Si parla frequentemente del Black Metal norvegese e svedese, tuttavia per lo sviluppo del genere tutta la penisola scandinava è stata fondamentale. E seppur cronologicamente giunta con un ritardo di circa un anno, quantomeno se ci riferiamo alla seconda ondata del Black, post-
Bathory dunque, rispetto alla Norvegia, e forse anche, perlomeno agli albori meno prolifica, se parliamo in termini di numero di full-length, anche la Finlandia è stata fondamentale nel consolidamento e nello sviluppo dell’arte oscura, e soprattutto nella sua estremizzazione.
La nascita.Non abbiamo pretesa di scrivere una guida esaustiva che dia sentenze apodittiche, anche perché le band che militavano in ambito underground erano molte, e potrebbe sfuggirci sicuramente qualche nome. Tuttavia, volendo dare dei punti di origine, prenderemo in esame quelle band che senza ombra di dubbio sono state, se non le prime, quantomeno quelle che hanno avuto una certa rilevanza al punto da influenzare e innescare la scintilla che ha dato l’avvio a tutto il movimento Black del panorama finlandese. Oltreché soffermarci sugli attori principali che ne hanno consentito il suo ulteriore sviluppo.
Tra i nomi imprescindibili per comprendere la scena di quest'area geografica dobbiamo necessariamente citare:
Impaled Nazarene,
Beherit e
Belial.
Belial Dopo due demo, e un EP particolarmente rilevante per il genere,
"Wisdom of Darkness" nel 1992; e vi ricordiamo che in questo anno, se guardiamo i full-length che erano usciti, vi erano solamente
“A Blaze in The Northern Sky”,
“Burzum” e
“Diabolical Fullmoon Mysticism”, in Norvegia; giungono nel 1993 a debuttare con il primo full-length,
“Never Again” (
Lethal Records).
Questo forse ancora non era ancora Black Metal allo stato puro, poiché risentiva di una forte derivazione Death Metal, ma indubbiamente già catalogabile nel genere e all’ “avanguardia” per l’allora panorama Finlandese. Si trattava di un lavoro contraddistinto da un’alternanza di brani veloci di stampo Black/Death e momenti ambient tipici del metallo nero.
In seguito rilasciarono solo un altro full-length,
“3”, nel 1994, che poco ha a che vedere con il Black Metal; virando verso sonorità Rock/Punk e Post-Punk piuttosto easy listening che a noi adesso non interessano.
Beherit Nel novembre del medesimo anno del debut dei Belial esce
“Drawning Dawn the Moon” (
Spinefarm Records), un altro disco a nostro giudizio molto importante.
I
Beherit sono un progetto formatosi nel 1989 a Rovaniemi, e diventarono popolari nell’underground finlandese con tre demo (
“Seventh Blasphemy”,
“Morbid Rehearsal” e
“Demonomancy”) e con un EP (
“Dawn of Satan’s Millennium”), tutti editi nel medesimo anno, il 1990.
La line-up dei
Beherit era composta da:
Nuclear Holocausto Vengeance (Voce, Chitarra, Programmazione),
Black Jesus (Basso) e
Necroperversor (Batteria).
Probabilmente i
Beherit, per quel che riguarda la nascita del Black in Finlandia, sono stati gli esponenti più importanti; in quanto i demo e l’EP, datti 1990, badate bene la data, ebbero una grande diffusione nell’underground e furono di ispirazione per tutte le generazioni a venire, e non solo in Finlandia…
Il debut dei finlandesi è un Black ancora un po’ primordiale che porta con sé molti echi Thrash/Death – oltreché dei primi
Venom e
Bathory – che tuttavia coesistono con una dimensione leggermente sperimentale e dai contorni ambient; in procinto, la dimensione ambient, di prendere il sopravvento nel futuro prossimo, come per esempio si avverte in
“Summerlands” con i suoi synths e i suoi fiati davvero coinvolgenti. Questo rese il prodotto più interessante ed identitario, anche se la cosa al tempo fece un po’ storcere la bocca ai fan della prima guardia; unito al fatto che si assistette a un forte rallentamento del sound generale rispetto ai lavori precedenti.
Molto suggestive sono anche le linee vocali di
Vengeance, che si alterna tra growl, mezzi scream e molti sussurri che donano al platter un tocco inquietante ed evocativo… Si provi ad ascoltare
“Nocturnal Evil” o
“Werewolf, Semen and Blood”.
Se il connubio tra il lato Dark Ambient e l’irruenza di riff e ritmiche di stampo Thrash/Black, unite alle andature dai tratti sabbathiane, gli donano un’aura mistica molto intrigante, bisogna segnalare che qua e là ci sono alcuni cali di tensione e che il songwriting risulta ancora da perfezionare. Questo sia per quanto riguarda il fronte dell’autenticità di alcuni riff, risultando leggermente derivativi, che per taluni momenti dove le varie anime dell’album risultano frammentarie; rivelando il suo essere un prodotto che necessita ancora di qualche rifinitura stilistica.
La band in seguito intraprenderà un percorso musicale di stampo Dark-Ambient e Dungeon Synth che tuttavia in questa sede non ci interessa esaminare.
Impaled NazareneGli
Impaled Nazarene sono sicuramente la band di maggior rilevanza del panorama Black finlandese e tra le più importanti e famose di tutto il genere.
Il gruppo si formò nel novembre 1990, capitanati da
Mika Luttinen, traendo ispirazione per il nome da un racconto horror di un’autrice inglese. Le prime registrazioni risalgono al 1991; si tratta di due demo
“Shemhamforash” e
“Taog eht fo Htao Eht”. Mentre il loro primo EP verrà inciso nel 1992:
“Goat Perversion” tramite la label
Nosferatu.
Giungono infine, nel febbraio1993 – dunque circa nove mesi prima del primo “lungo” dei
Beherit –, al traguardo del primo e fondamentale full-length:
“Tol Cormpt Norz Norz Norz”, tramite la onnipresente
Osmose Production; la quale fece numerosi errori di stampa nella trascrizione dei titoli dei brani in copertina. Qui gli
Impaled Nazarene sfoderano un sound grezzo, in cui sono presenti i nuovi elementi del Black Metal norvegese ma ancora, come le altre due formazioni trattate poco sopra, legato al Thrash/Death, e tutto sommato ad un livello estremamente grezzo e primordiale rispetto a ciò che sarebbe venuto in seguito.
