(26 maggio 2019) Jag Panzer + TIR + Battle Ram @ Traffic Live, Roma

Info

Provincia:RM
Costo:20 €
Giungiamo al termine dell'intensa tre giorni romana con un appuntamento a cui tenevo veramente molto per più motivazioni: i JAG PANZER sono un gruppo minore a cui il successo commerciale non ha mai arriso nonostante la musica di enorme qualità proposta negli anni, sebbene grandissimi loro errori ne abbiano minato la popolarità negli anni in cui dovevano lanciarsi, una discografia un poco altalenante ed una proposta non propriamente accessibile a tutti; l'annullamento della loro esibizione in quel di Roma al tempo di "The Fourth Judgement" in compagnia di Hammerfall - al loro esordio - e Gamma Ray per l'inagibilità dell'Horus Club dopo il terribile terremoto di Umbria e Marche del 1997, al di la' della terribile disgrazia, mi è rimasto qui, con le band a firmare autografi a corso Sempione ma con l'impossibilità di suonare e noi lì fan inermi a disperarci; e per concludere il fatto che Metal.it fosse sponsor di questa edizione del Burn This Town festival, organizzato dalla nostrana Cruz del Sur Records, insomma tutto questo faceva sì che tenessi davvero al successo di questa data ed ovviamente al fatto di poter finalmente vedere dal vivo Harry Conklin e soci e poter urlare a squarciagola i loro terremotanti anthem dopo tantissimi anni di attesa, fatto reso possibile dalla volontà siderea di Enrico Leccese e del suo staff che hanno regalato una splendida serata alla capitale.

Capitale che, a mio avviso, ancora una volta non ha risposto come poteva ma ormai sono conscio che ci sia uno zoccolo duro di poche persone che tengono davvero all'heavy metal in quanto musica, mentre tutto il resto che gravita intorno è fatto di presenzialismo agli show importanti o di fattori trendy che permettono una spesa di 60 o 100 euro per Avenged Sevenfold o Rammstein senza battere ciglio, mentre 20 euro in casa per Jag Panzer + quattro altre validissime realtà è eccessivo... bah.

Così come accaduto per la serata precedente, il lavoro mi impedisce di arrivare prima delle ore 21 presso il Traffic, perdendomi così consapevolmente l'esibizione dei romani Way Out (ahimè!) e ponendomi le stesse sciocche domande di due sere prima: "parcheggero' sempre nello stesso posto?" è l'interrogativo che mi accompagna mentre sul Raccordo Anulare spero che l'Empoli riesca a battere l'Inter in quel di San Siro (speranza vana, effettivamente), e la pioggia a dirotto mi fa passare completamente maggio senza che io sia mai riuscito ad indossare le mie preziosissime Birkenstock bianche.

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Arrivo sul posto, un saluto veloce ad Enrico ed Andrea dei Rosae Crucis e sono subito dentro ad assistere ai Battle Ram che hanno appena iniziato la loro esibizione: non è passato così tanto tempo dalla prima edizione del Burn This Town a novembre 2016, stesso locale, e devo dire che ho ritrovato anche la stessa energia e convinzione della band marchigiana, sempre alle prese con un fiero e battagliero epic metal che i cinque portano avanti con convinzione da quasi 20 anni. Certo, ormai è passato un bel po' di tempo dal loro unico album "Long Live the Ram", uscito nel 2013 per la compianta My Graveyard Productions, e sarebbe bello che i Battle Ram riuscissero a proporci del nuovo materiale, ma nel frattempo continuiamo a gustarci le vecchie cavalcate di "Burning Lives", "The Stone" e "Behind the Mask", esaltati dalla potenza vocale di Franco Sgattoni, sempre una sicurezza dietro al microfono, e dalla compattezza globale della band del "nostro" Gianluca Silvi, anche lui writer della prima ora di Metal.it 1.0, ormai taaaaanti anni fa...
C'è spazio anche per la vecchissima "The Vow", rimasta unicamente nel demo omonimo del 2003, e per l'inedita "Brand new run", bella rasoiata che speriamo di ascoltare prima o poi anche su cd.
Esalta tutto il pubblico, ed anche il sottoscritto, l'esecuzione di "Red Sharks" dei Crimson Glory, da quel capolavoro di "Transcendence" del 1988, prima che i nostri concludano la loro impeccabile esibizione con la finale "Battering Ram".

