Puntuali come le tasse, a due anni di distanza dal discusso
“When The World Becomes Undone” e dall’inutilissimo
“Uncovered”, torna la band di
Sal Abruscato, gli
A Pale Horse Named Death.
Il gruppo all’epoca dell’esordio seppe colmare in parte il drammatico split dei
Type 0 Negative, con uno stile che si rifaceva prepotentemente alla band madre di
Abruscato, ma al tempo stesso fondeva ciò con le melodie e le armonizzazioni tipiche del Grunge cupo e maledetto degli
Alice in Chains con il fantasma del compianto
Layne Staley. Uno stile derivativo certo, ma fuso con sensibilità e gusto.
Passati gli anni e gli album oggi ci apprestiamo a parlare del quarto album in studio di questi doomsters americani e purtroppo mi viene da dire che i tempi del buon esordio sono lontani.
Certo, a guardare il bicchiere mezzo pieno viene da dire che pure la dèbacle di
“Lay My Soul To Waste” o del già citato
“Uncovered” sono un brutto ricordo, questo però non toglie che
“Infernum in Terra” sia un album sì interessante, molto ben suonato e ben registrato, ma pure incostante e con molte idee riciclate.
Lo stile degli
A Pale Horse Named Death come detto poc’anzi, nonostante ormai manchi di freschezza e di personalità, è un trait d’union più o meno riuscita tra i
AiC e
T0N: riffing cupo e minimale, ritmi pachidermici, assoli smaccatamente sabbathiani, grande attenzione alle melodie che nei ritornelli hanno un retrogusto Alternative discretamente radio friendly, con la timbrica di
Sal Abruscato che soffre della sindrome di “
Mikael Åkerfeldt ai tempi di
Heritage”: il cantante/chitarrista ha sicuramente una bella voce, un timbro che sa essere caldo, affabile e armonioso, ma al tempo stesso è terribilmente monocorde e incolore, con quasi nessuna variazione vocale, mantenendosi sempre sullo stesso range. Questi punti unito ad una tripletta di strumentali che potevano benissimo essere scartate e ad una scarsa fantasia nel songwriting con strutture spesso e volentieri ripetute, tolgono longevità a questo lavoro.
In canzoni come
“Lucifer's Sun” troviamo la classe, l'esperienza e l’abilità di questi musicisti, peccato che questi fattori determinanti escano solo a tratti nel corso della tracklist, una tracklist si dignitosa, ma non esaltante.
Una cinquantina di minuti apprezzabili specialmente da parte dei fans del gruppo o per chi vive quasi esclusivamente a pane e Doom, per tutti gli altri invece il Doom Metal ha saputo offrire proposte più personali e convincenti nel corso di questo 2021.
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