Il primo vero disco Black degli Impaled Nazarene arriva invece nel medesimo anno, a dicembre 1993,
“Ugra-Karma”, sempre tramite la gloriosa Osmose Production; il quale probabilmente rappresenta il capolavoro della band di Mika, dove viene anche codificato, volendo azzardare a dare sentenze, il finnish sound.
Brani gelidi dove il guitarwork non si appiattisce esclusivamente in tremolo picking e sul classico guitarwork monocorde; bensì un Black che non si distacca mai dal substrato Thrash/Death e che mantiene una componente Hardcore/Grind al suo interno; ripercuotendosi questo su brani piuttosto brevi, furiosi e in generale con più numerosi cambi di ritmo e un tasso tecnico discreto per gli standard del genere.
Queste caratteristiche: furia esecutiva, cambi di ritmo, ancoraggi al Thrash/Death e una tendenza alla brevità dei brani, uniti ad una violenza esasperata e a tratti barbara figlia dell'irruenza dell'Hardcore, diventeranno, oltreché il trademark degli Impaled Nazarene, un punto di riferimento per tutto il movimento finlandese, ed elemento distintivo rispetto alle altre correnti. Questo, ovviamente, in linea di massima, non si deve prendere queste parole come una sentenza assoluta…
Gli Impaled Nazarene poi proseguiranno l’anno successivo sulla via oscura con
“Suomi Finland Perkele”, disco che possiamo inquadrare come un ponte tra i vecchi Impaled Nazarene e quelli odierni.
“Suomi Finland Perkele” si contraddistingue per suoni marziali, incredibilmente violenti, tematiche di guerra e varie incursioni in altri generi dell’estremo; il tutto declinato sotto la forma di un tono dissacratorio e a tratti ironico, portante in nuce, ancora di più che dei precedenti lavori, una certa componente Crust/Hardcore che sarà uno dei punti di forza del successivo
“Latex Cult” (1996). Altro capolavoro di Mika&co, che tuttavia non è più catalogabile a pieno all’interno del Black, pur facendo parte del suo mondo. In quanto le contaminazioni da altri generi, e in particolar modo della componente Crust/Hardcore, divengono sempre più prominenti, insieme a quella Thrash. Ma soprattutto perché si smarrisce parzialmente quel gelo siderale che tendenzialmente è da intendersi come il segno distintivo di un vero disco Black Metal.
E questa più o meno sarà la base, su cui si struttureranno, con i dovuti riadattamenti e ricalibrature delle varie sfumature stilistiche, i seguenti album della band; la quale diverrà sempre più difficile da catalogare, se non come appartenente al metal più estremo e intransigente.
Seconda generazione del Black Metal finlandese.
Dopo la prima generazione della seconda ondata del Black, in Norvegia si proseguiva il discorso con una nuova generazione di Black Metal band che tentavano di mantenere in auge un genere che stava ormai per declinare definitivamente. Declino che avveniva come conseguenza del fatto che formazioni fondamentali come per esempio
Mayhem,
Enslaved,
Ulver,
Satyricon,
Darkthrone, ecc.ecc., avevano già rilasciato le loro opere migliori, o si erano direzionate su altre coordinate stilistiche. O nel caso del conte norvegese, a causa dei suoi trascorsi giudiziari, fortemente limitato nella sue possibilità di espressione artistica. In Norvegia, a prendere le redini della scena, era possibile trovare band come Taake, Carpathian Forest, Tsjuder, ecc.ecc, mentre in Svezia avevamo nomi come Ofermod, Watain, Funeral Mist, ecc.ecc.
Dunque, anche la Finlandia rispose al richiamo con i suoi nuovi alfieri, i quali rispondono all’appello dei seguenti nomi:
Horna,
Behexen,
Satanic Warmaster,
Sargeist,
Azaghal,
Barathrum,
Baptism,
Thy Serpent,
Alghazanth Dolorian,
Wyrd,
Mortualia,
Archgoat e non solo ovviamente. Tuttavia in questa sede ci soffermeremo esclusivamente su questi nomi, con qualche accenno a pochi altri, poiché in quanto questa rappresenta una guida troviamo opportuno trattare esclusivamente i più rilevanti.
HornaIl gruppo è nato nel 1994 da un’idea del chitarrista/cantante
Shatraug, immagine chiave della seconda generazione del Finnish Black Metal, in quanto membro anche di
Sargeist,
Mortualia, e
Behexen; affiancato dal prima chitarrista e poi bassista del gruppo
Moredhel e da
Lauri Penttilä alla voce e alle tastiere, sotto lo pseudonimo di
Nazgul, meglio conosciuto come
Werewolf, il quale dopo i primi tre album con gli Horna darà vita ai
Satanic Warmaster.
Gli Horna, al netto del 2024, hanno all’attivo 11 full-length, di cui il primo è datato 1998
“Kohti yhdeksän nousua”, rilasciato tramite la
Solistitium Records; il quale a nostro avviso rappresenta il capolavoro della band ed uno dei capolavori del genere tutto.
Il debut degli Horna è una reinterpretazione del True Norwegian Black Metal, che si contraddistingue per una produzione vecchia maniera, bensì sufficientemente nitida per essere apprezzato in tutte le sue sfumature. Tra i vari elementi è rinvenibile un sottofondo melodico che richiama un po’ ai primissimi Satyricon ed Enslaved, declinato con una fantasia e un’aura da incantesimo mistico che ne fanno un prodotto unico nel suo genere.
Gli Horna proseguiranno l’anno seguente con l’ottimo e ben bilanciato, tra parti melodiche e aggressive,
“Haudankylmyyden mailla”, il quale probabilmente paga il dazio di un’eccessiva lunghezza e omogeneità strutturale. A questo seguirà nel 2001
“Sudentaival”, da molti considerato il capolavoro della band (non dal sottoscritto), il quale mostrerà un sound leggermente più compresso e dal sentore digitale; dove viene recuperata la matrice Thrash/Death degli albori del Black, dando vita ad un platter compatto e dal songwriting di notevole spessore; tanto duro quanto agile nel suo ascolto.
Negli album successivi gli Horna inizieranno un percorso di sperimentazione, rimanendo bensì sempre tenacemente più ancorati al solco della tradizione. Infatti con
“Envaatnags Eflos Solf Esgantaavne” del 2005 recuperarono il feeling analogico degli esordi e tutta l’attitudine intransigente del True Black Metal.
