotta; eppure, resta l’impressione che “Summerland” scorra come acqua fresca, tanto piacevole quanto impalpabile, senza lasciare alcun retrogusto.
Manca qualcosa; chiamatelo guizzo, zampata, ispirazione… a me sovviene il termine “anima”, ma non vorrei risultare troppo cattivo.
Per chi scrive, comunque sia, un’occasione persa.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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