Setlist:
Burning lives
The stone
The vow
Behind the mask
Smash the gates
Brand new run
Red sharks
Battering ram


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Anche stasera cambi palco con precisione pressochè svizzera, e subito dopo è la volta dei romani TIR, ed a tutt'oggi non ho ancora capito se il loro è un acronimo di Temple Inferno Rock o semplicemente, come suggerisce la copertina del loro ultimo e freschissimo lavoro intitolato "Metal Shock", uscito proprio a maggio 2019 per Cruz del Sur, ci si riferisca semplicemente ad un autoarticolato.

Ed in effetti così è la loro musica, un autotreno in piena corsa, pieno di energia, dinamismo e tanta tantissima voglia di heavy metal, anche se forse negli anni '80 avremmo semplicemente detto "rock 'n' roll".
Essì, negli anni '80 perchè i TIR vengono direttamente da la' e non lo nascondono affatto, sin dalla loro entrata sul palco, con un look a metà strada tra i vecchi Judas Priest e qualche gruppo dall'anima più sfacciatamente hard rock, ma anche anagraficamente poichè il loro demo d'esordio "T.I.R." è targato addirittura 1984, insomma ai primordi dell'heavy metal italiano.

Il nucleo formato dalla coppia di asce Sergio Bonelli e Danilo Antonini è ancora presente nonchè ispiratissimo ed assolutamente scenografico, una vera gioia per gli occhi oltre che per le orecchie, ed è con loro anche lo storico Dino Gubinelli al basso, con i TIR sin dal 1989.
A completare la formazione dal 2005 troviamo anche Giuseppe Cialone e Piero Arioni, rispettivamente cantante e batterista anche nei Rosae Crucis, sebbene la musica dei TIR sia così diversa da consentire anche uno sviluppo ed una interpretazione completamente diversa rispetto alla loro altra band.

Con la partenza infuocata di "Città in Fiamme", opener del nuovo "Metal Shock" (un titolo che non vi nascondo suscitare in me un po' di nostalgia) nonchè uno dei migliori brani del lotto, si parte forte col pedale sull'acceleratore tutto giù, una sorta della celebre "Rapid Fire", con questa sirena antiaerea che rappresenta molto bene l'assalto frontale al quale assistiamo.
Nonostante il loro nuovo disco sia appena uscito viene lasciato (a mio avviso giustamente) anche largo spazio al precedente "Heavy Metal" del 2011, visto che vengono proposte le "vecchie" e terremotanti "Satan's Ride", "Vai", "Nell'anima" e "Shout": Ciape alla voce è in formissima, una delle migliori prestazioni a cui ho avuto modo di assistere negli ultimi anni, ed i continui scambi e lotte di chitarra che ci offrono brani entusiasmanti come "La sfida" e "Metal Shock" ci fanno letteralmente volare via l'oretta dedicata ai TIR, tanto che vorremmo vederne ancora ed anche il pubblico la pensa come noi, catapultato mentalmente ed attitudinalmente (si dice? chissenefrega, licenza poetica) in un mondo in cui non c'erano telefonini, spotify, streaming e like ma solo voglia di suonare, di scapocciare, di ascoltare la cassettina di metal con gli amici, qualche birra e niente più:

"QUESTA E' FUSIONE DI MENTE E METALLO"

Quanto è vero, e quando lo rimpiango.
Ma grazie ad i TIR e chiudendo gli occhi, il metal in me non morirà mai.

Setlist:
Città in fiamme
La Luna nel cerchio
Vai
Nell’anima
Lode a Roma
La Sfida
Lasciateci Fare
Metal shock
Shout
Satan's Ride