Un disco oscuro che riprende l’impostazione gelida, selvaggia e lo-fi dei primi Darkthrone, splendendo alto nel cielo come una luna nera sanguinaria, austera, e implacabile.
I suoni lo-fi caratterizzeranno anche il successivo
"Ääniä yössä" (2006). Disco molto difficile da assimilare e comprendere; il quale pesca a piene mani dal Doom e dalle atmosfere Black più vicine al Depressive. Un’opera molto tetra, lenta, e dall’atmosfera opprimente. Indubbiamente è un lavoro che necessiterà di molti ascolti perché si possa dischiudere nel vostro pensiero in tutto il suo valore.
Con gli album successivi gli Horna continuarono a muoversi nella direzione di un sound quanto più raw possibile e in chiave retrospettiva; nonostante ciò senza mai rinunciare a sperimentare ogni possibile cromia dell’estremo, come per esempio nel successivo e validissimo
“Sotahuuto” del 2007. Dove qui vengono inseriti alcuni retaggi Crust/Hardcore e una certa attitudine Black ‘N’ Roll tendente a costrutti dal piglio quanto mai catchy per il gruppo.
Mentre due anni dopo con
“Sanojesi äärelle”, della durata di circa un'ora e venticinque minuti, gli Horna si muovono su un Black Metal atmosferico di matrice norvegese reinterpretato sotto la chiave artistica di Shatraug. Non rinunciando all’attitudine dura e al contempo ear catcher che contraddistinse il gruppo fin dagli albori; confezionando così uno dei lavori più gelidi della loro discografia, e che come raramente avviene, riesce a risultare ispirato in tutte le sue numerose e lunghe tracce. Una vera lezione di arte estrema.
Non proseguiamo oltre con la rassegna degli album della band; poiché al nostro scopo, quello di illustrare la via oscura della Finlandia, le opere citate sono sufficienti a racchiudere l’importanza degli Horna per la scena a cui facciamo riferimento.
BehexenProbabilmente i
Behexen rappresentano il lato più duro, cruento, oltranzista e fedele alla tradizione misantropica del Black Metal sorto in terra finlandese.
Fondati nel 1994 a Hämeenlinna, diedero alle stampe il loro primo full-length,
“Rituale Satanum” nel 2000, tramite l’etichetta
Sinister Figure; il quale lasciò subito presagire la furia sonora e l’attitudine totalmente devota all’odio e al satanismo della band, che deflagrerà nel suo apice compositivo nel successivo
“By the Blessing of Satan” (2004). Un vero concentrato di nichilismo ancorato al substrato più intransigente del Thrash/Death. Un’impressionante prova di potenza, capacità esecutiva e songwriting ineccepibile; in grado di rendere interessante e ben assimilabile un album velocissimo e completamente devoto alla devastazione sonora. A mio avviso l’apice dei Behexen e uno degli apici del genere quando si parla delle sue declinazioni più dure.
Dopodiché diedero alle stampe altri tre full-length, in cui negli ultimi due è presente alla chitarra anche
Shatraug (
Horna,
Mortualia,
Sargeist, ecc.ecc.); i quali non fecero che riconfermare la validità indiscutibile della loro proposta. Proposta che già da
“My Soul for His Glory”, del 2008, ovvero il loro terzo full-length, vedrà l’inserimento di frangenti più atmosferici e monocorde ripresi dalla tradizione norvegese; stemperando così, perlomeno in parte, la furia iconoclasta dei primi due lavori, e altresì guadagnandoci in termini di evocatività.
Mentre, nel successivo
“Nightside Emanations” (2012), svilupparono maggiormente la loro componente melodica incorporando anche alcune sonorità vicine al Black Metal svedese sullo stile dei
Watain.
Nell’ultimo album, invece, rilasciato (almeno per il momento), ovvero
“The Poisonous Path” del 2016, inserirono una forte componente Death Metal, configurando così un’opera dallo sviluppato profilo Blackned Death, durissima e dall’impatto immediato.
I Behexen sono una di quelle band che al momento non ha mai sbagliato un solo disco.
Satanic Warmaster I
Satanic Warmaster si sono fondati nel 1999 a Lappeenranta per volontà di
Satanic Tyrant Werewolf e
Lord War Torech, il quale in seguito (2005) abbandonerà la band, divenendo dunque una one man band portata avanti, egregiamente, dal solo
Werewolf.
Probabilmente sono il gruppo di maggior successo della seconda generazione e tra i più importanti. I Satanic Warmaster portano avanti un Black Metal intransigente dai suoni raw tipicamente lo-fi, che si basa prevalentemente su composizioni brevi, veloci e piuttosto tecniche per il genere; a cui si aggiunge un'anima melodica di sottofondo che ben si amalgama alla furia del gruppo, e che tanto ha fatto scuola tra le nuove leve.
Una delle particolarità delle loro canzoni è il guitarwork, che pur nella sua furia e intransigenza, riesce sempre a dar luogo a hooks e a strutture dalla presa immediata e tuttavia mai banali.
Dopo il primo demo del 2000
“Bloody Ritual”, debuttano l’anno successivo con il primo full-length:
“Strength & Honour” (
Northern Heritage Records); una reinterpretazione durissima in chiave finlandese del True Norwegian Black Metal che niente ha da invidiare ai padri fondatori.
Furia esecutiva, suoni crudi e melodie minimali di sottofondo che esprimono tutta la desolazione dell’arte oscura, sublimando il lascito dei primi Darkthrone e incorporando echi del conte norvegese, culminanti in un evidente omaggio a
“Hvis lyset tar oss” (1994).
Un disco iconico che ha lasciato il segno sulla scena finlandese.
Nel 2003 segue
“Opferblut”, dove il suono diviene leggermente meno selvaggio e i nostri giocano maggiormente con la melodia. Probabilmente inferiore al primo capolavoro ma pur sempre su livelli altissimi. Attitudine un po’ più melodica, ma sia chiaro pur sempre nell’ambito di un suono seminale. Tale attitudine la ritroviamo anche in
“Carelian Satanist Madness” del 2005. Disco che recupera pienamente la brutalità dell’esordio; affinando ulteriormente il songwriting, con un sound sempre molto debitore ai Darkthrone, pur mostrando una grande personalità.
Si dovrà attendere circa cinque anni per il suo successore,
“Nachzehrer”, il quale vedrà l’inserimento ancor più marcato del lato melodico dei Satanic Warmaster, in un buon mix con la brutalità che da sempre li ha contraddistinti. Mix che tuttavia raggiungerà, a nostro avviso, il suo apice qualitativo nello splendido
“Fimbulwinter” del 2014. Dove melodia, brutalità, gelo siderale e attitudine ear catcher coesistono con una maestria raramente riscontrabile nel genere.
Dovremmo poi attendere il 2022 per una nuova uscita, e sarà
“Aamongandr”, la quale non farà che riconfermare lo status di band di culto dei Satanic Warmaster.
SargeistI
Sargeist sono una band Black Metal finlandese formatasi a Lappeenranta nel 1999, e rappresentano uno dei tanti progetti paralleli di
Shatraug, che come avevamo accennato è una figura davvero rilevante per il panorama del Finnish Black Metal. Inoltre troveremo la presenza di
Horns (drums) e di
Hoath Torog (vocals) dei
Behexen.
Esordiscono con il primo full length nel 2003,
“Satanic Black Devotion”, uscito con la
Moribund Records, e mostrano una certa affinità con lo stile adottato da
Shatraug in
“Envaatnags Eflos Solf Esgantaavne” (2005) negli
Horna. Ovvero un Black Metal tradizionalista che riplasma la prima scuola norvegese, e che non aggiunge niente al genere, restando inferiore, forse, a quanto fatto in generale con gli Horna. Tuttavia si tratta pur sempre di una release di discreto livello e con attitudine da vendere.
Si prosegue sullo stesso sentiero con
“Disciple of the Heinous Path” del 2005, sempre con la
Moribund Records; dove si alternano parti cadenzate, su cui possiamo avvertire anche una certa influenza dei Beherit, a parti più veloci, per un prodotto sicuramente derivativo ma ugualmente degno di nota. Un sound che troverà la sua maturità in
“Let the Devil In” del 2010, che rimarrà sempre su coordinate classiche, tuttavia con una produzione leggermente più moderna e in linea con il nuovo corso del Black tradizionale. Contraddistinto da un uso più sapiente delle melodie, arricchendo il discorso con vari hooks strategici nel riffing e con strutture in grado di fare breccia facilmente nel cuore dell’ascoltatore; denotando una crescita stilistica della band che trova finalmente una sua personalità. Un album che darà l’esempio a molte formazioni attuali.
E così proseguiranno più o meno per il resto della loro discografia, che si compone, al momento, di soli altri due lavori in studio:
“Feeding the Crawling Shadows” (2014) e
“Unbound” (2018).
Barathrum I
Barathrum si formano a Kuopio nel 1990 e sono dediti ad una forma di musica estrema totalmente devota al satanismo e l’occultismo, che si configura essenzialmente come un’ibridazione tra Black Metal e Doom.
Il nome latino della band è traducibile come fossa o abisso. Le prime lettere dei loro otto album formano l’acrostico:, “HEIL SOVA” – riferimento al frontman della band,
Demonos Sova, e unico membro originale attualmente rimasto.
Sono probabilmente una delle prime manifestazioni puramente Black/Doom del panorama finlandese. Un Black/Doom ossessivo, nauseabondo, estremamente lo-fi e dai tratti difficilmente intelligibili; oltreché, come già accennato, dai caratteri blasfemi e demoniaci su cui di tanto in tanto si inseriscono alcune accelerazioni. Vi è anche un’attitudine atmosferica, che tuttavia si gioca esclusivamente con gli strumenti tradizionali e in generale usando strutture essenziali e dal basso tasso tecnico, puntando tutto sull’ossessività e la sensazione claustrofobica. Un ascolto davvero difficile per chiunque da digerire, e forse, in quanto ad attitudine, una delle formazioni più estreme del panorama finlandese e del genere tutto.
Il primo full-length risale al 1995
“Hailstorm”, rilasciato tramite la
Nazgul’s Eyrie Productions. Un lavoro di circa un’ora, statico e assai ostico da assimilare il quale si muove sulle coordinate sopra esposte, con l’aggiunta di fortissime influenze da parte di
Venom e
Celtic Frost dei loro frangenti più cadenzati.
Sulla stessa lunghezza d’onda su muoveva anche il successivo
“Eerie” uscito nel medesimo anno, mentre invece due anni dopo, nel 1997 dunque, rilasciarono l’LP della loro maturità:
“Infernal”.
Qui i Barathrum proposero sempre la loro miscela Black/Doom, tuttavia la produzione divenne leggermente più comprensibile, il che ne facilita l’ascolto. Alla formula classica sommarono alcune accelerazioni Hardcore, che resero il prodotto indubbiamente più dinamico dei suoi predecessori.
Mentre nei frangenti più atmosferici e sospensivi si denotava, rispetto al passato, una ricercatezza e consapevolezza stilistica ben più delineata, con qualche lieve inserto folk molto interessante. E a questo terzo lavoro fermo la rassegna delle opere dei Barathrum.
Non si tratta di un gruppo fondamentale per quel che concerne i picchi qualitativi, bensì quanto per attitudine e per essere stati tra i primi ad inserire in misura così marcata il Doom all’interno della loro musica nera.
AzaghalGli
Azaghal sono una Black Metal band finlandese formatasi nel 1995 – inizialmente con il nome Belfegor, poi cambiato perché già adottato precedentemente da un'altra band austriaca – dal chitarrista
Narqath, altra figura di rilievo nel panorama finnico (il quale darà vita pochi anni dopo anche agli
Wyrd), e dall’ex batterista
Kalma.
Dopo tre demo nel 1998, esordiscono con il primo lavoro lungo nel 1999
“Mustamaa”, sotto l’egida della
At War Records. Qui sfoderavano un Black molto grezzo e dai suoni raw; con buona alternanza tra frangenti veloci, cadenzati, di chiara ispirazione Impaled Nazarene, Darkthrone e Immortal degli albori, a cui si aggiungono retaggi di Mütiilation e Judas Iscariot. Saltuariamente possiamo trovare anche alcuni momenti con parvenze di clean vocals stile primi Enslaved, o comunque non propriamente in scream, che donano al prodotto un alone mistico che ben si amalgama all’essenzialità e all’intransigenza sonora dell’album; sancendo così la nascita di una delle opere più belle del panorama Finlandese.