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Arriviamo quindi al piatto forte, con soli dieci minuti di ritardo sul running order, i nostri eroi del Colorado che finalmente hanno modo di infiammare Roma ed un pubblico non numerosissimo ma assolutamente fedele ed esaltato, che canta incessantemente a memoria sia i brani storici, da quel lontanissimo e mai troppo lodato "Ample Destruction" del 1984 sino al recente ultimo "The Deviant Chord" del 2017 che, ve lo dico in tutta sincerità, al sottoscritto non è mai piaciuto quasi per nulla, a differenza del predecessore "The Scourge of the Light".
Non sono della partita lo storico John Tetley, ko a quanto pare per motivi fisici, e Joey Tafolla che non si sa perchè ogni tanto venga rapito dagli alieni e scompaia...
Non ci è dato sapere, ma pazienza: rimangono con noi da pieni protagonisti un carismatico ed acclamatissimo Rikard Stjernquist ed ovviamente il cuore pulsante dei Jag Panzer, ovvero Mark Briody alla chitarra ed il TYRANT Harry Conklin con la sua ugola d'acciaio, a volte addirittura fuori giro per un esubero di acuti ma prontamente ineccepibile nell'arco di un paio di brani.

Si parte proprio con "The Deviant Chord" grazie a "Far Beyond All Fear", ed alla fine saranno ben quattro gli estratti del loro ultimo lavoro, in ogni caso tutti bene accetti dal pubblico, insieme a "Born Of The Flame", la cantatissima cover "Foggy Dew" e "Fire Of Our Spirit"; ovviamente l'esaltazione aumenta ulteriormente quando iniziamo ad andare indietro nel tempo, quando in maniera massiccia con "Licensed to Kill" e la meravigliosa "Harder then Steel" in cui il Traffic letteralmente esplode, quando in maniera più misurata (ma ahimè sempre 20 anni fa...) con "Black" da "The Fourth Judgement" e specialmente "Iron Eagle", apripista del leggendario "The Age of Mastery", ahimè unicamente rappresentato in questa occasione.
Un album che invece sembra molto apprezzato dai Jag Panzer è "Casting the Stones" che il buon Harry - a cui non riuscirò mai ad abituarmi a vedere con capelli ancora più lunghi di quanto avesse ad inizio carriera, dopo averlo visto una vita con i capelli corti - loda ed enfatizza a più riprese: ne vengono eseguiti infatti due estratti come "The Mission (1943)" ed "Achilles" mentre "Overlord" è l'unica testimonianza di "Scourge Of The Light" così come lo è "King At A Price" del sottovalutato "Thane to the Throne" del 2000.

I Jag Panzer sono tanto schiacciasassi con i loro brani quanto non particolarmente loquaci, non si perdono in lunghi discorsi col pubblico e preferiscono inondarci del loro heavy metal, proseguendo con "The Scarlet Letter", anche questa unica rappresentante di "Mechanized Warfare", altro album che non sono mai riuscito ad apprezzare al 100% a causa della sua venatura esageratamente progressiva, per il sottoscritto s'intende. Ci avviamo sul termine dello show con la storica "Chain Of Command", originariamente registrata nel 1987 (e poi finalmente pubblicata sull'album omonimo nel 2004 con le ottime vocals di Bob Parduba) ma che quasi tutti conoscono per l'edizione del 1998 su "The Age of Mastery", sorte condivisa con la successiva "Shadow Thief".

A questo punto la band si congeda dal pubblico che la richiama a gran voce per un paio di bis: non si puo' che fare un nuovo salto indietro di 35 anni per cantare con tutta la forza che abbiamo "Warfare" prima e "Generally Hostile" e salutare un gruppo che lontano dai riflettori e dalle attenzioni mainstream trasuda metal autentico al 100%, in tutta sincerità una sensazione che si capisce immediatamente solo guardando negli occhi Mark Briody ogni volta che il suo sguardo ed il suo sorriso incrociano il nostro.

Nella festa conclusiva tra foto, autografi e quattro chiacchiere con tutti, sono conscio di aver assistito ad uno spettacolo che certo...mi rendo conto, non sia per tutti, ma che deve comunque gratificarci e farci sentire fortunati perchè ascoltiamo, e non solo con le orecchie, la musica più bella del mondo.
Anzi, la viviamo.

Setlist:
Far Beyond All Fear
Chain of Command
Achilles
Overlord
Licensed to Kill
Harder Than Steel
Black
Iron Eagle
King at a Price
Fire of Our Spirit
The Mission
Foggy Dew
The Scarlet Letter
Shadow Thief
Born of the Flame


Bis:
Warfare
Generally Hostile


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Report a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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