Il seguente
“Helvetin yhdeksän piiriä”, sempre del 1999, mostrerà una maggiore maturità da parte degli Azaghal configurandosi un disco con meno variabili del predecessore; bensì con una produzione più nitida che tuttavia, a nostro avviso, fece perdere parte di quella magia e, tutto sommato, originalità che aveva caratterizzato l'esordio. In ogni caso resta ancora oggi un ottimo album.
Dal seguente
“Of Beasts and Vultures” (2002)
Narqath inizia a sperimentare reinserendo con più ampiezza le clean vocals e aggiungendo alcuni stralci acustici e qualche effetto sonoro fino ad allora inesplorato dalla band; realizzando un disco forse ancora non propriamente integrato in tutti i suoi elementi, ma ugualmente di grande caratura. Vi è da segnalare anche lo zampino di
Werewolf (nella scrittura delle liriche di
“Verenjano (Bloodthirst)”).
Sperimentalismi che proseguiranno in
“Perkeleen luoma” del 2004 per poi raggiungere il loro apice l’anno successivo con il magistrale
“Codex Antitheus”. Dove gli Azaghal riescono a fare coesistere il Black norvegese più puro e intransigente, con atmosfere epiche e dal gusto folk, rinvenibili anche in un certo utilizzo delle clean vocals, con influenze Thrash che procedendo a ritroso, si inoltrano anche in sentieri Speed con tanto di acuti in stile Anthrax, per intendersi. A tutto ciò si aggiungono elementi avantgarde, pur rimanendo legati agli strumenti di base e a un’attitudine intransigente. Un LP che non può mancare nella collezione di un amante del Black finlandese.
Ci fermiamo qui con gli Azaghal, che in ogni caso continueranno nella loro carriera con una grande prolificità e tutto sommato su livelli elevati.
BaptismI
Baptism si sono formati nel 1998 per volontà del cantante/chitarrista
Lord Sargofagian e del batterista, ora defunto,
Demonium. L’estate dello stesso anno la band pubblicò il primo demo,
”Satanic Rituals”. Dopo una pausa di due anni pubblicarono il secondo demo,
“Sons of Ruin & Terror”. In seguito all’aggiunta del bassista
Slaughterer, i Baptism pubblicarono il loro primo full-length:
“The Beherial Midnight” nel 2002, rilasciato tramite la
Northern Heritage Records.
Qui i Baptism si muovono su coordinate puramente tradizionali, con una produzione lo-fi esasperata ed elementi che provengono dal classico Black della prima ora, con anche molti frangenti più cadenzati dove si avvertono vari echi dei
Beherit. Probabilmente un disco che non aggiungeva niente al genere, poiché nel 2002 era già stato ampiamente detto tutto ciò che vi era da dire. Inoltre l’insieme risulta piuttosto derivativo, tuttavia resta pur sempre una buona prova di Black tradizionale e nell’insieme un discreto inizio, seppur non un disco imprescindibile.
Con il secondo album invece, uscito nel 2005, dopo tre split e due EP,
“Morbid Wings of Sathanas” (Northern Heritage Records), i Baptism si attestavano su livelli indubbiamente più elevati e con una forma di Black Metal sempre estremamente cruda; che tuttavia vede una maggior raffinatezza stilistica nei confronti dei frangenti atmosferici e nel sapiente dosaggio con le parti più dure. Un disco questo, così come i successivi (ascoltatevi
“Grim Arts of Melancholy” del 2008), dove si avverte potentemente la matrice norvegese, bensì riplasmata con un maestria raramente riscontrabile altrove. Maestria che è in grado di conferire quella magia in più alle opere dei finlandesi. Fatta eccezione forse per l'ultimo album del 2016, che presenta alcuni sperimentalismi a nostro avviso non perfettamente riusciti.
Thy Serpent Si formano nel 1992 tra Espoo e Uusimaa inizialmente come progetto solista del chitarrista e fondatore
Sami Tenetz.
Nel 1994 pubblicarono il primo demo
“Frozen Memory”, seguito l’anno dopo da
“Into Everlasting Fire”, riscuotendo un discreto successo nell’underground internazionale e, fra il 1995 ed il 1996, vengono arruolati in pianta stabile il cantante e tastierista
Azhemin, il drummer
Agathon (batteria) e il bassista
Luopio (addetto anche alle backing vocals).
Pubblicarono nel 1996 il proprio disco d’esordio,
“Forests of Witchery” sotto l’egida della
“Spinefarm Records”, label fondata dallo stesso
Sami Tenetz con la quale pubblicheranno tutti i loro lavori futuri.
Fin da principio si evince come i
Thy Serpent rappresentino il lato più melodico e “romantico” del Black finlandese, attingendo a piene mani dal patrimonio del Burzum più melodico e malinconico; unito alla declinazione del Black svedese confinante con il melodic death metal, similmente a formazioni quali Dissection, Lord Belial e Sacramentum. È nella natura che ci immergono i finlandesi, dove possiamo trovare anche atmosfere che in parte possono vagamente richiamare a quello che anni dopo sarà il Cascadian.
Nel 1997 daranno alle stampe il secondo lavoro
“Lords of Twilight”, in cui la band prosegue sulla direttive del debutto ma con una consapevolezza maggiore e forse un approccio melodico meno romantico, più misterioso e gelido; e in linea generale il complesso dell’LP risulta più incisivo, denotando un deciso irrobustimento dei frangenti più duri. A nostro giudizio davvero un album che un amante del Black Metal, e chi voglia approfondire le diramazioni prese in Finlandia dal genere, non può mancare di ascoltare.
Sempre nel medesimo anno la band vedrà anche la collaborazione di
Alexi Laiho dei
Children of Bodom alla chitarra, con il quale registreranno il solo brano
“Only Dust Moves…”), pubblicato in seguito nello split con
Nightwiish e Children of Bodom, con il nome
“The Carpenter” da parte però dei Nightwish.
Nel 1998 invece uscì il loro terzo e ultimo full-length:
“Christcrusher”. Lavoro forse meno ispirato che nelle coordinate melodiche contiene alcuni influssi sinfonici contraddistinti da un alone gotico, rinvenibili anche in un certo utilizzo delle clean vocals. Ricordiamoci che tutto sommato erano anni in cui iniziavano a diffondersi tali sonorità; unite qui, tuttavia, a strutture tipicamente Black e comunque di altissimo livello come la
“Title-track”, con uno stile puramente iconoclastico e rimandate ai primissimi e più oltranzisti lavori norvegesi di inizio movimento.
Vi è inoltre da segnalare che in questo album, in seguito alla fuoriuscita dal gruppo di Luopio, la formazione si trovò ridotta a tre, con Azhemin che dovette ricoprire anche il ruolo di bassista.
Dopo alcune date in suolo finnico, i
Thy Serpent si ritroveranno orfani di
Agathon; a cui di lì a poco subentreranno
Tomi Ullgrén (Impaled Nazarene, Shape of Despair) alle chitarre, e
Teemu Laitinen alla batteria; line-up con cui nel 2000 daranno alla luce l’EP
“Death”.
Da qui in poi la band fece perdere lentamente le proprie tracce. In seguito, 2007,
Sami Tenetz entrò a far parte dei rifondati
Beherit, e lo stesso anno riprese ufficialmente in mano i Thy Serpent, insieme ad Azhemin, Luopio ed il batterista
Marko Tarvonen (
Moonsorrow).
Nel 2019 rilasciarono un singolo, uno split, e ancora un altro split nel 2022. Ed allo stato attuale questo è tutto ciò che possiamo dirvi sui Thy Serpent.
AlghazanthGli
Alghazanth sono stati anch’essi un’ottima formazione della seconda generazione della seconda ondata, e di quella esprimente, come i Thy Serpent, il lato più melodico, e in questo caso anche sinfonico, del Black finlandese.
Si formarono nel 1995 per volontà di
Gorath Moonthorn (drums) e
Thasmorg (guitars, vocals, bass). Dopo tre demo rilasciati tra il ‘96 e il ’97, e uno split nel ’98 con Throes of Dawn,
Enochian Crescent (band che consiglio al lettore di approfondire) e Ravendusk, pubblicano finalmente, nel 1999, il primo full-length:
“Thy Aeons Envenomed Sanity”, sotto l'egida della
Woodcut Records.
Il debut degli
Alghazanth è senz’altro uno di quegli album che deve parte della sua esistenza a quel Black / Death più melodico portato in auge dai già citati
Dissection,
Lord Belial e
Sacramentum, su cui si intravede perfino una leggera vena sinfonica che rende il disco molto suggestivo e affascinante. Un LP che spazia costantemente tra brutalità e melodia, dove indubbiamente si intravedono le influenze e le affinità stilistiche, oltreché con le già menzionate band, con realtà come i
Limbonic Art. Nonostante il suo essere uscito nel 1999, dunque non proponendo, sostanzialmente, niente che già non fosse stato composto dai maestri del genere, è realizzato con talmente tanta perizia - e soprattutto presentando un tasso di ispirazione notevole che si unisce con un’aura mistica avvolgente - da non poter certamente lasciare indifferenti chi vi si accosti.
Ancora più interessante, altresì, diviene il discorso dei finlandesi con la pubblicazione del loro secondo platter, rilasciato a solo un anno di distanza dal primo:
“Subliminal Antenora”, nuovamente sotto l’egida della
Woodcut Records.
Qui la vena Symphonic Black Metal prende pienamente corpo richiamando con ancor più forza le atmosfere Cosmic di
Emperor e
Limbonic Art, aggiungendovi, inoltre, soluzioni più magniloquenti e classiche sulla scia di
Dimmu Borgir e
Cradle of Filth, e un certo gusto quasi industriale dai tratti Avantgarde, soprattutto per alcune scelte in fase di produzione.
“Subliminal Antenora” è un album meno classico del precedente che, comunque sia, sceglie pur sempre la linea dura… Così come più o meno è il caso del seguente
"Osiris – Typhon Unmasked", uscito anch’esso a distanza di solo un anno dal suo predecessore (con la medesima label), il quale non fece che riconfermare l’indiscutibile maestria degli
Alghazanth.
Fermiamo qui la rassegna di questa bellissima band, invitandovi ad approfondirla per conto vostro, e avvisandovi che il gruppo, sfortunatamente, dopo altri cinque full-length, di cui l’ultimo nel 2018, ha cessato la propria attività.
DolorianI
Dolorian sono una band Doom/Black Metal formatasi Oulu, nel 1997, da
A. Haapapuro e
A. Kukkohovi. Registrarono i loro primi demo nell’autunno del 1997 ai Tico-Tico Studios con il tastierista temporaneo
H. Riihinen. In seguito firmarono con la
Wounded Love Records e nel 1999 diedero alle stampe il loro primo full-length:
“When All the Laughter Has Gone”.
Il debut dei Dolorian si muove su coordinate Black di stampo Doom estremamente melodiche, indubbiamente influenzati da giganti del genere come Katatonia, Paradise Lost e My Dying Bride, oltre che dai frangenti più atmosferici dei Beherit. Qui i Dolorian anticiperanno, parzialmente, quella che sarà poco dopo la proposta degli
Wyrd. Un album estremamente raffinato con molti inserti di tastiera e strumenti acustici e che in alcuni frangenti risulta molto vicino al DSBM, di cui al momento si avevano solo le prime avvisaglie. Non per niente infatti i Dolorian, nel 2003, dopo aver dato alle stampe l’omonimo LP
“Dolorian” nel 2001, pubblicheranno uno Split con gli
Shining.
Tornando invece a dove eravamo rimasti, ovvero all’omonimo secondo album,
“Dolorian”. Il quale si contraddistingueva per una virata ancora più marcata verso un Doom dai connotati fortemente atmosferici e dalle numerose influenze Dark Ambient, con inserti gotici ammalianti, andando a segnalare così una cesura quasi radicale con il Black. Un album che non si può certo definire fondamentale per il nostro genere, tuttavia bellissimo, in quanto portatore di un’eleganza di suoni e arrangiamenti difficilmente riscontrabile altrove.
Nel 2006 invece diedero alle stampe quello che ancora oggi rappresenta il loro ultimo LP:
“Voidwards”.
WyrdCome già accennato gli Wyrd sono un altro progetto di
Narqath, e si formarono nel 1997 inizialmente con il nome di
Hellkult, e rimasero a lungo una one man band.
Possiamo dire che gli Wyrd rappresentino il lato Folk/Pagan dai tratti melodici e progressive del Black finlandese. Questo lo so può avvertire fin dal principio con
“Heathen”, interamente composto e suonato da
Narqath. Ovvero il loro primo full-length rilasciato nel 2001 tramite la
Millenium Metal Music.
"Heathen" si dipana su un’unica traccia di 51 minuti dove si alternano atmosfere Pagan Folk mutuate dai
Bathory di
“Hammerheart” (1990) e
“Twilight of the Gods” (1991), dai contorni Dark Ambient richiamanti il conte di
“Filosofem” (1996), ad altre più dure tipicamente Black. Un album tanto difficile da assimilare quanto splendido e fonte di esempio per chi ama tale approccio alla musica nera.
Con il secondo full-length, invece, ed è quello su cui vorrei focalizzarmi in questo passaggio della nostra guida,
“Huldrafolk”, del 2002, rilasciato sempre tramite la Millenium Metal Music,
Narqath scrive una delle pagine più incantevoli e poetiche del genere.
Il disco risulta nel complesso maggiormente assimilabile rispetto all’album di esordio, mostrando strutture relativamente più semplici.
Qui il Black Metal risulta fortemente innervato dai capillari Death/Doom di gruppi come gli svedesi Katatonia, o gli inglesi My Dying Bride e Paradise Lost, ben amalgamato con le classiche grammatiche della fiamma nera più iconoclasta, a cui si sommano fortissime tinte Folk/Viking che potrebbero rimandare a
Moonspell e
Falkenbach, oltreché agli onnipresenti e già citati Bathory. Tinte Folk/Viking che si esprimono in chorus muscolari, e in generale con una potenza espressiva da lasciare esterrefatti, pur senza mai allontanarsi pienamente dal sentiero del Black Metal.
Le liriche si tramutano in completa poesia, dove i fasci onirici della gelida luna, splendenti sopra la desolazione degli alberi secolari, ci restituiscono la potenza primigenia del radicamento alla propria terra, al legame inscindibile del sangue… Al di fuori di ogni forma di scadimento puerile a stadi regressivi di simbiosi incestuosa.
Il sole, la luna eburnea dai riflessi argentei; la pioggia che ora leviga, ora dilania e risana le vallate e i torrenti della nostra caduca esistenza, sperimentabile esclusivamente tramite lo spirito, in quanto unico conduttore della coscienza della propria vita. Della coscienza della forza della porzione di natura che incarniamo… la medesima di chi è morto per noi. Spiritualità, l’unico baluardo che può ergerci al di sopra della mediocre dispersione dell’Io, frutto della codardia di fronte alla falce che sovente conduce l’uomo a rinnegare sé stesso svendendolo al primo “diavolo”. E il diavolo degli
Wyrd è il cristianesimo, colonizzatore e distruttore interno, prima che esterno, del loro adorato mondo pagano.
Un capolavoro che non potete mancare di ascoltare se amate l’arte estrema.
Per quanto riguarda gli Wyrd ci fermiamo qui, limitandoci a segnalarvi che sono ancora attivi e hanno dato alla luce ben altri nove full-length, di cui l’ultimo nel 2021, e che vi invitiamo ad approfondire.
MortualiaAltra creatura di
Shatraug, il quale qui fa confluire la sua vena DSBM che già in qualche modo traspariva in alcuni lavori degli Horna della fase mediana.
Rilasciarono il primo full-length, dall’omonimo nome, nel 2007, tramite la
Northern Sky Productions, dove è il poliedrico finlandese a occuparsi di tutti gli strumenti. Si tratta di un lavoro ancora acerbo sulla scia di
Silencer,
Shining e
Abyssic Hate: produzione cruda, ritmi lenti, ossessivi e strutture estremamente dilatate.
Non un capolavoro, tuttavia, in ogni caso, se non il primo, probabilmente uno dei primi dischi DSBM in terra finlandese.
I
Mortualia si ripresentano dopo un paio di Split album con il loro secondo lavoro lungo nel 2010,
“Blood of the Hermit” con la
Dark Adversary Productions. Un disco che non presentava poi molte differenze dal primo, se non una produzione leggermente migliore e un’affinamento delle capacità tecniche e di songwriting di Shatraug. Un buon album ma non imprescindibile se paragonato ai giganti del genere. Così come il successivo e ultimo
“Wild, Wild Misery“, rilasciato nel 2016 tramite la
Moribund Records; che per la prima volta vede la presenza di un altro membro, l’italiano
Gionata Potenti, in arte
Thorns, alla batteria. Questo album non aggiunge niente alla discografia dei Mortualia, tuttavia qui raggiungono, a nostro avviso, il loro apice qualitativo.
I Mortualia non sono un gruppo fondamentale per il Depressive, né tantomeno per la scena Black nella sua interezza, però rappresentano uno dei primi esempi di DSBM in Finlandia; e per giunta da parte di una delle figure più importanti del suo panorama. Inoltre si tratta di tre lavori di tutto rispetto, e dunque, per suddetti motivi, abbiamo deciso di parlarvene.
Sull’onda dei Mortualia vi sarebbe poi da trattare i
Kalmankantaja, band di più recente formazione, il 2011 per la precisione, a Hyvinkää, Uusimaa. Formata da
Grim666, il quale in seguito, 2016, lo ritroveremo anche in
“Death of the Sun” degli
Wyrd.
I Kalmankantaja nel 2013 daranno alle stampe il loro primo full-length, preceduto giusto da un paio di EP, un demo e una compilation, dal titolo per noi impronunciabile
“Kuolonsäkeet”, tramite la
Kunsthauch. I Kalmankantaja contribuiscono a consolidare la declinazione del DSBM più tipica della Finlandia; la quale si caratterizza per produzioni estremamente lo-fi, suoni molto confusi e tendenzialmente crudi e con non troppe derivazioni melodiche. Nello specifico, il primo disco dei Kalmankantaja ha ben poco di melodico nonostante si muova su tempi medio/lenti.
Un orecchio non allenato lì catalogherebbe come semplice rumore… tuttavia noi vi invitiamo ad ascoltarli con più attenzione. La potenza evocativa e la carica della vena prettamente Suicide di questa opera - che si può evincere già dalla copertina, raffigurante una donna morta suicida, probabilmente tagliandosi le vene, nel bagno con le pareti ricoperte di schizzi di sangue – è di un’intensità fortissima. Sembra di ascoltare un incubo condensato in musica. Indubbiamente per qualità tecnica e stilistica inferiore ai classici di Shining, Abyssic Hate, Silencer, Thy Light, Anti, ecc.ecc., ma non inferiore per potenza espressiva. Qui dentro potrete trovare tutta la durezza dilaniante della scuola finlandese. Un durezza dilaniante che invece nel secondo full-lenght del gruppo,
“Kuolonsäkeet”, uscito nel medesimo anno, verrà parzialmente mitigata da una produzione lievemente più morbida e nitida; oltreché da un songwriting più melodico e orientato sulla raffigurazione di paesaggi atmosferici desolanti. Un’opera dalla struttura estremamente lenta, ossessiva, e dalle ritmiche basilari; in grado tuttavia di incarnare tutta l’angoscia del DSBM; restituendola all’ascoltatore tramite un’interpretazione magistrale, dotata di una potenza tale da non sfigurare di fronte a nessuno dei mostri sacri del genere.
I Kalmankantaja, probabilmente, soffrono di un’eccessiva prolificità di full-length, giungendo a pubblicare molti album anche in un solo anno, e spostando in seguito le coordinate verso un Black sempre più atmosferico… Tuttavia questo gruppo quando raggiunge le alture che gli sono proprie ha ben pochi rivali.
Rimanendo sempre in ambito DSBM, sarebbe per noi opportuno citare i
Totalselfhatred. Una band formatasi nel 2005 e che rilascia il suo omonimo debut album tramite la
Ordo Decimus Peccatum, nel 2008. Il quale rappresenta un piccolo gioiello che seguiva la scia più all’avanguardia del genere (per l‘epoca), che niente ha da invidiare ai nomi più blasonati. Proseguirono nel 2010 con
“Apocalypse in Your Heart” – disco che segna il loro passaggio con la
Osmose Production –, dove il gruppo decise di tornare ad un suono completamente old- school, e nell’insieme a una forma di DSBM più violenta, oscura, opprimente e con pochi elementi melodici rispetto al suo predecessore; elementi che invece verranno parzialmente ripresi con il seguente
“Solitude” del 2018, rilasciato anch’esso sotto l’egida della Osmose Production.
Vi ho presentato questa band per vari motivi… tra cui il fatto che vede la presenza di
Corvus alla voce e alla chitarra, già negli
Horna tra il 2002 e il 2009, a riconferma di come la fase mediana del gruppo di
Shatraug fosse vicina alle sonorità Depressive.
Avendo citato
Corvus, dobbiamo citare il suo altro progetto i
Korgonthurus, formatisi nel 2000 tra Helsinki, e Uusimaa, i quali rappresentano uno degli apici dell’attuale panorama Black finlandese e uno dei nomi migliori di sempre.
Rilasciano il primo album nel 2008,
“Marras”, dopodiché altri tre:
“Vuohen siunaus” (2016),
“Kuolleestasyntynyt” (2020) e
“Jumalhaaska” (2023).
I
Korgonthurus incarnano il lato più orientato al Progressive del genere, proponendo opere con poche tracce e dalle strutture complesse e dilatate; senza altresì smarrirsi in sperimentalismi eccessivi e con un’attitudine old-school confluita in un sound adeguato ai nostri tempi. Una band con una profondità stilistica e tematica che va molto al di là del Raw Black degli albori.
Una delle migliori formazioni del panorama odierno nella sua interezza.
ArchgoatVolendo dare ancora uno sguardo al panorama finlandese più recente, a nostro avviso non possiamo non citare gli
Archgoat, i quali sono portatori di un revival del Black Metal dei gloriosi primi anni ’90, con produzioni volutamente “scadenti”, se consideriamo i canoni odierni. Un po’ sulla scia parallela di quello che avveniva con gli americani
Profanatica nei soliti anni, i quali seguivano vagamente le linee stilistiche dei ben più antecedenti
Demoncy.
Gli Archgoat si formarono nel 1989 a Turku per volontà dei gemelli, il chitarrista
Ritual Butcherer e il cantante e bassista
Lord Angelslayer.
Gli Archgoat li abbiamo inseriti tra le band più recenti perché il loro debut è del 2006
“Whore of Bethlehem”, rilasciato tramite la
Hammer of Hate Records; tuttavia, in realtà, il primo demo risale al lontano ’91. Inoltre ne vantano un secondo nel ‘93, un EP nel medesimo anno, ecc.ecc. Dunque in verità apparterebbero alla prima generazione della seconda ondata… Tuttavia assumeranno rilevanza solo con
“Whore of Bethlehem”, album dal songwriting elementare, minimalista, come si usa dire nell’ambiente, furioso e pregno di un Black/Death intransigente e dai connotati ampiamente satanisti e old-school spinti al parossismo. Orientato prevalentemente su tempi veloci che si uniscono all’irruenza del Grind, e a cui seguiranno, almeno allo stato attuale, altri quattro album sulla medesima linea.
Gli Archgoat vengono considerati tra i pionieri di quel sottogenere di Black Metal attualmente definito come Bestial Black Metal, rappresentante un equivalente del War Black Metal, da cui però si differenzia per le tematiche maggiormente dirette su sfondi blasfemi piuttosto che guerreschi.
Avantgarde Black MetalPer quel che riguarda invece la variante più sperimentale del Black Metal, sconfinante nel Rock psichedelico, nel Post-Black Metal e in generi limitrofi, ci sentiamo di segnalarvi gli
Oranssi Pazuzu (demone del vento nella mitologia babilonese).
Formazione nata nel 2007 tra le località di Tampere, Pirkanmaa/Seinäjoki e Etelä-Pohjanmaa.
La sua line-up vede tra le sue fila
Juho "Jun-His" Vanhanen (voce, chitarra),
Korjak (batteria), Moit (chitarra),
Evil (tastiere, percussioni) e Ontto (basso). La quale ha all'attivo la pubblicazione di cinque full-lenght che riteniamo rappresentino uno degli apici dello sperimentalismo in ambito Black Metal.
Indubbiamente vi sarebbero altre formazioni meritevoli di essere menzionate, e si sarebbe potuto trattare i dischi e i gruppi da noi illustrati in maniera più approfondita; tuttavia non essendovi mai un limite di approfondimento sta a noi trovare l’orizzonte in cui arrestarsi. E poiché questa è solo una guida orientativa, e non una voce enciclopedica con l’ambizione di trattare in maniera esaustiva un panorama tanto vasto come quello del Finnish Black Metal, decidiamo di fermarci qui.
Adesso avete tutti gli strumenti per proseguire le vostre ricerche in autonomia.